Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8439 del 19/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8439 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FAZZARI VINCENZO N. IL 26/05/1956
avverso l’ordinanza n. 1142/2012 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 24/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO;
lette/sentite le concl •

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 19/11/2013

udito il PG in persona del sost. proc. gen. d.ssa G. Fodaroni, la quale ha concluso chiedendo
annullamento con rinvio,
uditi i difensori avv. A. Mazzone e prof. avv. G. Aricò, i quali, illustrando i ricorsi, ne hanno
chiesto l’accoglimento.

1. Con il provvedimento di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Reggio Calabria ha
confermato l’ordinanza custodiale nel confronti di Fazzari Vincenzo, indagato con riferimento:
I) al delitto di cui all’articolo 416 bis cp pluriaggravato, per aver fatto parte della ‘ndrangheta e
in particolare del “locale” di Antonimina, operante in parte della provincia di Reggio Calabria,
con condotta perdurante (capo A),
II) al delitto di cui agli articoli 81, 110, 513 bis, commi primo e secondo cp in relazione ad
appalti pubblici gestiti con logica spartitoria, condotta tenuta dal 2006 e perdurante (capo P),
III) al delitto di cui agli articoli 81,110, 624,625 numero 7, 632, 639 bis cp, vale a dire furto di
pietrame dal greto della fiumara San Paolo per un controvalore di circa C 1.500.000, furto che
causò il mutamento del corso d’acqua e il deturpamento del paesaggio, in data 6 settembre
2007 condotta perdurante (capo AC).
1.1. I delitti di cui ai capi P) e AC) sono contestati come aggravati ai sensi dell’articolo 7
legge 203 del 1991.
2. Fazzari Vincenzo è fratello di Teresa, moglie di Romano Nicola, ritenuto un
importante esponente della ‘ndrangheta in provincia di Reggio Calabria. Secondo quanto si
legge nel provvedimento impugnato, il Romano è in contrapposizione con altro personaggio di
vertice dell’associazione criminosa, vale a dire Raso Giuseppe. Si assume che i fratelli di
Fazzari Teresa, nonostante il vincolo di affinità con Romano, si “appoggino” affaristicamente e
criminalmente al Raso. La sas di Fazzari Pierino, che si occupa di movimento terra e di
costruzioni viene considerata una ditta che orbita nella sfera d’interesse del Raso.
3. Il compendio indiziario si fonda essenzialmente sul contenuto di conversazioni
intercettate e sui servizi di osservazione e pedinamento da parte della polizia giudiziaria.
4. Avverso il provvedimento del tribunale del riesame hanno proposto separati ricorsi
per cassazione i difensori di Fazzari Vincenzo.
5. Ricorso avv. Aricò.
5.1. Si deduce violazione degli articoli 272, 273, 192 cpp e carenze dell’apparato
motivazionale.
Invero il provvedimento del tribunale del riesame non risponde alle doglianze prospettate dalla
difesa. Il ricorrente, nelle conversazioni intercettate, non è individuato né come oggetto di
conversazione, né come interlocutore. Arbitrariamente il collegio cautelare ritiene che, dove il
trascrittore delle predette intercettazioni ha indicato uno dei colloquinati come “uomo”, tale
indicazione debba riferirsi necessariamente a Fazzari Vincenzo. In sintesi, non viene spiegato
perché la voce maschile viene identificata con quella del ricorrente. A volte poi, nel
provvedimento impugnato, si fa riferimento ai fratelli Fazzari (al plurale) e non singolarmente a
Vincenzo. Lo stesso discorso vale per quelle conversazioni in cui Romano Nicola, rivolgendosi
alla moglie, Fazzari Teresa, pronuncia le parole: ” tuo fratello”, atteso che Teresa ha più di un
fratello.
Peraltro, il contenuto delle conversazioni intercettate è del tutto generico e poco concludente,
dunque, bisognevole di adeguati riscontri. Va ancora rilevato che non vi è certezza che il
ricorrente sia mai stato direttamente intercettato; lo stesso, per vero, nel provvedimento del
collegio cautelare, viene a volte esplicitamente indicato come interlocutore di Raso Giuseppe,
ma, in tali casi, le conversazioni intercettate, per la loro ambiguità, non sono dimostrative
della sussistenza del delitto di cui all’articolo 416 bis, né di quello di cui all’articolo 513 bis. In
genere, per altro, come anticipato, esse non sono riferibili a Fazzari Vincenzo. Il ricorrente,
oltretutto, non ha mai fatto parte della ditta Fazzari Pierino sas, dunque, non si comprende, ne

