Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8408 del 16/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8408 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PUCCETTA LOREDANA N. IL 18/09/1961
avverso la sentenza n. 1/2009 TRIBUNALE di PERUGIA, del
28/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
2_ 2Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Ud>„-r16r la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

2 Te, t■CTO P-1

L 70

Data Udienza: 16/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1.Loredana PUCCETTA, tramite l’avv. S. Tentori Montalto, ricorre avverso la sentenza in data
28-2-2012 con la quale il Tribunale di Perugia ne ha confermato l’affermazione di
responsabilità, di cui a sentenza 17-2-2009 del Giudice di pace di Castiglione del Lago, in
ordine al reato di ingiuria in danno di Giuseppe Pugliese.
2.La ricorrente articola quattro motivi.

22-4-2008, ritenuta legittima nel provvedimento impugnato, con la quale il giudice di primo
grado, dopo aver sentito il teste a difesa e preso atto che non erano stati citati quelli
dell’accusa, li aveva ammessi per la necessità di approfondire la situazione di fatto, in
violazione degli artt. 29 e 32 d.lgs. 274/2000, non avendo tra l’altro tenuto conto che il teste
sentito aveva escluso la pronuncia delle parole offensive.
4.Con il secondo motivo sono stati prospettati i vizi di cui alle lett. c, d dell’art. 606 citato. Da
un lato violazione dell’art. 190 codice di rito era dedotta in relazione al provvedimento, ritenuto
legittimo in secondo grado, con il quale il giudice di pace non aveva ammesso una serie di
prove documentali a discarico inerenti al contenzioso tra le parti relativo al diritto di passaggio
del Pugliese sulla proprietà dell’imputata e del marito; dall’altro mancata assunzione di prova
decisiva era lamentata per avere il tribunale negato la rinnovazione del dibattimento ai fini
dell’acquisizione della predetta documentazione nonostante la decisività della stessa che,
dimostrando il rigetto dell’azione possessoria proposta in sede civile dal Pugliese contro la
prevenuta, era idonea a comprovare la ricorrenza di un fatto ingiusto e quindi dell’esimente
della provocazione non riconosciuta dai giudici di merito.
5.La terza doglianza investe con le censure di violazione di legge e vizio di motivazione il
mancato riconoscimento dell’esimente di cui sopra e di quella della ritorsione non essendosi
tenuto conto che le ingiurie reciproche non sono punibili anche se uno dei due soggetti non ha
proposto querela.
6.Con il quarto motivo si assumono violazione degli artt. 82 comma 2 e 523 comma 2, codice
di rito, nonché vizio di motivazione in ordine alla condanna della Puccetta al risarcimento dei
danni, con liquidazione degli stessi, nonostante la mancanza di conclusioni della parte civile
che aveva chiesto soltanto la condanna dell’imputata alla pena di legge. In subordine si rileva
che, anche a ritenere l’esistenza di conclusioni in senso tecnico della parte civile, il danno non
avrebbe potuto essere liquidato per mancata determinazione dell’ammontare dello stesso da
parte del Pugliese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va disatteso.

2

3.11 primo investe (deducendo i vizi sub lett. c ed e dell’art. 606 cod proc. pen.) l’ordinanza

2. Quanto alle violazioni di legge dedotte con il primo motivo, premesso che, come risulta
dall’accesso agli atti consentito dalla natura delle doglianze, il giudice di pace, all’udienza del
16-10-2007, vista la mancata citazione di tutti i testi -uno solo dei quali presente-, ne aveva
autorizzato la citazione per l’udienza successiva, alla quale gli stessi erano comparsi ed erano
stati sentiti, si osserva che è assorbente il rilievo, al di là delle considerazioni espresse nella
sentenza impugnata, che la difesa dell’imputata nulla aveva obiettato a tale provvedimento, né
si era opposta all’assunzione delle testimonianze all’udienza del 22-4-2008, con ciò

3. Neppure va trascurato che la decadenza delle parti dalle prove non preclude al giudice
l’esercizio del potere officioso di integrazione probatoria in dibattimento, previsto dall’art. 507
cod. proc. pen., previsione che trova applicazione anche nel procedimento dinanzi al giudice di
pace (Cass. 21232/2009).
La giurisprudenza è concorde nel ritenere che il giudice ha anzi il dovere di ricorrere al proprio
potere di disporre l’acquisizione, anche d’ufficio, di mezzi di prova qualora ciò sia
indispensabile, come nel caso in esame, per rendere la decisione (Cass. Sez. U 41281/2006,
Cass. 20306/2011, Cass. 25157/2010).
4. Il terzo motivo esige trattazione prioritaria rispetto al secondo. Il collegio ritiene condivisibile
l’assunto del tribunale per il quale la natura, le caratteristiche e le modalità della controversia
civile tra le parti sono inidonee a costituire fatto ingiusto o offesa reciproca tali da giustificare il
riconoscimento delle relative esimenti della provocazione e della ritorsione, anche
considerando l’ampia accezione del concetto di fatto ingiusto consolidata in giurisprudenza. Ciò
perché l’esercizio di un diritto, quale quello di adire il giudice civile, può integrare fatto ingiusto
solo se si svolga con modalità le quali, alla stregua del costume sociale e delle regole della
civile convivenza, siano vessatorie o sconvenienti oppure rappresentino espressione di
iattanza, dispetto, rivalsa (Cass. 40256/2008), il che non può dirsi avvenuto nel caso di specie.
5. E’ conseguentemente infondato anche il secondo motivo in quanto, alla stregua di quanto
appena rilevato, è da escludere il carattere decisivo delle prove documentali relative alla
controversia civile di cui sopra, non ammesse in primo grado e oggetto del diniego di
rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in secondo grado.
6. Con ampia e condivisibile motivazione, corredata da numerosi richiami agli approdi
giurisprudenziali sul tema, il tribunale ha poi spiegato le ragioni per le quali non ricorreva
revoca tacita della costituzione di parte civile, evidenziando che

ciò che conta è che

quest’ultima presenti le proprie conclusioni e richieste, nella specie formulate nel ricorso ex art.
21 d.lgs. 274/2004, a fronte delle quali le conclusioni ad esito del dibattimento, sia pure
limitate all’affermazione della penale responsabilità della Puccetta e alla sua condanna alle
pena di legge, confermavano la persistenza della presenza e dell’interesse della P.C. nel
procedimento consentendo di escludere la ricorrenza di una delle ipotesi di revoca tacita della
costituzione. Argomenti non contrastati dalle doglianze prospettate con il quarto motivo di
ricorso che reiterano censure già proposte e motivatamente disattese.
3

manifestando acquiescenza alla decisione del giudice.

7. Infondata è pure la questione, dedotta in subordine nell’ambito del medesimo motivo,
secondo la quale la condanna al risarcimento non avrebbe potuto comunque comprendere la
liquidazione del danno in assenza di determinazione dell’ammontare dello stesso da parte del
Pugliese. Per quanto, infatti, la richiesta formulata fosse priva di indicazioni circa il quantum,
ciò non precludeva la liquidazione in via equitativa del danno non patrimoniale.
8. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 16.10.2013

Il consigliere estensore
U0.0- 1,n -JLit/

Il Presidente

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P. Q. M.

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