Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8422 del 16/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8422 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TADDEI MICHELA N. IL 07/12/1978
avverso la sentenza n. 3553/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
06/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
2,0
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. e – , I ?tu_
che ha concluso per ___e k rrn Q, 1-vy-r

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 16/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1.Michela TADDEI ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze in data 6-7-2012,
che, confermando quella del Tribunale di Lucca del 2-12-2008, l’ha ritenuta responsabile del
reato continuato di cui all’art. 476 cod. pen. per avere, in qualità di portalettere, contraffatto la
firma del destinatario sugli avvisi di ricevimento di sei raccomandate dirette ad uno studio di
commercialisti di Lucca.

perizia grafologica, l’imputata, dovendo effettuare la consegna delle raccomandate in orario di
chiusura dello studio, le aveva lasciate fuori dal portone apponendo essa stessa la firma per
ricevimento del destinatario e restituendole al mittente, così evitando di tornare sul luogo per
la seconda volta.
3.Tale conclusione, già fondata sul rilievo che le firme del portalettere e quelle del destinatario
sugli avvisi di ricevimento apparivano opera della stessa mano, era confermata dall’esito della
perizia, secondo la quale le sottoscrizioni apposte nello spazio degli avvisi di ricevimento
riservato al destinatario erano riferibili alla Taddei, la quale aveva pure riconosciuto come
propria quella che figurava sotto l’indicazione ‘capo agenzia distributrice’ sull’avviso di
ricevimento terminante con le cifre …241, avendo anche ammesso di essere stata lei quel
giorno l’incaricata del recapito della posta.
4.Nel corso del giudizio di appello il perito, riconvocato, dichiarava che la parte iniziale della
firma riconosciuta dall’imputata, era agevolmente comparabile con le sigle presenti su tutti gli
altri avvisi e in particolare su quelli …242 e …243.
5. Il ricorso è articolato in tre motivi.
6.Con il primo si deduce omessa notifica del decreto di citazione all’imputata
in violazione degli artt. 601, comma 1, e 157, comma 8 bis, cod. proc. pen..
7.Con il secondo la ricorrente lamenta violazione di legge (artt. 476 cod. pen. e 597 codice di
rito) e vizio di motivazione per mancato esame della questione sollevata con l’atto di appello
relativa alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato: la corte del territorio, nel
concludere che la condotta dell’imputata era ascrivibile alla sua scelta di non tornare per la
seconda volta nello stesso posto, aveva ritenuto che il dolo fosse in re ipsa senza considerare
la possibilità di una semplice leggerezza della Taddei.
8. Il terzo motivo addebita alla sentenza vizio di motivazione in quanto il perito, che nella
relazione aveva affermato che le sei sigle apposte nello spazio riservato al destinatario erano
opera di una sola mano e precisamente di quella della Taddei sulla base del raffronto con firme
e scritte autografe dell’imputata, sentito a chiarimenti nel giudizio di appello -avendo
l’appellante osservato che era mancato il raffronto tra le firme del destinatario, quelle del capo
agenzia distributrice e quelle sulla distinta di recapito del portalettere-, aveva confermato che
le firme in contestazione erano della Taddei, osservando che quella sull’avviso di ricevimento
..241, nella zona riservata al capo agenzia distributrice, era stata riconosciuta come propria

2

2.Secondo la prospettazione accusatoria condivisa dai giudici di merito anche sulla base di

dall’imputata, trascurando che la paternità di tale firma non era in contestazione. Allo stesso
modo la corte fiorentina aveva motivato la non necessità di una nuova perizia relativamente
alle firme del capo agenzia distributrice, che non erano in contestazione. Comunque, sempre
secondo la ricorrente, la corte non aveva indicato le ragioni per le quali aveva ritenuto
condivisibile la perizia.