RITENUTO IN FATTO

6. Ricorso avv. Majo.
6.1. Si deduce violazione degli articoli 292, 273 cpp e carenze dell’apparato
motivazionale. Invero manca fisicamente (ovvero non è pertinente all’indagato) la
motivazione. Specialmente per quel che riguarda la sussistenza dell’aggravante di cui
all’articolo 7 della legge 203 del 1991, non viene comunque chiarito quale sarebbe stato il
contributo del Fazzari alla pretesa associazione di ‘ndrangheta, né viene tracciata una chiara
linea di demarcazione tra concorso nel reato e reato associativo. Vengono riportate
conversazioni tra Romano e la moglie, tra Raso e un uomo non meglio identificato, tra Raso e
Fazzari Vincenzo ma, da un lato, è arbitrario ritenere che “l’uomo” si identifichi col Fazzari,
dall’altro, le predette intercettazioni nulla provano in ordine alla appartenenza del ricorrente
alla pretesa associazione criminosa. Invero, le conversazioni intercettate sono di problematica
comprensione. Inoltre il tribunale del riesame non si pone affatto il problema della credibilità
dei collaboranti, i quali fanno affermazioni, il più delle volte, generiche. La credibilità deve
essere valutata alla luce della spontaneità delle dichiarazioni e dell’affidabilità dei dichiaranti
con esclusione di ogni eventuale intento millantatorio. Ebbene: il Romano odia i parenti della
moglie, come emerge dalle stesse intercettazioni; andava dunque verificata la sussistenza di
intenti calunniosi o diffamatori. Sotto altro aspetto, va notato che spesso il Romano fa un
generico riferimento ai fratelli della moglie. Non bisogna infine confondere i contatti dovuti a
vicinanza parentale o abitativa con i contatti sintomatici dell’appartenenza ad un’associazione
mafiosa.
6.2. Per quanto specificamente riguarda il delitto di cui all’articolo 513 bis, per la
sussistenza della fattispecie, si richiede che la violenza o la minaccia siano indirizzate nei
confronti di un imprenditore concorrente o comunque nei confronti di terzi; si ammette poi che
la minaccia possa essere esplicita o implicita e possa anche sostanziarsi nelle forme di
intimidazione tipiche della criminalità mafiosa, ma, in ogni caso, si richiede la concretezza della
minaccia stessa; essa deve cioè avere un destinatario, in modo che sia possibile valutare gli
effetti prodotti su di lui.
Inoltre, il fatto che i lavori in una determinata zona della Calabria, a seguire l’ipotesi d’accusa,
avvenissero secondo una predeterminata turnazione, non prova necessariamente che le ditte
fossero legate da un vincolo mafioso. Da questo punto di vista, l’aggravante di cui all’articolo 7
della legge 203 del 1991 è stata acriticamente ritenuta. Né è stato valutato che la consulenza
tecnica di parte ha chiarito che tra Raso e la sas di Fazzari Pierino non vi furono mai rapporti.
Quanto al furto del pietrame e alle sue conseguenze paesaggistiche, è da notare che manca
qualsiasi elemento a carico del ricorrente, atteso che egli non ha alcun ruolo nell’azienda che
avrebbe operato nella fiumara.
6.3. Con ulteriore censura, si sostiene la mancanza di esigenze cautelari, formulando
argomentazioni non dissimili da quelle di cui al precedente ricorso e sottolineando, oltretutto,
che Fazzari Vincenzo è incensurato.

