Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8424 del 25/01/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8424 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SABEONE GERARDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA CLORINDA N. IL 26/01/1976
avverso la sentenza n. 771/2013 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
17/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;

Data Udienza: 25/01/2016

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza del 17 febbraio 2014, ha
confermato la sentenza di primo grado con la quale Bevilacqua Clorinda era stata
condannata per il delitto di furto pluriaggravato.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a

motivazione in ordine all’affermazione della penale responsabilità basata
sull’effettuato riconoscimento fotografico ad opera della persona offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il motivo è del tutto generico, in quanto si contesta la motivazione
dell’impugnata sentenza senza indicare concreti elementi d’illogicità ovvero di
contraddittorietà della motivazione.
Esso si sostanzia in una indebita rivisitazione delle risultanze probatorie e
perchè non è possibile più svolgere tale attività avanti questa Corte di
legittimità; trattasi inoltre di doglianza che, per un verso, passa del tutto sotto
silenzio la pur esistente motivazione offerta sul punto dalla Corte territoriale e,
per altro verso, non vale a scalfire la granitica giurisprudenza di questa Corte in
tema di c.d. doppia conforme; giova rammentare, in punto di diritto e in via
generale, come in tema di ricorso per cassazione, quando ci si trovi dinanzi a una
“doppia pronuncia conforme” e cioè a una doppia pronuncia (in primo e in
secondo grado) di eguale segno (vuoi dì condanna, vuoi di assoluzione),
l’eventuale vizio di travisamento possa essere rilevato in sede di legittimità, ex
articolo 606 cod.proc.pen., comma 1, lett. e), solo nel caso in cui il ricorrente
rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente
travisato sia stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella
motivazione del provvedimento di secondo grado (v. Cass. Sez. IV 10 febbraio
2009 n. 20395).
Al riguardo occorre ulteriormente chiarire che, come più volte precisato da
questa Corte (v. di recente, Cass. Sez. III 5 maggio 2010 n. 23432 e Sez. II 29
marzo 2011 n. 17336), la ricognizione formale di cui all’articolo 213
cod.proc.pen., non è, per il principio della non tassatività dei mezzi di prova,
l’unico strumento probatorio idoneo alla dimostrazione dei fatti e che, pertanto, il
riconoscimento effettuato senza l’osservanza delle formalità prescritte per la
1

mezzo del proprio difensore, lamentando la illogicità e la contraddittorietà della

ricognizione non è affetto da patologie processuali, quali la nullità o la
inutilizzabilità.
Per rispondere, poi, ai rilievi della ricorrente, è sufficiente richiamare in
questa sede l’orientamento consolidato secondo cui l’individuazione di un
soggetto, sia personale che fotografica, è una manifestazione riproduttiva di una
percezione visiva e rappresenta, una specie del più generale concetto di
dichiarazione; pertanto la sua forza probatoria non discende dalle modalità

stessa stregua della deposizione testimoniale (v. Cass. Sez. VI 5 dicembre 2007
n. 6582).
In questo senso, quindi, non può essere sindacata in questa sede, in
quanto correttamente motivata, la decisione dei Giudici di appello che hanno
ritenuto comunque affidabili le dichiarazioni della teste Di Paolo valutando sia la
sicurezza mostrata da quest’ultima nel riconoscimento effettuato nel corso delle
indagini nell’immediatezza dei fatti, sia il tenore delle risposte fornite
nell’escussione nel corso del giudizio e a distanza di anni.
Né, infine, i rilievi concernenti la capacità dimostrativa della prova
possono formare, evidentemente, oggetto di sindacato nel giudizio di Cassazione
non rilevando in questa sede il merito della decisione ma solo la correttezza della
motivazione (v. Cass. Sez. V 24 maggio 2006 n. 36764).
4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la
ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di
denaro in favore della Cassa delle Ammende.
P.T.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 25 gennaio 2016.

formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla

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