Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8418 del 16/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8418 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOMASI STEFANO N. IL 21/10/1976
avverso la sentenza n. 19/2010 TRIBUNALE di LECCE, del
12/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ..<7&t?,,h.As• Yrio che ha concluso per i tuttA.A4Audo uu.9k idit% 1041441)" AIL rht Udito, per la parte civile, l'Avv Uditi difensor Avv. a pes4Z luAL A& Data Udienza: 16/10/2013 RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Lecce, con sentenza del 12 giugno 2012, ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Lecce del 19 luglio 2010, che aveva condannato Tomasi Stefano per i delitti di lesioni personali e minacce in danno di 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando: a) una violazione della legge processuale, in particolare dell'articolo 82 cod.proc.pen., per essere stata pronunciata condanna alle maggiori spese in favore della parte civile pur in assenza del relativo difensore e della presentazione delle conclusioni; b) una motivazione illogica in merito all'ordinanza dibattimentale con la quale era stata rigettata la richiesta di prova testimoniale; c) una violazione di legge in merito all'utilizzabilità, ai fini della decisione, dell'annotazione di RG.; d) una motivazione illogica in merito al mancato proscioglimento per la sussistenza di una causa di giustificazione; e) una violazione di legge per l'accoglimento della richiesta risarcitoria della parte civile. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è parzialmente meritevole di accoglimento. 2. Con riferimento al primo motivo, è sufficiente rilevare che, se pur vera la circostanza che la parte civile non abbia partecipato al giudizio di appello e non abbia presentato le conclusioni scritte di cui all'articolo 523 cod.proc.pen., ciò non di meno non può ritenersi necessaria una specifica declaratoria sul punto in quanto, come questa Corte ha costantemente affermato, la mancata partecipazione al giudizio di appello della parte civile, per il principio dell'immanenza della costituzione, non può essere interpretata come revoca tacita o presunta di questa (v. Cass. Sez. VI 6 maggio 2003 n. 25723). La disposizione di cui all'articolo 82 cod.proc.pen., comma 2, vale, infatti, solo per il processo di primo grado quando, in mancanza di conclusioni, non si 1 Toraldo Stefano. forma il petitum sul quale il Giudice possa pronunciarsi, mentre invece, le conclusioni rassegnate in primo grado restano valide in ogni stato e grado del processo. Com'è noto, vige nel processo penale il principio c.d. di "immanenza" della costituzione di parte civile, normativamente previsto dall'articolo 76 cod.proc.pen., comma 2, secondo cui la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo. ritenersi presente nel processo anche se non compaia, che debba essere citata anche nei successivi gradi di giudizio (anche straordinari, come ad esempio nel giudizio di revisione) anche se non impugnante e che non occorra per ogni grado di giudizio un nuovo atto di costituzione. Parimenti l'immanenza rimane ferma anche nel caso di mutamento delle posizioni soggettive (per esempio, morte o raggiungimento della maggiore età) o di vicende inerenti la procura alle liti o la difesa tecnica (per esempio, l'abbandono della difesa). Corollario di questo principio generale è che l'immanenza viene meno soltanto nel caso di revoca espressa e che i casi di revoca implicita, previsti dell'articolo 82 cod.proc.pen., comma 2, nel caso di mancata presentazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado o di promozione dell'azione davanti al Giudice civile, non possano essere estesi al di fuori dei casi espressamente previsti dalla norma indicata (in questo senso v., per quanto riguarda la mancata presentazione delle conclusioni nel giudizio di appello, Cass. Sez. V 8 febbraio 2006 n. 12959). Nella specie, tuttavia, la parte civile pur sempre soggetto del processo per quanto dianzi espresso non ha affatto partecipato al grado di appello, come ricavabile dal consentito esame dei verbali delle udienze, per cui non avendo svolto attività difensiva di alcun tipo non può essere destinataria della rifusione di spese ed onorari per un'attività non svolta. L'impugnata sentenza, di converso, avendo provveduto alla suddetta liquidazione di spese mai effettuate deve essere annullata senza rinvio, con eliminazione della relativa quantificazione. 3. In diritto, con riferimento al secondo motivo, si osserva come l'articolo 507 cod.proc.pen. conferisca al Giudice un potere e non un dovere di integrazione probatoria. L'esercizio di tale potere presuppone, poi, la sussistenza dell'assoluta necessità del nuovo mezzo di prova e postula l'apprezzamento e la valutazione al 2 Da questo principio deriva che la parte civile, una volta costituita, debba riguardo da parte del Giudice, il quale, ove non eserciti tale potere, non è tenuto a darne espressamente conto, evincendosi implicitamente dall'effettuata valutazione, adeguata e logica, delle risultanze probatorie già acquisite la superfluità di una eventuale integrazione istruttoria (v. da ultimo, Cass. Sez. VI 16 febbraio 2010 n. 24430). L'iniziativa deve essere, pertanto, "assolutamente necessaria" (sia l'articolo 507 che il 603 del codice di rito per l'appello