Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8432 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8432 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: ARIOLLI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) FALCONE GINO N. IL 27/10/1965
avverso la sentenza n. 138/2008 CORTE APPELLO di ANCONA, del
30/05/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI
Udito il Procuratore Ge9erale in persona del Dott. Cgemm:A.e -S7 LckLig
che ha concluso per I

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 05/12/2012

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 30/5/2011 la Corte d’appello di Ancona, in

parziale riforma della sentenza emessa in data 11/5/2007 dal Tribunale di
Ascoli Piceno, sezione distaccata di san Benedetto del Tronto, riduceva
all’imputato la pena a mesi tre di reclusione, in ordine al reato di cui all’art.
641 cod. pen.
2.

Avverso la decisione propone ricorso il difensore d’ufficio

proc. pen., l’erroneità della motivazione nella parte in cui si è rigettata
l’eccezione di difetto di querela sul presupposto che non si fosse contestata
l’esistenza dei poteri rappresentativi che, al contrario, era stata invece
censurata in sede predibattimentale; b) ai sensi dell’art. 606, comma 1
lett. a) cod. proc. pen., la carenza di motivazione riguardo gli elementi
oggettivi e soggettivi del reato, posto che l’imputato non avrebbe assunto
in proprio l’obbligazione di pagare il corrispettivo delle prestazioni di
ospitalità alberghiera, dovendo invece tali prestazioni intendersi a carico di
un’emittente televisiva per conto della quale il prevenuto operava in qualità
di regista e nel cui interesse egli avrebbe insediato il proprio temporaneo
alloggio presso l’albergo; a nulla valeva, poi, ai fini dell’esclusione di tale
assunto difensivo la circostanza riferita dalla persona offesa che la società
di produzione cinematografica per la quale l’imputato avrebbe lavorato ed
ivi dimorato, si era dichiarata estranea alla vicenda, considerato che non
era stato indicato il soggetto da cui si era appresa tale notizia; c) ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., l’omessa motivazione sul
diniego delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della
sospensione condizionale della pena, quest’ultimo concesso in motivazione
dal giudice di primo grado ma non contemplato nel dispositivo. Chiedeva,
pertanto, l’annullamento della decisione impugnata con revoca delle
statuizioni civili.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1.

Quanto al primo motivo con il quale il ricorrente deduce, in via

pregiudiziale di rito, l’invalidità della querela, per dedotta e supposta
carenza di legittimazione del soggetto autore della querela, va ribadito che,
ai fini della ricognizione giudiziale del valido esercizio del potere di querela
in nome di un soggetto societario è sufficiente l’indicazione della fonte
statutaria dei poteri in sede di querela (come avvenuto nella specie),

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dell’imputato, deducendo: a) ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod.

laddove invece la dimostrazione specifica dell’effettività dei poteri stessi è
dovuta solo ove la fonte indicata sia stata tempestivamente contestata a
seguito della presa di cognizione dello stesso atto di querela. A tale
riguardo, tuttavia, i dubbi e le contestazioni in ordine alla titolarità, in capo
a colui che ha presentato l’atto di querela, dei poteri di rappresentanza
della persona giuridica che si assume persona offesa dal reato, non
possono consistere, contrariamente a quanto assume il ricorrente, nella
mera proposizione di un’eccezione processuale avente ad oggetto il mero
precisa indicazione degli elementi ostativi all’esistenza di tali poteri.
3.2.

