Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 843 del 11/11/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 843 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: SABEONE GERARDO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
IORDACHE RUJITA N. IL 28/09/1976
PETROVICI MARIUS N. IL 28/02/1973
avverso la sentenza n. 2276/2012 TRIBUNALE di RIMINI, del
24/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;
Data Udienza: 11/11/2013
J57
RITENUTO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’articolo 444
cod.proc.pen., venne applicata a Iordache Rujita e Petrovici Marius , per il reato
di false dichiarazioni sulla propria identità personale la pena concordata con la
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione entrambi
gli imputati denunciando difetto di motivazione in ordine alla mancata pronuncia
di sentenza assolutoria, ai sensi dell’articolo 129 cod.proc.pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che i ricorsi vanno dichiarati inammissibili in quanto si dà espressamente
atto, nell’impugnata sentenza, della ritenuta sussistenza delle condizioni tutte,
positive e negative, previste dall’articolo 444 cod.proc.pen. per l’applicazione
della pena su richiesta, ivi compresa quella costituita dalla mancanza dei
presupposti per darsi luogo a pronuncia assolutoria ai sensi dell’articolo 129
cod.proc.pen., come pure quella costituita dalla ritenuta congruità della pena; e
ciò, in difetto di elementi, ricavabili dal testo della medesima sentenza, dai quali
possa invece desumersi l’assenza di alcuna delle condizioni anzidette, basta ad
escludere ogni violazione di legge e a soddisfare le esigenze di motivazione
proprie delle pronunce del genere di quella impugnata (v. Cass. Sez. IV 13 luglio
2006 n. 34494 e Sez. I 10 gennaio 2007 n. 4688);
– né, d’altra parte, risulta indicata, nel ricorso, alcuna specifica ragione di
diritto per la quale, nella specie, l’articolo 129 cod.proc.pen. avrebbe dovuto
trovare applicazione ovvero l’accordo raggiunto fra le parti (e non modificabile in
alcun modo dal Giudice) sarebbe stato da respingere anche per eccessività della
pena (peraltro, all’evidenza, tutt’altro che esorbitante dalla media); il che, in
linea con il consolidato orientamento di questa Corte, costituisce appunto causa
di inammissibilità del gravame (v. Cass. Sez. IV 11 maggio 1992 n. 7768 e Sez.
H 21 maggio 2003 n. 27930);
– che la ritenuta inammissibilità dei ricorsi comporta le conseguenze di cui
all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano
1
Pubblica Accusa;
ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende;
P. T. M.
pagamento delle spese del processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore
della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 111 novembre 2013.
La Corte, dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al