Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8610 del 25/02/2016

Penale Sent. Sez. 6 Num. 8610 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AA avverso la sentenza n. 2375/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
19/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
/0 ír ,ei
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit, iedifensontAvv.

Data Udienza: 25/02/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19 maggio 2014 la Corte d’appello di Milano, in
parziale riforma della sentenza del Tribunale di Monza del 20 novembre 2012,
ha rideterminato in mesi sei di reclusione la pena inflitta a AA
per il reato di simulazione di furto di cui all’art. 367 cod. pen.,
concedendogli il beneficio della non menzione della condanna e confermando

riconosceva colpevole per avere denunziato ai Carabinieri, in data 10
dicembre 2009, lo smarrimento di un blocchetto di assegni contenente, fra
l’altro, un assegno bancario consegnato già compilato a BB, ed
utilizzato quale mezzo di pagamento per una prestazione di servizio fornitagli
da quest’ultimo.

2. Il ricorrente ha personalmente proposto ricorso per cassazione avverso
la su indicata decisione, deducendo tre motivi di doglianza.
2.1. Inosservanza di norme processuali in relazione alla notifica del
decreto di citazione a giudizio innanzi alla Corte d’appello per l’udienza del 19
maggio 2014, avvenuta presso il difensore di fiducia a norma dell’art. 157,
comma 8-bis, cod. proc. pen., sebbene dagli atti processuali risultasse un
diverso domicilio presso la residenza dell’imputato, ritualmente dichiarato da
quest’ultimo, ai fini delle notificazioni

ex art. 161 cod. proc. pen., già

nell’istanza di ammissione al patrocinio dei non abbienti a spese dello Stato,
depositata presso l’ufficio del G.i.p. del Tribunale di Monza il 19 luglio 2010.
Siffatta dichiarazione di domicilio, peraltro, era stata confermata in sede di
interrogatorio chiesto all’atto della conclusione delle indagini preliminari ai
sensi dell’art. 415-bis cod. proc. pen. e ribadita in occasione della nomina del
nuovo difensore di fiducia depositata presso il Tribunale di Monza il 29 maggio
2012, tanto che tutte le notificazioni precedenti quella del decreto di citazione
in appello erano state eseguite presso la residenza.
2.2. Vizi della motivazione per avere la Corte d’appello affermato che le
dichiarazioni rese dall’imputato in sede di interrogatorio non sarebbero
credibili riguardo alla presentazione in completa buona fede della denunzia di
smarrimento del carnet di assegni per cui è processo, mentre le circostanze
sul punto dedotte trovavano conferma nel contenuto della querela presentata
dalla persona offesa il

10 marzo 2010 e nei tempi di presentazione

dell’assegno all’incasso, da parte del AA, presso il proprio Istituto di

1

nel resto la sentenza impugnata, che all’esito di giudizio abbreviato lo

credito in Saronno, dove il giorno 7 dicembre non era festa, laddove il titolo
sarebbe andato in valuta per il conto corrente del soggetto emittente solo
nella tarda serata del 10 dicembre 2009. Ulteriore vizio della motivazione
emerge, infine, con riguardo alla mancata escussione dell’addetto alla filiale
bancaria che avrebbe fornito al ricorrente i dati inesatti sui titoli non ancora
portati all’incasso.
2.3. Vizi della motivazione con riferimento alla liquidazione equitativa del

euro diecimila sebbene il valore dell’assegno fosse di soli euro ottomila, e in
assenza di prova circa il rilievo di ulteriori danni a qualunque titolo subiti dalla
persona offesa.

3. Con motivi nuovi depositati in Cancelleria il 9 febbraio 2015 dal
difensore del Razetto, Avv. Antioco Pintus, si ribadisce la violazione dell’art.
161, quarto comma, cod. proc. pen. e s’invoca, ai sensi dell’art. 609, secondo
comma, cod. proc. pen., l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., in
considerazione dell’assoluta modestia del disvalore sociale del fatto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è fondato e ne determina l’accoglimento per
le ragioni di seguito indicate.

2. Risulta dagli atti e dalla documentazione allegata al ricorso che la
nullità della notificazione è stata tempestivamente eccepita dinanzi alla Corte
d’appello e che tutte le precedenti operazioni di notifica erano state
ritualmente effettuate presso il luogo ove il ricorrente aveva, da lungo tempo,
dichiarato domicilio ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen.

