Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8416 del 16/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8416 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PARISI MANLIO N. IL 24/06/1945
avverso la sentenza n. 30/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
08/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. &0
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che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 16/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza dell’8 novembre 2012, la Corte di Appello di

sentenza, emessa dalla Corte di Appello di Napoli 1’8 giugno 2000 a seguito di
annullamento con rinvio operato da questa Corte il 6 febbraio 1992 della
sentenza della Corte di Appello di Salerno del 10 aprile 1997, con la quale era
stato condannato per il delitto di falso ideologico in atto pubblico (articolo 479
cod.pen.) perchè, quale Sindaco del Comune di Palomonte e Presidente della
Commissione incaricata dell’assegnazione dei contributi per gli eventi sismici, ai
sensi della Legge 241/81, aveva attestato falsamente l’esistenza di un contrasto
tra una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del 14 aprile 1986 e l’atto di
notorietà 31 maggio 1988 resi da Casciano Donnino con ciò determinando la
mancata erogazione del chiesto contributo.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
a mezzo del proprio difensore, denunciando:
a) una manifesta illogicità della motivazione in merito alla valutazione
della nuova prova espressamente indicata nell’istanza di revisione sub lettera A
(documento 23 febbraio 1989 n. prot. 1084);
b) una violazione di legge per aver ritenuto non rientrante nei motivi di
revisione l’aver, il Giudice del rinvio, scambiato le spontanee dichiarazioni della
parte civile con una vera e propria testimonianza e aver basato su di essa
l’affermazione della colpevolezza;
c) una violazione di legge con particolare riferimento al diritto al giusto
processo (articolo 6 della Convenzione dei diritti umani e articoli 111 e 117
Costituzione) e alla difesa (articolo 24 Costituzione);
d) una violazione di legge per non aver considerato l’istanza di revisione
fornita del necessario carattere di novità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va rigettato.

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Roma ha rigettato la domanda di revisione proposta da Parisi Manlio avverso la

2. Deve, in primo luogo, evidenziarsi la peculiarità del giudizio a quo nel
quale la Corte territoriale ha unificato la fase relativa alla valutazione
dell’ammissibilità o meno dell’istanza di revisione e la fase di merito una volta
“implicitamente” ritenuta l’ammissibilità dell’istanza stessa.
In ogni caso, le Sezioni Unite di questa Corte (v. Cass. Sez. Un. 26
settembre 2001 n. 624 e di recente a Sezioni semplici Cass. Sez. IV 18 gennaio

cod.proc.pen. secondo la quale la Corte di appello dichiara d’ufficio, con
ordinanza, l’inammissibilità della relativa richiesta, qualora sia stata proposta
fuori delle ipotesi previste dagli articoli 629 e 630 cod.proc.pen. o senza
l’osservanza delle disposizioni contenute negli articoli 631, 632, 633 e 641
cod.proc.pen., ovvero risulti manifestamente infondata, non preclude l’adozione
della declaratoria, per i medesimi motivi, con la sentenza conclusiva del giudizio,
una volta che questo sia stato disposto”.
In motivazione, le stesse Sezioni Unite hanno ulteriormente precisato che
“nell’attuale sistema normativo, diversamente dal regime delineato nel sistema
del codice di rito abrogato, non è ravvisabile nel procedimento di revisione una
distinzione tra fase rescindente e fase rescissoria, non soltanto perché il giudizio
positivo circa l’ammissibilità della richiesta non comporta intervento di alcun tipo
sulla decisione denunciata, ma anche perché… la seriazione procedimentale
descritta dall’articolo 629 e segg. segnala l’esistenza di una progressione che sia pure attestata ai “casi” tassativamente previsti dall’articolo 630 – implica, ove
il giudizio di ammissibilità abbia esito positivo, una continuità tra i due momenti,
tale da incentrare nel giudizio di revisione stricto sensu inteso, il segmento
cruciale della procedura”.
È altrettanto vero, ai fini della validità del giudizio a quo, che le
disposizioni di legge relative alla citazione di tutte le parti interessate,
all’intervento delle stesse in dibattimento, alla indicazione dei relativi temi e alla
discussione della causa nel contraddittorio delle parti siano state puntualmente
rispettate, tanto che nessuna violazione di legge, in tali termini, è stata
prospettata.
3. Occorre, poi, chiarire come l’istituto della revisione non si configuri
come un’impugnazione tardiva, che permetta di dedurre in ogni tempo ciò che
nel processo, definitivamente concluso, non sia stato rilevato o non sia stato
dedotto, bensì costituisce un mezzo straordinario di impugnazione che consente,
in casi tassativi, di rimuovere gli effetti del giudicato, dando priorità alla esigenza
di giustizia sostanziale rispetto a quelle di certezza dei rapporti giuridici: da ciò
2

