Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8440 del 05/02/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8440 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: ARIOLLI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SUSAN° VILLAGOMEZ MARCO ANTONIO N. IL 07/07/1983
avverso la sentenza n. 5646/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
21/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/02/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. C. V.
che ha concluso per i-e etk
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Udito, per la parte civile, l’Avv

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Data Udienza: 05/02/2013

RITENUTO IN FATTO
1.

Susano Villagomez Marco Antonio, per mezzo del difensore di fiducia,

ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in
data 21/03/2012 che, in parziale riforma di quella emessa ex art. 438 cod.
proc. pen. dal G.I.P. del Tribunale di Milano, riduceva la pena inflitta
all’imputato ad anni sedici, mesi tre e giorni dieci di reclusione, in ordine ai
reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di

stupefacenti. Ne chiede l’annullamento in ragione di molteplici censure. Sul
reato associativo ex art. 74 d.P.R. n. 309/90 deduce: 1.1.) Nullità ex artt.
74, comma, 1 d.P.R. 309/90, 125 comma 3, 192, comma 1, 546, comma 1,
lett. e), 3, cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e)
cod. proc. pen. In particolare, censura la decisione impugnata laddove, con
motivazione contraddittoria e manifestamente illogica rispetto alle
emergenze fattuali che delineavano la figura dell’imputato quale mero
esecutore degli ordini provenienti dai vertici dell’organizzazione, lo ha
ritenuto un organizzatore del sodalizio, anziché semplice partecipe. In realtà,
per come emergeva da una serie di episodi significativi riportati nella
decisone di primo grado ed emergenti dalle risultanze processuali, l’imputato
non aveva mai coordinato le attività dei sodali, né esercitato alcun potere
decisionale in relazione ai vari aspetti in cui si articolava il traffico di
stupefacenti, non aveva rapporti con i fornitori, non si attivava per gli
approvvigionamenti della cocaina e neppure per finanziare i relativi acquisti.
Evidenziava, inoltre, che le argomentazioni difensive erano state condivise in
primo grado dal pubblico ministero che aveva chiesto la riqualificazione della
posizione dell’imputato in quella di partecipe e la condanna ad anni dodici; a
conferma di ciò, quale elemento sintomatico dell’assoggettamento
dell’imputato ai componenti del sodalizio, la circostanza del suo stato di
tossicodipendenza e l’assenza di fiducia in lui accordata dagli altri sodali
(essendo egli anche troppo giovane ed inesperto). 1.2) Nullità ex artt. 74,
comma 7, d.P.R. 309/90, 125 comma 3, 192, comma 1, 546, comma 1, lett.
e), 3, cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod.
proc. pen., avendo la Corte territoriale, in modo contraddittorio ed illogico,
da un lato riconosciuto la collaborazione fornita dall’imputato in ordine alla
prova di molteplici delle condotte contestate e all’individuazione dei
responsabili (egli aveva anche reso delucidazioni in merito alle modalità di
consegna, così efficacemente adoperandosi per sottrarre risorse decisive

stupefacenti e plurime violazioni, anche in concorso, della legge

all’associazione) e, dall’altro, escluso il riconoscimento dell’attenuante
speciale di cui al comma 7 dell’art. 74 d.P.R. n. 309/90. 1.3) Nullità ex artt.
74, comma 3, d.P.R. 309/90, 125 comma 3, 192, comma 1, 546, comma 1,
lett. e), 3, cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e)
cod. proc. pen. avendo la sentenza impugnata omesso di considerare
l’arresto giurisprudenziale di legittimità espresso da Sez. IV, 29/3/2007, n.
12845, che esclude l’applicabilità dell’aggravante di cui al comma 3 dell’art.
74 d.P.R. n. 309/90 al partecipe tossicodipendente ed essendo l’imputato

