Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8456 del 05/02/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8456 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MORABITO DOMENICO N. IL 22/06/1975
avverso il decreto n. 54/2010 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 13/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA;
lette/sente le conclusioni del PG Dott.
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J/Y(0-)

Uditi difensor Avv.;

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11t7140

Data Udienza: 05/02/2013

Con ordinanza del 13 marzo 2012, la Corte di appello di Reggio Calabria ha
respinto la impugnazione proposta nell’interesse dì MORABITO Domenico avverso
il decreto emesso il 13 luglio 2010 dal Tribunale della medesima città con il quale era
stata disposta, per quel che qui interessa, la confisca del patrimonio aziendale delle
ditte rispettivamente intestate al medesimo ed alla moglie nonchè di alcuni beni
immobili e di una autovettura.
Propone ricorso per cassazione il difensore il quale lamenta violazione di legge
in quanto i giudici del merito avrebbero preso in considerazione, agli effetti del
giudizio di sproporzione tra redditi dichiarati e valore dei cespiti oggetti del
provvedimento di prevenzione, soltanto i redditi fiscalmente dichiarati e non le altre
attività economiche documentate, quali in particolare i fondi finanziari ottenuti per la
campagna agricola svolta dal prevenuto.
Il ricorso è inammissibile in quanto il ricorrente in concreto propone una critica
circoscritta alla plausibilità della motivazione svolta dai giudici del merito a proposito
dei criteri seguiti per ritenere non apprezzabili — agli effetti del giudizio sulla
sproporzione tra rediti e valore dei cespiti confiscati – le attività economiche desunte
da fmanziatnenti connessi alla attività agricola. Il sindacato di legittimità sui
provvedimenti in materia di misure di prevenzione è infatti limitato alla violazione di
legge e non si estende, come pretenderebbe il ricorrente, al controllo dell’iter
giustificativo della decisione, a meno che (evenienza, questa, che palesemente non
ricorre nella specie) tale iter sia del tutto assente, in modo tale da integrare una
violazione di legge (v. sul punto, Corte cost. n. 321 del 2004) (ex plurimis, Cass., Sez.
V, n. 19598 dell’8 aprile 2010; Casse, Sez. VI, n. 35044 dell’8 marzo 2007).
Nel caso in esame, i giudici del gravame hanno puntualmente evidenziato come
i contributi comunitari erogati per allevamento e per la produzione dell’olio non
potessero essere qualificati alla stregua di “normali” componenti integrative del
reddito, dovendosi logicamente presumere che, trattandosi di erogazioni di scopo, le
stesse abbiano subito una coerente destinazione ed impiego nella stessa attività
agricola e non siano stati dunque “distratti” da quella destinazione per finanziare
investimenti di diversa natura. Argomentazione, dunque, del tutto plausibile e che di
conseguenza rende non censurabile in questa sede la decisione impugnata.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di
una somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 alla luce dei principi
affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.
P. Q. M.

1

OSSERVA

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2013
e estensore

Presidte

7

Il Const

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