viene spiegato, quale ruolo potrebbe avere avuto nella consumazione del delitto di cui
all’articolo 513 bis cp.
Ancora: il tribunale del riesame non ha tenuto alcun conto della documentazione prodotta dalla
difesa, che dimostra che la sas non è affatto operativa solamente nella zona della locride, ma
risulta aver vinto appalti in tutto il territorio calabrese. Dunque, è arbitrario affermare che essa
si aggiudica le gare perché espressione di associazione di ‘ndrangheta radicata nel predetto
territorio (locride). Infine, il provvedimento impugnato non chiarisce in che cosa sarebbe
concretamente consistita la condotta riconducibile allo schema di cui all’articolo 513 bis cp.
5.2. Con la seconda censura, si deduce violazione degli articoli 405, 406, 407 cpp oltre
carenze dell’apparato motivazionale.
Invero l’intercettazione della conversazione che, secondo l’accusa, sarebbe intercorsa tra il
Raso e Fazzari Vincenzo è inutilizzabile perché si riferisce ad un arco temporale che si pone
oltre il termine di scadenza delle indagini, atteso che il Raso è stato iscritto nel registro degli
indagati sin dal 2006.
5.3. Con la terza censura, si deduce violazione degli articoli 274 e 275 cpp, oltre
carenze dell’apparato motivazionale, in ordine alla permanenza delle esigenze cautelari, anche
alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale numero 57 del 2013.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La seconda censura del ricorso dell’avv. Aricò è generica e, in quanto tale,
inammissibile, atteso che con essa si assume che la intercettazione in questione sarebbe stata
eseguita dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari con riferimento alla iscrizione
del Raso nel registro ex art. 335 cpp. Nulla però si dice circa la data di iscrizione del Fazzari nel
predetto registro. Con la conseguenza che, nei confronti di questo indagato / la conversazione
intercettata ben potrebbe essere utilizzabile.

3. La struttura del provvedimento impugnato, invero, lascia non poco perplessi.
Essa si articola in una prima parte (fino a pag. 12) nella quale si traccia un quadro complessivo
della criminalità organizzata nella Locride e delle sue proiezioni internazionali; seguono alcune
pagine (fino alla n. 15) sui principi giurisprudenziali in tema di chiamata in correità. Viene
quindi analizzato il contenuto di numerose conversazioni intercettate tra soggetti noti e tra
soggetti genericamente indicati come “uomo”. Si sostiene quindi, senza dare ragione
dell’assunto, che, dove si legge “uomo”, si debba intendere “Fazzari Vincenzo” (cfr. pagine 19,
26, 31, 60, 73, 106).
In altre conversazioni si parla genericamente “dei” Fazzari o dell’impresa Fazzari (cfr. pagine
20, 55, 79, 111, 120). In altre ancora si dà conto delle attività criminali o comunque sospette
che si svolgevano in zona (cfr. pagine 28, 35, 56, 59).
Infine, con riferimento a un ultimo gruppo di conversazioni, sembra certo il coinvolgimento del
ricorrente (pagina 47: l’auto di Raso si ferma davanti alla casa di Fazzari Vincenzo; i due si
avviano verso il competente ufficio della Motorizzazione dove il Raso, benché non in possesso
dei requisiti necessari, perché ipovedente, conta di ottenere lo stesso il rinnovo della patente,
grazie alle su of trame; nel corso del viaggio Raso mette in guardia il ricorrente circa il pericolo
che le loro conversazioni siano intercettate: pagina 53,e circa il pericolo che la ditta intestata a
Romano Maria sia sottoposta a controlli: pagina 105).
3.1. Ebbene, con riferimento a tali ultime conversazioni (pagine 47, 53, 105), il
provvedimento ricorso non chiarisce perché esse sarebbero sintomatiche della intraneità del
ricorrente al “locale” di Antonimina e, meno che mai, quali siano gli elementi indizianti a suo
carico per i delitti sub P) e AC) .
3.2. Vi è in sintesi carenza di elementi individualizzanti a carico di Fazzari Vincenzo, tali
non potendo ritenersiil fatto che -a quanto sembra- lo stesso sia proprietario del suolo sul
quale sorge l’impianto della società di pertinenza dei suoi fratelli, mentre resta del tutto
ipotetica, sulla base di quanto riportato a pagina 77, l’affermazione che lo stesso avrebbe
gestito di fatto (ma neanche è specificato in quale periodo) la predetta società.
4. Si impone pertanto annullamento con rinvio per nuovo esame al tribunale di Reggio
Calabria.
5. La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di cui all’articolo 94 disp. att. cpp.
PQM
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al tribunale di Reggio Calabria;
manda alla Cancelleria per le comunicazioni di cui all’articolo 94 disp. att. cpp.
Così deciso in Roma, camera di consiglio, addì 19.XI.2013.-

2. Non di meno, il ricorso è fondato, dovendo essere condivise le considerazioni
(assorbenti) sviluppate con la prima censura del predetto ricorso e in parte presenti nel ricorso
dell’avv. Majo.

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