Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 861 del 13/09/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 861 Anno 2018
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: BARONE LUIGI

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
SPADAVECCHIA MAURO nato il 15/05/1979 a MOLFETTA
MUROLO DONATO nato il 07/09/1987 a MOLFETTA

avverso la sentenza del 11/09/2015 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI BARONE

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PIETRO GAETA
che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.

1

Data Udienza: 13/09/2017

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 23 febbraio 2015 il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di
Trani dichiarava Spadavecchia Mauro e Murolo Donato colpevoli dei delitti di detenzione e
porto di arma comune da sparo e del reato di cui all’art. 6 I. 23.12.1974 n. 694 (così
riqualificata l’originaria imputazione di cui all’art. 703 cod. pen.) e condannava ciascuno alla
pena di anni due, mesi quattro di • reclusione ed euro 6.000,00 di multa, previa concessione
delle circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alla contestata recidiva e

riconoscimento della continuazione tra i reati.
1.1. Interposto gravame da parte di entrambi gli imputati, la Corte di Appello di Bari, con
sentenza dell’Il settembre 2015, riformava la decisione impugnata limitatamente alla pena
che rideterminava in anni uno e mesi due di reclusione ed euro 2.800 di multa.
2.

Avverso quest’ultima decisione sia lo Spadavecchia sia il Murolo ricorrono per

cassazione.
3. Il primo articola il ricorso nei seguenti motivi:
3.1. Mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui agli artt. 2, 4 e 7 I.
894/67, non essendo stato accertato se l’oggetto impugnato, al momento del fatto,
dall’imputato fosse effettivamente un’arma da fuoco o semplicemente un «dissuasore
acustico (c.d. pistola a salve)».
Lamenta che, all’uopo, nessun approfondimento istruttorio era stato compiuto e che, in
particolare, sarebbe stato opportuno disporre perizia per verificare la compatibilità dei bossoli
con la pistola dello Spadavecchia.
3.2.

Erronea applicazione della legge penale, contraddittorietà della motivazione e

violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen..
Rappresenta, al riguardo, che il giudice di prime cure aveva riqualificato l’originaria
contravvenzione di cui all’art. 703 cod. pen. nel reato previsto dall’art. 6 I. n. 694/74.
Decisione, questa, confermata dal giudice dell’appello che provvedeva anche a correggere
l’errore materiale in cui era incorso il gup nell’indicazione della normativa di riferimento (art. 6
I. n. 694/74, anziché art. 6 I. n. 895/67).
Tanto premesso, lamenta la contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in quanto la
ricostruita modalità dell’azione di sparo dell’imputato (“all’impazzata e senza ragione”) mal si
concilia con la finalità specifica richiesta dalla norma per la configurazione della fattispecie. In
ogni caso, la mancata indicazione da parte dei giudici della finalità cui sarebbe stata sottesa la
condotta dell’imputato non aveva consentito a quest’ultimo di difendersi.
3.3. Erronea applicazione della legge penale e mancanza di motivazione in ordine al
riconoscimento della contestata recidiva.

2

Jt

4. Il ricorso del Murolo si articola nei seguenti motivi:
4.1. Erronea applicazione della legge penale e mancanza di motivazione in ordine alla
ritenuta responsabilità dell’imputato, essendo rimasta indimostrata la consapevolezza da parte
dello stesso del fatto che lo Spadavecchia, quel giorno, aveva portato con sé un’arma.
Eccepisce, altresì, che, ove anche avesse avuto coscienza della disponibilità dell’arma da
parte del suo amico, ciò non sarebbe stato, comunque, sufficiente per configurare la

4.2. Erronea applicazione della legge penale e carenza di motivazione relativamente al
rapporto di continenza che i giudici del merito avrebbero dovuto rilevare tra il reato di porto e
quello di detenzione dell’arma, dovendosi il primo ritenere assorbito nel secondo «quando
l’azione del detenere inizi contestualmente a quella del portare>>.
4.3. Erronea applicazione della legge penale e contraddittorietà della motivazione in
ordine alla riqualificazione del fatto operata dal giudice di prime cure e al riconoscimento della
contestata recidiva. Su tali punti, il ricorso ricalca quanto dedotto dallo Spadavecchia per cui,
onde evitare inutili duplicazioni, si rinvia ai paragrafi 3.2. e 3.3.

