Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8492 del 04/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8492 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ANTELMI NICOLA N. IL 14/12/1971
avverso la sentenza n. 2000/2012 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di BRINDISI, del 02/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 04/12/2013

Motivi della decisione
Antelmi Nicola ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
G.i.p. presso il Tribunale di Brindisi in data 2.10.2012, con la quale, ai sensi
dell’art. 444 cod. proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in
ordine al delitto di cui all’art. 589 cod. pen.
L’esponente deduce la carenza di motivazione in ordine alla verifica relativa
alla insussistenza di cause di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso è inammissibile.

Giova considerare che questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il
principio in base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non può non
essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di
provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la
ricorrenza dì una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle
deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di
cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta
la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 (Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. U. 27
dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla
giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi
della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto,
la continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze – che viene
specificamente in rilievo nel caso di specie – la congruità della pena e la sua
sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle
enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben essere
sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia compiuto le
pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta
motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal
momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia
del giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa
Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e
ratificato accordo, proporre questioni in ordine alla mancata applicazione

/,

dell’articolo 129 cod. proc. pen., senza precisare per quali specifiche ragioni detta
disposizione avrebbe dovuto essere applicata nel momento del giudizio. Occorre,
peraltro, rilevare che, nel caso di specie, il giudice ha espressamente evidenziato
che non ricorrevano i presupposti per il proscioglimento dell’imputato, ex art. 129
cod. proc. pen., soffermandosi diffusamente sul contenuto della notizia di reato,
sugli esiti della consulenza tecnica e rilevando che risultavano sussistenti i profili di
colpa generica e specifica a carico del prevenuto, nonché il nesso di causalità tra la

Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.500,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q. M .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 4 dicembre 2013.

condotta e la morte della vittima Francesco Zaccaria.

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