309/90, 125 comma 3, 192, comma 1, 546, comma 1, lett. e), 3, cod. proc.
pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. (capo
9, già capo u), in ordine alla carenza ed erronea motivazione riguardo il
concorso da parte dell’imputato nell’importazione di kg. 1.500 di cocaina
(episodio rispetto al quale già in sede cautelare era stata esclusa la
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza) e richiamando, sul punto, la
sentenza impugnata quella di primo grado; 2.2.) Nullità ex artt. 73, 80,
comma 2, d.P.R. 309/90, 125 comma 3, 192, comma 1, 546, comma 1, lett.
e), 3, 649 cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e)
cod. proc. pen. (capo 12, già capo as): l’impugnata pronunzia non ha
osservato il principio del divieto di un secondo giudizio per lo stesso fatto
reato. In particolare, i giudici di merito dopo aver condannato l’imputato per
il delitto di cui al capo 12 (già as), ossia per avere con più azioni esecutive di
un medesimo disegno criminoso illecitamente importato dal Sud America kg.
200 di cocaina, dall’ottobre 2009 all’1/5/2010, lo hanno nuovamente
condannato per le residue ipotesi di traffico di stupefacenti comprese invece
nell’unico alveo rappresentato da quell’importazione. Inoltre, non hanno
considerato che, nell’ambito del fatto di cui al capo 12, era da
ricomprendersi anche quello relativo al quantitativo di droga detenuto
dall’imputato al momento dell’arresto, per cui era già intervenuta condanna
del G.I.P. del tribunale di Milano, divenuta irrevocabile; 3) Sulla pena. Nullità
ex artt. 133, 81 cpv. cod. pen., 125 comma 3, 192, comma 1, 546, comma
1, lett. e), 3, cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed
e) cod. proc. pen., avendo la sentenza impugnata eluso immotivatamente le
argomentazioni difensive per l’applicazione del minimo della pena, anche
sotto l’aspetto dell’aumento ex art. 81 cpv. cod. pen., in presenza di indici al
medesimo favorevoli (assenza di precedenti penali, di procedimenti
pendenti, la condotta processuale collaborativa, la giovane età, la

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assuntore di cocaina. 2) Sui reati fine. 2.1) Nullità ex artt. 73 d.P.R. n.

documentata tossicodipendenza).
CONSIDERATO IN DIRITTO

2.

Il ricorso è infondato.

2.1.

Quanto al primo motivo, con cui il ricorrente si duole che non sia

stata riconosciuta all’imputato la qualità meno grave di

partecipe

all’associazione a delinquere, dalla lettura della sentenza della Corte
territoriale risulta, invero, l’esistenza di un logico apparato argomentativo
grado con riferimento al ruolo di organizzatore svolto dall’imputato in seno al
sodalizio criminale. In tal senso si è fatto riferimento a puntuali risultanze
probatorie (contenuto delle intercettazioni telefoniche, osservazioni di polizia
giudiziaria, operati sequestri di documentazione attestante frequenti
trasmissioni di denaro all’estero, dichiarazioni del coimputato ed altro sodale
sul ruolo di collettore delle somme derivanti dal traffico di droga), in base
alle quali è emerso che l’imputato, oltre ad essere in costante contatto con i
capi dell’associazione, i narcotrafficanti Boliviani Peti e Taquillo
(rispettivamente sorella e cognato) che si occupavano
dell’approvvigionamento della sostanza stupefacente e della spedizione in
Italia, costituiva, in virtù del fatto che qui dimorava, il referente sul posto dei
predetti, curando che tutto procedesse secondo i piani, per consentire che la
droga, una volta giunta nel nostro Paese, potesse essere recuperata e
consegnata agli acquirenti, dai quali raccoglieva il corrispettivo pattuito che
poi spediva in Bolivia. Non può dunque, ad esso attribuirsi, il mero ruolo di
partecipe, in quanto l’attività svolta, nell’ambito dell’economia funzionale ed
organizzativa del sodalizio, non può certo ritenersi minimale, anche se non
insignificante, alla vita della struttura ed in vista del perseguimento dei suoi
fini illeciti. L’imputato, invece, risulta avere un ruolo più penetrante e
decisivo, dotato anche di una certa autonomia e libertà di indirizzo. Non si
tratta, dunque, di colui che ricopre la mera figura del custode della droga,
ovvero del depositarlo e custode delle somme provento dell’attività illecita
del sodalizio criminale, destinate a sopperire alla necessità di questo e dei
singoli associati, ovvero ancora di colui che assume il ruolo stabile di
venditore al minuto di droga ai consumatori, ipotesi rispetto alle quali la
giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto il ruolo di partecipe (v. in tema,
ex plurimis, Sez. 1, sentenza n. 10268 del 6/5/1985, rv. 170953; Sez. 6,

