Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8499 del 04/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8499 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PERGOLA THOMAS N. IL 10/12/1982
avverso la sentenza n. 9952/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del
27/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 04/12/2013

Motivi della decisione
Pergola Thomas ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Roma in data 27.03.2012, con la quale è stata confermata
la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Roma, sezione distaccata di Ostia, il
14.01.2008, in riferimento alla violazione dell’art. 189, comma 6, cod. strada.
Con unico motivo l’esponente deduce violazione di legge e carenza di
motivazione, in riferimento alla affermazione di penale responsabilità dell’imputato.
Il ricorrente si sofferma diffusamente sulla dinamica del fatto; osserva di essere

caso difetti l’elemento psicologico anche del reato di cui al comma 6, dell’art. 189,
cod. strada.
Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente prospetta censure non consentite nel giudizio di legittimità, in
quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, come pure
l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva
competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata
motivazione, immune da incongruenze di ordine logico. Come è noto la
giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che “l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile ictu ()culi,

in quanto l’indagine di legittimità sul discorso

giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di
verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali” (Cass.
24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999;
n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che “esula dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza
che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e
per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Cass.
sezioni unite 30.4.1997, Dessimone). Ed invero, in sede di legittimità non sono
consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono
nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal
giudice di merito (ex multis Cass. 23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI
sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Del resto, la
Corte di Appello ha effettuato un coerente vaglio del compendio probatorio,
evidenziando, del tutto logicamente, che il prevenuto si era avveduto del danno
alla persona che aveva arrecato al conducente del ciclomotore, atteso che il

stato assolto dal reato di cui all’art. 189, comma 7, cod. strada; e ritiene che nel

motociclista era stato sbalzato dalla sella proprio a causa dell’urto con la vettura
condotta dal Pergola. Il Collegio ha pure considerato che l’imputato, dopo il
sinistro, aveva ripreso la marcia a forte velocità, inseguito dai Carabinieri per circa
un chilometro. E deve considerarsi che il ragionamento sviluppato dalla Corte di
Appello si colloca nell’alveo dell’orientamento interpretativo espresso dalla
giurisprudenza di legittimità, in ordine al reato di fuga stradale. Si è infatti chiarito
che il nuovo codice della strada, all’art. 189, descrive in maniera dettagliata il

comunque ricollegabile al suo comportamento, stabilendo un “crescendo” di
obblighi in relazione alla maggiore delicatezza delle situazioni che si possono
presentare. Così è previsto, per quanto qui interessa, l’obbligo di fermarsi in ogni
caso, cui si aggiunge, allorché vi siano persone ferite, quello di prestare loro
assistenza. L’inottemperanza all’obbligo di fermarsi è punita con la sanzione
amministrativa in caso di incidente con danno alle sole cose (comma quinto) e con
quella penale della reclusione fino a quattro mesi in caso di incidente con danno
alle persone (comma sesto). In tale seconda ipotesi se il conducente si è dato alla
fuga la norma contempla la possibilità dell’arresto in flagranza nonché la sanzione
accessoria della sospensione della patente; la sanzione penale è più grave
(reclusione fino ad un anno e multa) per chi non ottempera all’obbligo di prestare
assistenza. E si è precisato che si tratta di comportamenti diversi, lesivi di beni
giuridici diversi ed attinenti, nel caso dell’inosservanza dell’obbligo di fermarsi, alla
necessità di accertare le modalità dell’incidente e di identificare coloro che
rimangono coinvolti in incidenti stradali e nel caso di omissione di soccorso, a
principi di comune solidarietà (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 9128 del 02/02/2012,
dep. 07/03/2012, Rv. 252734).
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 4 dicembre 2013.

comportamento che l’utente della strada deve tenere in caso di incidente

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