Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8597 del 02/02/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 8597 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MENICHETTI CARLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SOLEMAN FADY N. IL 18/10/1987
avverso l’ordinanza n. 2/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
08/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLA MENICHETTI;
lette/s~e conclusioni del PG Dott.

A uQ_ ciu-eAto

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 02/02/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 8.1.2014 la Corte d’Appello di Milano rigettava l’istanza
di riparazione presentata da Soleman Fady per la dedotta ingiusta detenzione sofferta
con la custodia in carcere dal 19.2.2010 al 3.3.2010 e poi in regime di arresti domiciliari
fino al 10.5.2010 ed ancora dal 28.10.2010 al 2.11.2010, per le imputazioni di tentata
rapina e lesioni aggravate ai danni di Stucchi Marco, dalle quali era stato assolto per
insussistenza del fatto con sentenza del Tribunale di Monza in data 21.10.2011, passata
in giudicato.

proprio comportamento e atteggiamento gravemente colposo, concorso a dare causa alla
misura cautelare de qua e ravvisava, pertanto, grave colpa ostativa al riconoscimento
dell’indennizzo di cui all’art.314 c.p.p. In particolare evidenziava che dalla stessa
sentenza assolutoria si desumeva che l’imputato si era effettivamente impossessato delle
chiavi dell’auto dello Stucchi, rifiutando di restituirle e mettendosi alla guida, lo aveva
aggredito con calci e pugni, aveva danneggiato l’autovettura colpendola con un bastone reato contestualmente dichiarato estinto per remissione di querela unitamente a quello di
lesioni ai danni di Mancini Lorenzo – e dunque aveva posto in essere condotte all’evidenza
dolose o comunque connotate da colpa grave, che ingenerarono l’equivoco, al momento
dell’applicazione della misura cautelare, di una sua intenzione di appropriarsi seppure
momentaneamente dell’auto, realizzata con violenza e minaccia.
3.

Avverso l’anzidetta ordinanza propone ricorso il difensore del Soleman

lamentando, con un unico motivo, vizio di motivazione atteso che una più attenta
valutazione delle dichiarazioni della parte offesa, false e reticenti, avrebbe portato
all’adozione di un provvedimento meno afflittivo.
4. Il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso. Per il Ministero dell’Economia e Finanze
l’Avvocatura ha presentato memoria chiedendo, del pari, il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il ricorso è infondato.
5.1. Il giudice della riparazione, che ha il potere di apprezzare in modo autonomo
e completo gli elementi a sua disposizione, e il dovere di fornire adeguata e congrua
motivazione del convincimento conseguito, non è venuto meno, nel caso di specie, al
compito attribuitogli, avendo valutato tutti gli estremi della condotta “gravemente
colposa” del richiedente, sulla scorta dei consolidati orientamenti giurisprudenziali di
questa Suprema Corte in tema di verifica della sussistenza del dolo o della colpa grave
ostativi all’accoglimento della domanda per ingiusta detenzione. Si ribadisce in proposito
(Sez.Un.13.12.1995, n.43 e 26.6.2002, n.34559) che la nozione di colpa grave di cui
all’art.314, comma 1, c.p.p. ostativa del diritto alla riparazione dell’ingiusta detenzione,
va individuata in quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere,

2. In detta ordinanza la Corte territoriale riteneva che il richiedente avesse, con il

evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi,
regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma
prevedibile ragione di intervento dell’autorità giudiziaria, che si sostanzi nell’adozione o
nel mantenimento di un provvedimento restrittivo della libertà personale. A tale riguardo,
il giudice della riparazione deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi,
esaminando la condotta (sia extra processuale che processuale) tenuta dal richiedente
sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire, con valutazione
ex ante (e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello

ben vedere, questo è il presupposto, scontato, del giudice della riparazione – ma solo se
sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità
procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo
alla detenzione con rapporto di “causa ed effetto” (Sez.Un., 30.8.2010, n.32383; Sez.IV,
29.1.2015, n.4372).
6. Alla luce di tali consolidati principi deve allora ritenersi del tutto corretta, oltre
che congruamente e logicamente motivata la pronuncia della Corte di Milano, la quale ha
evidenziato, come profilo di colpa ostativo al riconoscimento dell’indennizzo, la
complessiva condotta posta in essere dall’imputato, fortemente indiziante in relazione a
tutti i reati valutati nella imposizione della misura cautelare, atteso che egli si impossessò
delle chiavi dell’auto, la danneggiò colpendola con un bastone, usò violenza nei confronti
delle due persone con cui si accompagnava, in tal modo contribuendo a determinare la
restrizione dello stato di libertà. Ciò con riferimento al periodo dal 19 febbraio al 10
maggio 2010, atteso che il secondo periodo di detenzione conseguì alle reiterate
violazioni delle restrizioni impostegli con l’obbligo di dimora, che comportarono il
ripristino degli arresti domiciliari.
7. Ne deriva il rigetto del ricorso e la condanna del Soleman Fady al pagamento
delle spese processuali. Vanno invece compensate quelle tra le parti poiché l’Avvocatura
dello Stato si è limitata ad una mera resistenza al proposto ricorso, con breve richiamo
alla motivazione della pronuncia della Corte territoriale.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali;
compensa le spese di giudizio tra le parti.
Così deciso in Rom. nella camera di consiglio del 2 febbraio 2016

seguito nel processo di merito), non se tale condotta integri estremi di reato – anzi, a

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