sentenza n. 36785 del 2/7/2003, rv. 226689). Si tratta, invece, di un sodale

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sulla base del quale si è pervenuti alla conferma della sentenza di primo

che apporta all’associazione un contributo primario, gestendo i proventi
realizzati in loco dell’attività criminosa da destinare successivamente agli
importatori, pronto ad intervenire in caso di necessità (è stato interessato
dai predetti narcotrafficanti alle ricerche di tracce o documenti attestanti
l’eventuale indagine di polizia scaturita dal sequestro in data 4.1.2010 di kg.
, di cocaina nei confronti di altro correo Galli William) e dotato di una
8200
certa autonomia decisionale anche nelle scelte di approvvigionamento della
droga. Del resto, se l’imputato non avesse rivestito, all’interno del sodalizio,
nell’ambito della vicenda relativa alla fornitura di cui al capo a)
dell’imputazione, il suo “intervento” anche per contattare l’avvocato del
corriere arrestato, al fine di discutere della sorte della droga e della
posizione del corriere. Del pari, significativa è l’affermazione di uno dei
coimputati coinvolti negli illeciti traffici (Jaafar detto Alber), il quale indica
l’imputato come colui al quale doveva consegnare i soldi e che dallo stesso
(unitamente al Paco) avrebbe ricevuto una percentuale. Del resto, questa
Corte ha più volte affermato, quanto al ruolo dell’organizzatore che questo
non risale necessariamente ad un momento cronologico anteriore alla
formazione dell’associazione o coincidente con tale momento, giacché
l’organizzazione è un compito che non si limita all’avvio dell’impresa
criminosa, ma ben può svilupparsi durante tutta la durata del sodalizio,
proprio al fine di consentirle di operare (v. ex multis Sez. 4, sentenza n.
45018 del 23/10/2008, rv. 242032; Sez. 6, sentenza n. 2163 del
30/10/1989, rv. 183362; Sez. 1, sentenza n. 12812 del 25/02/2011, rv.
249853).
2.2.

Inammissibile risulta il secondo motivo di ricorso con cui il ricorrente

lamenta il mancato riconoscimento dell’attenuante speciale della
collaborazione. Al riguardo, va infatti osservato che soltanto genericamente
viene evidenziato che l’imputato avrebbe fornito specifiche notizie sui traffici
e sull’organizzazione del sodalizio criminale, omettendosi di evidenziare
esattamente le specifiche circostanze indicative di tale ausilio. Di contro,
invece, la Corte territoriale ha evidenziato, così correttamente escludendo
l’applicazione dell’attenuante speciale in parola, che l’imputato è stato
financo reticente in merito agli elementi utili all’identificazione di complici
ancora non identificati (ha omesso addirittura di identificare il Paco, pur se
suo cognato, affermando di non conoscerlo) e alla destinazione della
sostanza stupefacente oggetto dei traffici. Affinché possa riconoscersi

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una “carica” di rilievo, di certo l’organizzazione non gli avrebbe chiesto,

l’attenuante della collaborazione occorre, innanzitutto, che questa risulti
completa ed esaustiva: il dichiarante deve fornire tutto il suo patrimonio di
conoscenze, non essendo ammesse ammissioni e dichiarazioni parziali;
Inoltre, deve essere apprezzata con riguardo alla complessità della vicenda
criminosa e non rispetto ad un singolo episodio.
2.3.