2011 n. 16111) hanno affermato che “la norma di cui all’articolo 634

deriva che l’efficacia risolutiva del giudicato non può avere come presupposto
una diversa valutazione del dedotto o un’inedita disamina del deducibile (il
giudicato, infatti, copre entrambi), bensì l’emergenza di nuovi elementi estranei
e diversi da quelli del definito processo.
Quando la richiesta di revisione sia stata formulata sulla base dell’asserita
esistenza di una prova nuova, il Giudice deve valutare non solo l’affidabilità della

sede di cognizione e deve stabilire se i nuovi elementi introdotti ed
effettivamente acquisiti siano in concreto idonei ad incidere in senso favorevole
alla prospettazione dell’istante sulla valutazione delle prove a suo tempo
raccolte.
I criteri di ragione in base ai quali svolgere valutazioni di affidabilità,
persuasività e congruenza, sia della fonte che del contenuto della prova, devono
penetrare in profondità nel giudizio di rivisitazione della vicenda processuale che
postula, tuttavia, la comparazione delle nuove prove con quelle su cui si fonda la
condanna irrevocabile, di cui occorre, quindi, identificare il tessuto logicogiuridico.
La comparazione non richiede soltanto il confronto di ogni singola prova
nuova, isolatamente presa, con quelle già esaminate, occorrendo, invece, che la
pluralità delle prove riconosciute nuove sia valutata anche unitariamente,
vagliandosi, in una prospettiva globale, l’attitudine dimostrativa di esse, da sole
o congiunte a quelle del precedente giudizio, rispetto al risultato finale del
proscioglimento.
In proposito, la giurisprudenza di questa Corte ha già precisato che, in
tema di revisione, anche nella fase rescindente, le nuove prove dedotte, sebbene
ai limitati fini della formulazione di un giudizio astratto, devono essere comparate
con quelle già raccolte nel normale giudizio di cognizione per giungere, in una
prospettiva complessiva, ad una valutazione sulla loro effettiva attitudine a far
dichiarare il proscioglimento o l’assoluzione dell’istante (v. Cass. Sez. IV 19
giugno 2007 n. 35697).
4. Tutto ciò premesso in diritto, nel caso di specie, questa volta in fatto e
con riferimento al primo motivo di ricorso, si osserva come l’impugnata sentenza
abbia logicamente motivato in merito all’insussistenza di efficacia decisiva, ai fini
del proscioglimento del condannato, del documento nuovo indicato sub lettera A)
(copia della richiesta dei fratelli Casciano in merito alla rettifica del P.R.G. del
Comune onde determinare l’accoglimento dell’istanza di contributi per il
terremoto).
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stessa, ma anche la sua persuasività e congruenza nel contesto già acquisito in

La Corte territoriale ha motivato, per escludere la natura decisiva della
evidenziata nuova prova, in merito alla mancata conoscenza da parte del
Sindaco, all’epoca della commissione del reato (18 gennaio 1990), degli
accadimenti relativi al Piano Regolatore, approvato il 12 gennaio 1988.
Ritiene questa Corte, però, che la suddetta conoscenza non sposti i
termini della questione posto che la falsa attestazione contestata all’imputato

parte civile (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà 14 aprile 1986 ed atto di
notorietà 31 maggio 1988) relativi all’uso abitativo dell’immobile di proprietà
Casciano.
Non si vede, in definitiva, quale efficacia scriminante rispetto alla
indicazione nel verbale della Commissione incaricata della erogazione dei
contributi post-terremoto di una falsa discordanza tra atti contenuti nella pratica
Casciano possa avere la richiesta di rettifica del Piano Regolatore e cioè la
indicata nuova prova.
5. Quanto al secondo motivo, correttamente la Corte di Appello di Roma
ha escluso rilevanza alcuna all’errore compiuto dalla Corte di Appello di Napoli in
sede di rinvio circa l’aver ritenuto le spontanee dichiarazioni della parte civile
come testimonianza vera e propria.
Quello che rileva è il contenuto dei fatti riportati, che l’odierno ricorrente
non contesta affatto, per cui il diverso nomen iuris dei fatti riferiti non può essere
considerato motivo di revisione posto che, da un lato, l’attendibilità della parte
civile è stata esaminata nel giudizio di cui si chiede la revisione e, d’altra parte,
non si versa in tema di prova nuova ai sensi dell’articolo 630 lettera c)
cod.proc. pen.
Vizi procedimentali del giudizio di merito, non eccepiti in tale fase,
neppure hanno diritto d’ingresso nel giudizio di revisione non costituendo
neppure, come correttamente affermato dalla Corte territoriale, ipotesi di falsità
in atti ai sensi dell’articolo 630 lettera d) cod.proc.pen.
6. Il terzo motivo si sostanzia nella mera elencazione di norme di rango
costituzionale, che non sono state violate nel giudizio di cui si discute in quanto
non è stata evidenziata alcuna concreta violazione del diritto alla difesa (inteso
sia come diritto al contraddittorio che come diritto alla manifestazione delle
proprie tesi defensionali e alla loro valutazione), né del diritto al giusto processo.
7. Il quarto e ultimo motivo appare del tutto inammissibile in quanto la
pretesa falsa testimonianza della parte civile in altro processo non ha

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attiene al preteso contrasto, in realtà non esistente, tra due atti provenienti dalla

collegamento diretto ed immediato, ai sensi dell’articolo 631 cod.proc.pen., con i
fatti di cui al giudizio di cui si chiede la revisione.
8. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato
al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute
nel presente giudizio dalla parte civile e liquidate come da dispositivo.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché alla rifusione delle spese di difesa della parte civile, che
liquida in euro 2.400,00 oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2013.

P. T. M.

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