Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8473 del 04/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8473 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI SAVERIO UMBERTO N. IL 06/03/1965
avverso la sentenza n. 3626/2011 GIP TRIBUNALE di TERAMO, del
27/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 04/12/2013

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Motivi della decisione
Il G.i.p. presso il Tribunale di Teramo, con sentenza ex art. 444 cod. proc.
pen., resa in data 27.04.2012 applicava nei confronti di Di Saverio Umberto la pena
concordata dalle parti in ordine al reato di cui all’art. 186, commi 2, lett. c), 2
sexies, cod. strada. e disponeva la sospensione della patente di guida per anni due.
Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato.
La parte denuncia il vizio motivazionale, in riferimento alla applicazione

nella misura massima prevista pari ad anni due; osserva che il giudicante, sul punto
ha reso motivazione contraddittoria ed illogica.
Il ricorso è inammissibile.
Come statuito dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte, con la sentenza
applicativa di pena concordata ex art. 444 cod. proc. pen. il giudice deve applicare
le sanzioni amministrative accessorie, che dalla pena medesima conseguono di
diritto (Cass. Sez. U, sentenza n. 8488, del 27 maggio 1998, dep. 21.07.1998, Rv.
210981). E’ poi appena il caso di osservare che nel caso di specie viene in rilievo il
reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada, di talché, ai sensi dell’art.
186, comma 2 quater, cod. strada, le disposizioni relative alle sanzioni accessorie
“si applicano anche in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti”.
Il Tribunale ha applicato la sanzione amministrativa accessoria della
sospensione della patente di guida nella misura di anni due, corrispondente alla
misura massima applicabile nel caso di specie, ex art. 186, comma 2, lett. c), cod.
strada.
Non sfugge che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in caso di
applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice che irroghi, con la
sentenza di patteggiamento, la sanzione amministrativa accessoria della
sospensione della patente di guida, ove non ne fissi la durata nel minimo o in
misura assai prossima a questo, deve congruamente motivare l’esercizio del suo
potere discrezionale sul punto (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 8439 del 24/04/1996,
dep. 14/09/1996, Rv. 206297; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 35670 del 26/06/2007,
dep. 28/09/2007, Rv. 237470).
Ciò posto, va ricordato che, in tema di valutazione dei vari elementi per
quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su
detti punti, la giurisprudenza di questa Corte ammette la motivazione implicita
(Cass. Sez. 6, Sentenza n. 36382 del 04/07/2003, dep. 22/09/2003, Rv. 227142;
Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11991 del 15/11/1991, dep. 25/11/1991, Rv. 189322).
Al riguardo, si è in precisato che detto principio risulta a maggior ragione applicabile
nel caso di quantificazione della pena accessoria; e che, a tal fine, possono venire in
rilievo elementi indicativi della gravità della condotta, pure esplicitati in parte della

della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida

sentenza diversa dalla motivazione, quale la descrizione del fatto oggetto di
addebito, riportata nel capo di imputazione (cfr. Cass. Sez. 4, sentenza n. 21194
del 27.03.2012, dep. 31.05.2012, Rv. 252738 e in motivazione).
Orbene, nel caso di specie il giudicante ha rilevato: che le due prove
strumentali, alle quali era stato sottoposto Di Saverio, avevano rilevato la presenza
di un tasso alcolemico pari a 2,25 g/I ed a 2,02 g/I; e che tali valori risultano
eccezionalmente superiori al tasso minimo (pari a 1,50 g/l) necessario per

impugnata, ha rilevato che il prevenuto risulta gravato da un precedente specifico.
Le considerazioni ora richiamate, poste a fondamento della determinazione
della durata della sospensione della patente di guida, operata dal Tribunale nella
misura massima, non risultano pertanto censurabili in sede di legittimità, essendo
del tutto conferenti, rispetto alla accertata gravità della condotta ed alla personalità
dell’agente, lumeggiata dalla vita anteatta. A quest’ultimo riguardo, è poi appena il
caso di rilevare che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che tra i benefici
previsti dall’art. 460, comma quinto, cod. proc. pen. non rientra, quale effetto
dell’estinzione del reato, anche la cancellazione dell’iscrizione nel casellario
giudiziale (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 25041 del 11/01/2012, dep. 22/06/2012, Rv.
252732), di talché legittimamente il giudice procedente ha considerato le risultanze
del casellario, rispetto alla posizione del prevenuto.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 4 dicembre 2013.

l’integrazione della fattispecie in addebito. Oltre a ciò, il giudice, nella sentenza

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