Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8497 del 04/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8497 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PLATANIA GIUSEPPE N. IL 18/04/1973
avverso la sentenza n. 685/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
02/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 04/12/2013

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Motivi della decisione
Platania Giuseppe ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Catania in data 2.07.2012, con la quale è stata confermata
la sentenza di condanna resa dal G.i.p. presso il Tribunale di Catania il 15.12.2011,
in riferimento alla violazione dell’art. 73, d.P.R. n. 309/1990.
Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio motivazionale, in riferimento
al mancato riconoscimento della fattispecie attenuata di cui all’art. 73, comma V,
d.P.R. n. 309/1990.

generiche.
Il ricorso è inammissibile.
In riferimento al primo motivo, si osserva che la Corte di Appello ha
evidenziato che le specifiche modalità della condotta criminosa, realizzata da più
soggetti, con precisa ripartizione dei ruoli, inducevano a rilevare il carattere
professionale della attività di spaccio, così da escludere la minima offensività della
fattispecie. Orbene, la predetta valutazione si colloca, del tutto coerentemente,
nell’alveo tracciato dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha chiarito che in
tema di sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della
circostanza attenuante del fatto di lieve entità, il giudice è tenuto a
complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli
concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che
attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze
stupefacenti oggetto della condotta criminosa): dovendo, conseguentemente,
escludere la concedibilità dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi
porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di “lieve entità” (cfr.
Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4948 del 22/01/2010, dep. 04/02/2010, Rv. 246649).
Del pari manifestamente infondato risulta il secondo motivo di ricorso.
Deve considerarsi che in tema di valutazione dei vari elementi per la
concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di
comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del
sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte
non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n.
36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. sez.
VI 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni
relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti,
effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in
cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass.
sez. III 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298). Si tratta di evenienza che
certamente non sussiste nel caso di specie. La Corte di Appello, infatti, ha chiarito

Con il secondo motivo la parte si duole del diniego delle attenuanti

che i numerosi precedenti penali a carico del prevenuto risultavano ostativi alla
concessione delle attenuanti generiche; ed ha osservato che il trattamento
sanzionatorio applicato dal primo giudice non risultava altrimenti mitigabile.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.

processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 4 dicembre 2013.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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