1. Il ricorso è infondato e va disatteso.
2. Il dedotto vizio della notifica all’imputata del decreto di citazione per il giudizio di
appello, integra una nullità che, ove sussistente (il che sembrerebbe smentito dal fatto
che i due difensori di fiducia risultano aver ricevuto una doppia notifica, la seconda delle
quali dopo che la Taddei era risultata irreperibile nel luogo di residenza, quindi,
all’evidenza, per la stessa), è a regime intermedio e doveva essere dedotta dinanzi alla
corte territoriale, il che non è avvenuto. Tale notifica non può infatti considerarsi
inesistente e quindi equiparabile ad una notificazione omessa, dovendo piuttosto
reputarsi idonea, in concreto, a determinare la conoscenza dell’atto da parte
dell’imputata in quanto la notificazione presso il difensore, salvo che risultino elementi
di fatto contrari, non è inidonea a determinare, in ragione del rapporto fiduciario, la
conoscenza effettiva del procedimento da parte dell’imputato, e nella specie il difensore
di fiducia, presente all’udienza, non aveva sollevato eccezioni (Cass. Sez. U 119/2004,
Cass. 45990/2007, 23658/2008).
3. E’ poi infondato il secondo motivo che investe la sussistenza dell’elemento psicologico
del reato. Ad escludere la possibilità di una semplice leggerezza dell’imputata, la corte
ha infatti valorizzato l’intento della stessa di non tornare per la seconda volta presso lo
studio di commercialisti trovato chiuso al momento della consegna delle raccomandate,
idoneo a dimostrare coscienza e volontarietà di falsificare la firma del destinatario, non
presente al primo accesso.
4. Del pari infondata la terza doglianza.
5. L’esame della questione dedotta deve muovere dal rilievo che, secondo quanto
riconosciuto dalla stessa ricorrente, il perito grafologo aveva concluso nel senso che le
sei sigle apposte nello spazio riservato al destinatario erano opera di una sola mano e
precisamente, sulla base del raffronto delle prime con firme e scritture autografe
dell’imputata, di quella della Taddei. Ciò è sufficiente a sorreggere l’affermazione di
penale responsabilità avendo quest’ultima ammesso di essere stata lei quel giorno
l’addetta alla consegna della posta e risultando che le raccomandate non erano state
consegnate nello studio del commercialista, ma lasciate fuori dal portone dell’edificio.

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

6. Il mancato raffronto, lamentato dalla ricorrente che aveva per questo sollecitato l’esame
a chiarimenti del perito nel giudizio di appello, tra le firme apparenti del destinatario,
quelle del capo agenzia distributrice e quelle sulla distinta di recapito del portalettere,
risulta superato dalla conferma da parte del perito stesso, in sede di audizione a
chiarimenti, che le firme in contestazione erano della Taddei, accompagnata dal rilievo,
evidenziato in sentenza, che quella presente per esteso sull’avviso di ricevimento ..241,
nella zona riservata al capo agenzia distributrice, riconosciuta come propria

compatibile) con le sigle presenti su tutti gli altri avvisi di ricevimento. Ciò non significa,
contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, che il perito abbia affermato che la firma
riconosciuta fosse tra quelle sospette di falsità, ma vale piuttosto a rimarcare la
superfluità del raffronto di cui sopra in quanto tale riconoscimento implica anche la
definitiva ammissione della prevenuta di essere stata lei la portalettere incaricata quel
giorno della consegna delle raccomandate con falsa firma del destinatario, recapitate
tutte nello stesso luogo e nella stessa data lasciandole fuori dal portone, quindi da
un’unica persona, da identificare nella Taddei, unica interessata alla falsificazione.
7.

Né è esatto che la corte fiorentina abbia motivato la non necessità di una nuova perizia
riferendosi alle firme del capo agenzia distributrice, che non erano in contestazione,
avendo piuttosto ritenuto inutile, per le ragioni di cui sopra, il raffronto di esse con
quelle del destinatario, attribuite dal perito all’imputata. Così come è infondato
l’addebito mosso alla sentenza di mancata indicazione delle ragioni per le quali era stato
condiviso l’esito della perizia, addebito non solo generico, ma che non tiene conto delle
ulteriori risultanze, sopra evidenziate, che avvalorano le conclusioni del perito.

8. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese.
P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 16-10-2013

dall’imputata, era nella sua parte iniziale agevolmente comparabile (o meglio

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