CONSIDEFtATO IN DIRITTO
1. Ragioni di ordine espositivo suggeriscono di esaminare disgiuntamente i due ricorsi e di
cominciare con quello del Murolo, il cui primo motivo è fondato e assorbe le restanti doglianze.
2.

Costituisce dato incontestato, in quanto documentato dalle immagini riprese dal

sistema di video sorveglianza, che, nell’intero arco temporale in cui si sono svolti i fatti, il
Murolo si è limitato a seguire lo Spadavecchia nei suoi spostannenti all’interno ed all’esterno del
bar.
La pistola restava sempre nella disponibilità dello Spadavecchia che, ad un certo
momento, la brandiva all’indirizzo del gestore e di taluni avventori del bar, esplodendo dei
colpi “all’impazzata”.
Sulla base di tali elementi i giudici del merito hanno ritenuto provata la responsabilità
anche del Murolo per i reati di detenzione e porto dell’arma <>.
Il percorso argomentativo non convince, innanzi tutto, sul piano logico-deduttivo, in
quanto trae dalla presenza del Murolo accanto al coimputato al momento del fatto argomenti di
prova (in ordine alla consapevole e volontaria adesione del primo alle condotte illecite del
secondo) trasbordanti rispetto alla effettiva capacità dimostrativa della circostanza in sé,
finendo, peraltro, nella sostanza per fondare esclusivamente su quest’ultima il giudizio di
colpevolezza nei confronti dell’imputato.
3

responsabilità concorsuale a suo carico.

Non convince anche il rilievo probatorio attribuito alla mancata dissociazione del Murolo
rispetto alle condotte poste in essere dal coimputato. I giudici omettono, invero, all’evidenza,
di considerare adeguatamente, pur dandone atto in motivazione, l’incidenza nella dinamica del
fatto dello stato di ebbrezza in cui versava lo Spadavecchia, tale da rendere imprevedibile ed
estemporaneo ogni suo gesto di disturbo, diretto (lo si evidenzierà più avanti) ad «incutere
pubblico timore e mettere a repentaglio l’ordine pubblico>>.
Ne consegue che, in assenza di elementi obiettivi di segno contrario, risulta indimostrato il

Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti
del Murolo per non avere commesso i fatti.
L’accoglimento di questo primo motivo di ricorso assorbe le restanti doglianze e ne rende,
pertanto, superfluo l’esame.

3. Il ricorso di Spadavecchia Mario deve essere accolto limitatamente a quanto si esporrà
in tema di trattamento sanzionatorio.

3.1. Il primo motivo (relativo al mancato accertamento della funzionalità della pistola ed
alla sua classificazione come arma da sparo) è manifestamente infondato.
Il ricorso non si confronta affatto con il ragionamento probatorio attraverso cui i giudici del
merito sono conformemente pervenuti alla classificazione della pistola come arma da comune
da sparo e non “pistola a salve”.
Nel censurare la decisione impugnata, il ricorrente, lamenta il mancato espletamento di
approfondimento peritale per accertare se i bossoli rinvenuti dalla polizia per terra fossero
riconducibili alla pistola dello Spadavecchia.
Omette, però, di considerare che la prova della funzionalità della pistola come arma da
fuoco è stata desunta non soltanto dal rinvenimento sul luogo del fatto dei bossoli nna anche
dalle dichiarazioni del teste, Monopoli Giuseppe, gestore del bar, teatro dell’accaduto, che, nel
descrivere l’accaduto, ha puntualizzato che <<l’arma era detenuta da tale “Topino” [soprannome dello Spadavecchia] il quale aveva esploso i colpi di arma da fuoco ad altezza d’uomo sia dall’interno del bar verso l’esterno sia all’esterno dell’esercizio pubblico>>.
Trascura, in ogni caso, che nel caso in esame si è proceduto con il rito abbreviato e che in
tale ambito le parti possono soltanto sollecitare i poteri suppletivi di iniziativa probatoria che
restano, tuttavia, demandati, alla esclusiva ed insindacabile valutazione del giudice di appello
che vi provvede in presenza di un’assoluta esigenza probatoria (nel caso di specie, come si è
visto, del tutto mancante).
Al riguardo, un isolato arresto di questa Corte ha ritenuto sindacabile in sede di legittimità
ex art. 603, comma 3, cod. proc. pen., l’omessa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale
necessaria al fine di superare i dubbi sulla qualificazione giuridica del fatto o anche sulla
sussistenza di circostanze, influenti sul trattamento sanzionatorio (Sez. 1,
n. 17607 del 31/03/2016, Palombo, Rv. 266623).
4

contributo rafforzativo del proposito criminoso che il Murolo avrebbe prestato al predetto.