usano questa espressione) "assolutamente necessaria"), diversamente da quanto avviene nell'esercizio ordinario del potere dispositivo delle parti in cui si richiede soltanto che le prove siano ammissibili e rilevanti. Tutto ciò premesso in diritto e al di là della correttezza o meno della motivazione adoperata dal Giudice dell'appello per disattendere la richiesta defensionale quello che rileva, con assorbente considerazione, è che la difesa non si è affatto premurata di indicare la "decisività" della prova da assumere e tale da legittimare, in ipotesi, l'accoglimento della richiesta d'integrazione probatoria. Di converso nell'impugnata decisione si dà logicamente conto della superfluità dell'escussione del teste Solazzo Alessandra e si conferma la valutazione sul punto già espressa dal primo Giudice. 4. Il terzo motivo è addirittura pretestuoso perchè il consenso prestato dalle parti all'acquisizione dell'annotazione di servizio degli agenti operanti ha reso del tutto utilizzabile il contenuto della stessa, che è servito da mero riscontro delle dichiarazioni della parte offesa e dei testi Caramuscio e Perrone. 5. Con riferimento al quarto motivo, giova premettere, in punto di diritto, come ribadito costantemente da questa Corte (v. a partire da Sez. VI 15 marzo 2006 n. 10951 fino di recente a Sez. V 6 ottobre 2009 n. 44914), come pur dopo la nuova formulazione dell'articolo 606 cod.proc.pen., lett. e), novellato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, articolo 8, il sindacato del Giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato debba essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia: a) sia "effettiva" e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica; 3 e la prova deve avere carattere di decisività (altrimenti non sarebbe c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico. motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell'ennesimo Giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai Giudici di merito rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l'iter logico seguito dal Giudice per giungere alla decisione. Inoltre, in tema di ricorso per cassazione, quando ci si trova dinanzi a una "doppia pronuncia conforme" e cioè a una doppia pronuncia (in primo e in secondo grado) di eguale segno (vuoi di condanna, vuoi di assoluzione), l'eventuale vizio di travisamento può essere rilevato in sede di legittimità, ex articolo 606 cod.proc.pen., comma 1, lett. e), solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l'argomento probatorio asseritamente travisato sia stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (v. Cass. Sez. IV 10 febbraio 2009 n. 20395). In tema di sentenza penale di appello, non sussiste, poi, mancanza o vizio della motivazione allorquando i Giudici di secondo grado, in conseguenza della completezza e della correttezza dell'indagine svolta in primo grado, nonché della corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del discorso del primo giudice. Ed invero, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione (v. Cass. Sez. II 15 maggio 2008 n. 19947). 4 Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla La sentenza di merito non è tenuta, poi, a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, maggio 2011 n. 26660). Nella specie, questa volta in fatto e nei limiti del presente giudizio di legittimità di cui dianzi si è detto, deve osservarsi come l'impugnata sentenza abbia logicamente motivato come all'odierno ricorrente debbano essere concretamente ascritti i delitti di lesioni personali e di minacce in danno di Toraldo Stefano. Il giudicante ha correttamente applicato la costante giurisprudenza di legittimità sul punto secondo la quale le regole, dettate dall'articolo 192, comma terzo cod.proc.pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (v. da ultimo, Cass. Sez. Un. 19 luglio 2012 n. 41461). Il Giudice a quo ha motivato in merito alla credibilità soggettiva della dichiarante parte offesa nonché all'attendibilità intrinseca del racconto per cui ciò è sufficiente all'affermata penale responsabilità dell'imputato. Come dianzi espresso le suddette dichiarazioni sono state addirittura corroborate da ulteriori risultanze probatorie. Assorbente, ai fini dell'esclusione dell'esistenza di una non meglio indicata causa di giustificazione, è la circostanza di fatto evidenziata dai Giudici del merito circa l'attività di aggressione dell'imputato che vale ad escludere eventuali esimenti nascenti dalla necessità di difesa. 6. Quanto all'ultimo motivo si osserva che la condanna al risarcimento dei danni, nei confronti della parte civile pur sempre "immanente" al processo, è la logica conseguenza della conferma dell'impugnata decisione, con l'accertamento della penale responsabilità dell'imputato. 5 siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (v. Cass. Sez. IV 13 7. In definitiva, il ricorso è da accogliere soltanto con riferimento alle doglianze sollevate con il primo motivo mentre è da rigettare nel resto. P.T.M. La Corte, annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla condanna dell'imputato alla rifusione delle spese di parte civile nel giudizio di Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2013. appello, che elimina. Rigetta nel resto il ricorso.

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