Quanto al motivo di ricorso con cui si censura l’erronea applicazione

dell’aggravante di cui al comma 3 dell’art. 74 d.P.R. n. 309/1990, la
questione è stata dedotta in appello sotto il profilo del tutto inconferente
alla diversa condizione della nica intossicazione da sostanza stupefacente,
quasi come se tale condizione determinasse una inapplicabilità ex se
dell’aggravante. A fronte di tale censura, palesemente inconsistente, i giudici
del merito hanno fornito più che puntuale risposta limitandosi ad osservare
che la norma fa riferimento generico alla qualità di tossicodipendente senza
alcun tipo di esclusione per chi versi nella diversa condizione di cronica
intossicazione. La questione agitata nei motivi di ricorso è del tutto nuova e
perciò stesso inammissibile, anche perché coinvolgerebbe accertamenti in
punto di fatto che fuoriescono dal rigoroso perimetro entro il quale è
consentito l’odierno scrutinio di legittimità. Per altro verso, il precedente
giurisprudenziale richiamato dal ricorrente non è confacente al caso di
specie, essendosi in detta pronunzia esclusa l’aggravante sul rilievo che il
sodale tossicodipendente fosse vittima delle altrui personalità criminali,
denotanti una più spiccata capacità a delinquere. Nulla di tutto ciò si ricava a
proposito dell’imputato dalle sentenze dei giudici di merito, né il ricorrente
ha indicato circostanze fattuali dai quali si ricaverebbe l’assoggettamento del
Susano Villagomez alla volontà prevaricatrice degli altri sodali.
2.4

Infondato, del pari, è il motivo sulla carenza di motivazione

relativamente al concorso dell’imputato nel delitto di cui al capo 9 (già u),
relativo all’importazione dall’Argentina di 1,5 Kg. di cocaina. Invero, sul
punto la Corte territoriale ha richiamato il contenuto degli atti di indagine
come specificamente evidenziati nella sentenza di primo grado, dai quali
emerge il coinvolgimento e la fattiva partecipazione dell’imputato per la
riuscita delle operazioni, come, peraltro, si ricava dalle intercettazioni
telefoniche relative alla vicenda dalle quali emerge che i correi sono a
conoscenza e preoccupati per l’avvenuto arresto del Susan° Villagomez e del
Ruiz Tariba, a diverso titolo anch’essi coinvolti nell’illecito traffico.
2.5

Inammissibile è, invece, il motivo con cui il ricorrente si duole della

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quale quello relativo non alla qualità di tossicodipendente dell’imputato, ma

mancata applicazione, da parte della Corte territoriale, del principio del ne
bis in idem riguardo al capo 12) dell’imputazione, sul presupposto che il

quantitativo di droga ivi contestato (circa 200 Kg.) comprenderebbe anche
quello relativo agli altri delitti fine contestati, commessi nel medesimo arco
temporale, trattandosi di censura non proposta con i motivi di appello e
sollevata per la prima volta in questa sede.
2.6.

Infondato, poi, è il motivo ulteriore relativo al mancato

riconoscimento del principio del ne bis in idem tra il fatto di cui al capo 12)
sentenza del G.I.P. del Tribunale di Milano definitiva il 10/2/2011 (detenzione
al momento dell’arresto di kg. 8, 456 di cocaina). Invero, trattasi di
prospettazione meramente assertiva e non dotata di autosufficienza, avendo
il ricorrente non solo omesso di allegare al ricorso la sentenza avente
asseritamente valenza preclusiva, ma altresì di specificare in forza di quali
elementi il giudice del merito avrebbe dovuto fondare il giudizio di (parziale)
identità, posto che, peraltro, i fatti non risultano ictu °culi sovrapponibili ed
identici. Di conseguenza, risulta corretta l’affermazione della Corte
territoriale secondo cui la questione potrà essere proposta e valutata, anche
in sede esecutiva, soltanto al momento dell’irrevocabilità della presente
decisione.
2.7.

Quanto, infine, all’ultimo motivo relativo al trattamento sanzionatorio,

esso risulta manifestamente infondato. Al riguardo, occorre innanzitutto
evidenziare che il giudice di appello, in riforma della sentenza di primo
grado, ha ridotto al minimo la pena base per il delitto associativo e
diminuito, in misura consistente, quella determinata in forza della
continuazione per il capo 12) dell’imputazione. Quanto, poi, alla misura degli
ulteriori aumenti ex art. 81 cpv. per gli altri delitti fine, la Corte territoriale
ha ritenuto adeguata la pena rispetto al reale disvalore del fatto e alla
rilevanza dei quantitativi di droga oggetto di traffico. Detto giudizio non
appare censurabile in questa sede, non apparendo essere il frutto di un mero
arbitrio o di un ragionamento illogico.
3.

Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. pen., la

condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di
giudizio.

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dell’imputazione e quello per il quale l’imputato è stato già condannato con

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso, il 5 febbraio 2013

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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