Riguardo al dedotto vizio di motivazione, trattasi di censura in fatto

con la quale il ricorrente lamenta una valutazione delle prove diversa e più
favorevole all’imputato rispetto a quella accolta nella sentenza di primo
grado. In sostanza si ripropongono questioni che implicano una valutazione
di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione
esaustiva, immune da vizi logici; viceversa dalla lettura della sentenza della
Corte territoriale non emergono, nella valutazione delle prove, evidenti
illogicità, risultando, invece, l’esistenza di un logico apparato argomentativo
sulla base del quale si è pervenuti all’affermazione della penale
responsabilità dell’imputato in ordine al delitto di insolvenza fraudolenta,
valorizzandosi le precise dichiarazioni della persona offesa (a conferma
delle quali ben possono prodursi atti interni e provenienti dalla stessa
società alla quale il testimone appartiene, liberamente valutabili dal
giudice), non emergendo affatto che l’imputato abbia speso un “nomine
domini” od abbia comunque manifestato di contrarre l’obbligazione nomine
alieno, risultando, invece, dal comportamento concludente tenuto, che egli

ebbe a contrarre l’obbligazione in proprio. Tale circostanza peraltro si salda,
per quanto evidenziato dalla Corte territoriale, col contegno
complessivamente tenuto nei confronti dell’albergatore e con la successiva
dipartita dall’albergo, pur dopo rassicurazioni circa l’effettuando
pagamento, così evidenziandosi il proposito originario di non adempiere,
congiunto in re ipsa con la dissimulazione dell’impotenza solutoria. In tale
evidente contesto probatorio diviene del tutto irrilevante accertare chi
avesse riferito alla persona offesa che l’imputato non apparteneva alla casa
cinematografica Fandango s.r.I., posto che egli contrasse per proprio conto
l’obbligazione.
3.3.

Manifestamente infondato risulta poi il motivo con cui il ricorrente

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rilievo dell’asserita inesistenza, ma debbono essere accompagnati dalla

lamenta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Invero il giudice di appello risulta avere apprezzato il modesto disvalore del
fatto in punto di quantificazione della pena che ha ridotto rispetto a quella
comminata dal giudice di primo grado, negando la concessione delle
attenuanti generiche in ragione dei precedenti del reo, ritenuti comunque
ostativi anche alla concessione dei chiesti benefici. E sul punto,
conformemente all’orientamento espresso più volte da questa Corte, deve
rilevarsi che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi
esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti
della propria decisione, di talché la stessa motivazione, purché congrua e
non contraddittoria, non può essere sindacata in Cassazione neppure
quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi
fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. VI n. 42688 del
24/9/2008, Caridi, Rv. 242419; sez. Il n. 3609 del 18/1/2011, Sermone,
Rv. 249163). Ed ancora, nel motivare il diniego della concessione delle
attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in
considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli
ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti
gli altri da tale valutazione (Sez. VI n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv.
248244).
Quanto poi alla mancata concessione del beneficio della sospensione
condizionale della pena, concessa nella parte motiva dal giudice di primo
grado ma non contemplata nel dispositivo, va innanzitutto osservato che il
contrasto tra dispositivo e motivazione si risolve con la logica prevalenza
dell’elemento decisionale su quello giustificativo, essendo il primo l’atto con
il quale si estrinseca la volontà della legge nel caso concreto (Sez. 2,
sentenza n. 25530 del 20/05/2008, rv. 240649). Ne consegue pertanto che
tale beneficio non può ritenersi ritualmente concesso con la sentenza
impugnata, tanto che il ricorrente ne ha fatto specifico motivo di appello;
sul punto la Corte territoriale risulta avere motivato il diniego in ragione dei
precedenti dell’imputato che ostano alla concessione del beneficio. Tale
Indicazione assolve correttamente all’obbligo di motivazione. Questa Corte
ha invero più volte precisato che il giudice di merito, nel valutare la
concedibilità della sospensione condizionale della pena, non ha l’obbligo di
prendere in esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., ma può

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dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere

limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti (nella specie la Corte ha
ritenuto esaustiva la motivazione della esclusione del beneficio fondata sul
riferimento ai precedenti penali dell’imputato, Sez. 3, sentenza n. 6641 del
17/11/2009, rv. 246184).
4.

Va dichiarata, pertanto, inammissibile l’impugnazione; ne consegue,

per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 5 dicembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

ricorso, si determina equitativamente in C 1.000,00.

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