Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8578 del 10/12/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 8578 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Crisafulli Giacomo, nato il 27/07/1926

avverso la sentenza n.1233/2014 del 26/11/2014 della Corte di Appello di
Messina.

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Leonardo Tanga;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Enrico
Delehaye, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, Avv. Vincenzo Arrigo, quale sostituto processuale dell’Avv.
Graziella Colaiacomo, che si riporta ai motivi del ricorso e chiede l’annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione.

Data Udienza: 10/12/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 14.12.2010, il Tribunale di Messina, sezione
distaccata di Taormina, condannava Crisafulli Giacomo alla pena di mesi otto di

all’art.449, c.p. perché, per colpa, consistita in imprudenza, imperizia e
negligenza, appiccava il fuoco a delle sterpaglie nel rudere di sua proprietà,
che poi in assenza di alcune precauzioni di sorta, si estendeva determinando
l’incendio del fabbricato attiguo di proprietà di Trimarchi Rosario e Spina
Grazia. Pena sospesa. Accertato il 3.1.2005.

2.

La Corte di Appello di Messina, con sentenza n.1233/2014 del

26/11/2014, confermava le statuizioni di primo grado.

3. Avverso tale sentenza ricorre l’imputato dolendosi:
A)

dell’inosservanza dell’art. 40 del codice penale, nonché dell’art. 606

lett. b), c) ed e) c.p.p. (per inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale; nullità derivante dalla violazione degli artt. 546, comma 1,
lettera e), e 125, comma 3, c.p.p.; manifesta illogicità della motivazione
risultando il vizio dal testo della sentenza impugnata).
B) del travisamento del fatto e delle risultanze processuali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

2. In ordine a entrambi i motivi, è palese la sostanziale aspecificità delle
censure mosse che hanno riproposto pedissequamente in questa sede le
medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel
giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed
assolutamente plausibile, confermando in toto la sentenza di primo grado la cui
motivazione si integra con quella del Giudice dell’appello, versandosi in ipotesi di
“doppia conforme”.

3. Questa Corte ha più volte affermato che “è inammissibile il ricorso per
cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e

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reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, per il reato di cui

ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non
specifici. La mancanza di specificità del motivo, in vero, dev’essere apprezzata
non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità
conducente, a mente dell’art. 591, comma 1, lett. c), all’inammissibilità” (Cass.
pen. Sez. 4, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez.

3.1. Si tratta, in vero, di censure con cui si pretende di rivalutare le
acquisizioni probatorie e la condotta dell’imputato, prerogativa, questa,
riservata al giudice di merito e preclusa in sede di legittimità. Giova rammentare
che “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via
esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Cass. Pen. Sez. Un.
30.4.1997, Dessimone). L’impugnata sentenza -unitamente a quella originaria
confermata-, in realtà, hanno reso compiuta ed esaustiva motivazione, come tale
non meritevole di alcuna censura, in ordine a tutte le doglianze sollevate con
l’atto di appello (Cassazione penale sez. IV n. 16390 del 13/02/2015).
3.2. In ordine alla definizione dei confini del controllo di legittimità sulla
motivazione in fatto può dirsi ormai consolidato il principio giurisprudenziale,
ripetuto in plurime sentenze delle Sezioni unite penali, per il quale la Corte di
cassazione ha il compito di controllare il ragionamento probatorio e la
giustificazione della decisione del giudice di merito, non il contenuto della
medesima, essendo essa giudice non del risultato probatorio, ma del relativo
procedimento e della logicità del discorso argomentativo. La Corte ha, in vero,
più volte chiarito che non è sufficiente che gli atti indicati dal ricorrente siano
contrastanti con le valutazioni del giudice o sìano astrattamente idonee a fondare
una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudice; gli atti del
processo su cui fa leva il ricorrente per sostenere l’esistenza di un vizio della
motivazione devono essere autonomamente dotati di una forza esplicativa o
dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento
svolto dal giudice e determini al suo interno radicali incompatibilità così da
vanificare o da rendere manifestamente contraddittoria la motivazione. In
secondo luogo la Corte ha chiarito che resta preclusa al giudice di legittimità la
pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti.

3

2, 15.5.2008 n. 19951, Rv.240109).

3.3. Nel caso che occupa non può venire in considerazione un travisamento
del fatto. In tema di motivi di ricorso per cassazione, a seguito delle modifiche
dell’art. 606, comma 1, lett. e) ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8, è
consentito dedurre il vizio di “travisamento della prova”, che ricorre nel caso in
cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che
non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale,
considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova
valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (come avvenuto, con congrua

sussistano, mentre non è consentito dedurre il “travisamento del fatto”, stante la
preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle
risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (sez. 2, n.
13475 del 06/03/2013; sez. 5, Sentenza n. 39048 del 25/09/2007).

4. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte
costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, si stima equo determinare in Euro
1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso il 10/12/2015

motivazione del giudicante, nel caso di specie), ma di verificare se detti elementi

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