Il Collegio ritiene, tuttavia, di non dare seguito a questo indirizzo e di conformarsi al
costante difforme insegnamento della Suprema Corte, secondo cui in tema di giudizio
abbreviato, la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello (art. 603 cod. proc. pen.) è
compatibile con il rito abbreviato “non condizionato”, ma il mancato esercizio di poteri istruttori
da parte del giudice, benché sollecitato dall’imputato, non costituisce vizio deducibile mediante
ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., attesa la
esclusione del diritto di chi ha optato per la definizione del processo nelle forme del

multis: Sez. 2, n. 17103 del 24/03/2017, A., Rv. 270069; Sez. 3, n. 20262 del 18/03/2014,
L., Rv. 259663).

3.2. Infondato è il secondo motivo, con cui si eccepisce la contraddittorietà della
motivazione e la violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. relativamente all’originaria
contravvenzione di cui all’art. 703 cod. pen. riqualificata nel reato previsto dall’art. 6 della
legge 895/67.
La doglianza ripropone quanto già dedotto come motivo di appello e respinto dalla corte
territoriale, la quale, richiamando per relationem la motivazione di primo grado (operazione
corretta trattandosi di decisione conforme), ha condiviso la riqualificazione del fatto nel reato
di cui all’art. 6 della legge 895/67 (correggendo l’errore materiale, come tale nella sostanza
non contestato neanche dal ricorrente). ed ha congruamente ed esaustivamente spiegato le
ragioni della riqualificazione, senza incorrere in alcuna contraddizione.
Il ricorrente confonde palesemente il piano descrittivo delle modalità esecutive dell’azione,
definite dai giudici: una “esplosione all’impazzata” (vale a dire senza un preciso bersaglio preso
di mira) con la finalità dell’azione medesima, rivolta (per come puntualmente esplicitato nella
conforme sentenza di primo grado) ad «incutere pubblico timore e mettere a repentaglio
l’ordine pubblico>>.
L’immutazione della qualificazione giuridica del fatto, spiegata con motivazione logica e
coerente, non ha dunque determinato la lamentata violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc.
pen. e del diritto di difesa, rendendo, dunque, infondato il relativo motivo di ricorso.

3.3. Merita, invece, accoglimento la doglianza con cui si censura la mancanza di
motivazione in ordine al riconoscimento della contestata recidiva.
La corte territoriale, espressamente compulsata sul punto con uno dei motivi di appello,
pur ritenendo fondate le censure in ordine al trattamento sanzionatorio e riconosciuto i la
circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen., ha confermato apoditticamente il
giudizio del primo giudice di equivalenza tra le incrementate attenuanti e la contestata
recidiva, riducendo la pena complessiva attraverso l’abbassamento della pena base e degli
aumenti per la continuazione.
La rideterminazione edittale, pur traducendosi in un risultato migliorativo per l’imputato,
non sfugge alla censura difensiva, attesa l’omessa motivazione, anche implicita, sulla eccepita
applicazione da parte del giudice di prime cure della recidiva facoltativa.
5

procedimento speciale “allo stato degli atti” a richiedere alcuna integrazione probatoria (ex

La decisione si pone, in tal modo, in contrasto con il consolidato indirizzo di questa Corte
secondo cui il rigetto della richiesta di esclusione della recidiva facoltativa richiede
l’assolvimento di un onere motivazionale, quanto meno in forma implicita (Sez. 6,
n. 20271 del 27/04/2016, Duse, Rv. 267130; Sez. 2, n. 39743 del 17/09/2015, Del Vento e
altri, Rv. 264533).
La sentenza deve, pertanto, essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte
d’appello di Bari per un nuovo giudizio che, colmando la rilevata lacuna motivazionale, valuti i

comparazione della stessa con le ritenute circostanze attenuanti, esplicitandone i criteri
direttivi.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Murolo Donato per non avere
commesso i fatti; annulla la sentenza impugnata nei confronti di Spadavecchia Mauro,
limitatamente al trattamento sanzionatorio, e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della
Corte d’appello di Bari; rigetta nel resto il ricorso di Spadavecchia.
Così deciso il 13 settembre 2017

presupposti di applicazione facoltativa della recidiva e, in ipotesi affermativa, operi la

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