3. La previsione dell’art. 157, comma 8 – bis, cod. proc. pen., introdotta
dal d.l. n. 17 del 2005, convertito con modificazioni nella I. n. 60 del 2005,
secondo cui le notificazioni successive sono eseguite mediante consegna al
difensore di fiducia, è chiaramente riferibile alla sola ipotesi in cui debba
procedersi a nuova notificazione all’imputato nei cui confronti la precedente
notificazione sia stata eseguita a norma del medesimo art. 157, comma 8,
cod. proc. pen. (in assenza di persone a cui consegnare la copia dell’atto nel
luogo di dimora la precedente notificazione è stata cioè eseguita mediante

2

danno in favore della parte civile, determinato dal Giudice di primo grado in

deposito nella casa comunale, avviso affisso sulla porta dell’abitazione e
comunicazione a mezzo di lettera raccomandata).
La norma regola dunque, secondo la Relazione illustrativa al d.l. 21
febbraio 2005, n. 17, esclusivamente “le notificazioni all’imputato non
detenuto che abbia nominato un difensore di fiducia senza provvedere a
dichiarare o eleggere domicilio ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen.” ed è
comunque destinata ad operare soltanto dopo che siano state espletate, per

cod. proc. pen., come è confermato, del resto, dal fatto che, in sede di
conversione del d.l. n. 17 del 2005, è stato eliminato dall’art. 161 cod. proc.
pen., il comma 4 bis, introdotto dall’art. 2, comma 2, di tale d.l., che

prevedeva “in caso di nomina di difensore di fiducia le notificazioni alla
persona sottoposta alle indagini o all’imputato, che non abbia eletto o
dichiarato domicilio, sono eseguite mediante consegna al difensore”.
Non vi è dubbio, pertanto, che nella su indicata evenienza processuale il
decreto di citazione a giudizio doveva essere notificato all’imputato nel luogo
del domicilio da lui dichiarato (cfr., Sez. 2, n. 41735 del 22/09/2015, dep.
16/10/2015, Rv. 264594).
Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, invero, è nulla la
notificazione eseguita a norma dell’art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen.,

presso il difensore di fiducia, qualora l’imputato abbia appositamente
dichiarato o eletto domicilio per le notificazioni (Sez. U, n. 19602 del
27/03/2008, dep. 15/05/2008, Rv. 239396; Sez. 4, n. 18098 del 01/04/2015,
dep. 29/04/2015, Rv. 263753).
Si tratta di una nullità di ordine generale a regime intermedio, che deve
ritenersi sanata nei soli casi in cui risulti provato che la notificazione affetta da
nullità non abbia impedito all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di
esercitare il diritto di difesa, nonché nei casi in cui non sia stata
tempestivamente dedotta, essendo soggetta alla sanatoria speciale di cui
all’art. 184, comma 1, alle sanatorie generali di cui all’art. 183, alle regole di
deducibilità di cui all’art. 182, oltre che ai termini di rilevabilità di cui all’art.
180 cod. proc. pen.
Nel caso di specie, tuttavia, la nullità della notificazione sotto nessun
profilo può ritenersi oggetto di intervenuta sanatoria, poiché, per un verso, il
vizio è stato ritualmente dedotto e, per altro verso, non risulta essere stata
oggetto di specifico apprezzamento la prova dell’avvenuta conoscenza
dell’esistenza dell’atto o dell’esercizio del diritto di difesa da parte

3

la prima notificazione, le procedure di cui ai precedenti commi dell’art. 157

dell’imputato, che non solo è rimasto assente nel giudizio d’appello, ma non si
è neanche avvalso delle facoltà al cui esercizio l’atto nullo era preordinato ai
sensi dell’art. 183 cod. proc. pen. .
Non pertinente, infine, deve ritenersi il richiamo in motivazione operato a
taluni precedenti di questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 28971 del 21/05/2013,
dep. 08/07/2013, Rv. 255629; Sez. 6, Sentenza n. 34558 del 10/05/2012,
dep. 11/09/2012, Rv. 253276), ove si è fatto riferimento alla necessità di

dell’atto stesso e dal non avvenuto esercizio del diritto di difesa, trattandosi di
fattispecie concrete diverse, in cui la questione era stata irritualmente dedotta
Art.
per la primsede di legittimità, ovvero genericamente formulata.

4. Sulla base delle su esposte considerazioni s’impone, conclusivamente,
l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della
Corte d’appello di Milano per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra
Sezione della Corte d’Appello di Milano.
Così deciso il 25 febbraio 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

indicazione del concreto pregiudizio derivato dalla mancata conoscenza

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