Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8404 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8404 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CORTI LEONARDO N. IL 19/08/1946
avverso la sentenza n. 11438/2008 CORTE APPELLO di TORINO, del
12/10/2012
visti gli atti, la sentenza e Vricors4
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. A-,
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che ha concluso per

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Data Udienza: 03/10/2013

Ritenuto in fatto
1. Per quanto ancora rileva, la Corte d’appello di Torino, in parziale riforma della decisione di
primo grado, ha condannato alla pena ritenuta di giustizia Leonardo Corti, avendolo ritenuto
responsabile del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per avere distratto alcuni beni
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2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti
motivi.
2.1. Con il primo motivo, articolato in tre censure, si lamenta inosservanza di norme

La prima articolazione concerne il fatto che la sentenza impugnata non reca il numero del
registro sentenze.
La seconda articolazione investe la decisione della Corte territoriale di non sospendere il
dibattimento, la presenza di impugnazione awerso la sentenza dichiarativa di
fallimento.
Con la terza articolazione si lamenta la irritualità e la nullità dell’ordinanza di riunione tra il
procedimento principale (R.G.T. 1066/2005) e il procedimento satellite (R.G.T. 260/2007 —
1547/2005), emessa nonostante il contrario principio dell’unitarietà della bancarotta, che non
avrebbe consentito un secondo giudizio per il medesimo fatto, e nonostante la differente
fase processuale in cui si trovavano i procedimenti, con conseguente violazione dell’art. 17 e
dell’art. 517 cod. proc. pen. Inoltre, il ricorrente sottolinea i profili di incompatibilità
scaturenti dal fatto che il Collegio chiamato ad espletare l’istruttoria del processo riunito
aveva già assunto le prove nel processo principale.
2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali.
In particolare, si rileva che i beni la cui sottrazione era stata attribuita al ricorrente si
trovavano nella disponibilità di altro soggetto, resosi acquirente dei locali aziendali
nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare in danno del Corti, come dimostrato da
un atto transattivo concluso dall’aggiudicatario con la curatela fallimentare. D’altra parte,
proprio l’intervenuta transazione rivelava l’assenza di danno per i creditori.
Il ricorrente ha aggiunto che la sentenza impugnata non aveva individuato i beni dei quali si
trattava, posto che, a parte quelli oggetto dell’accordo transattivo, residuavano solo i beni
che l’aggiudicatario aveva ceduto ad un terzo, il quale aveva poi riferito di averli buttati.
3. È stato proposto ricorso per cassazione anche dall’imputato, con il quale si lamentano vizi
motivazionali, attraverso una prospettazione analoga al secondo motivo del ricorso proposto
dal difensore.

Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. Con riguardo alla prima articolazione, è appena il caso di notare che la mancata
indicazione del numero di registro sentenze non è previsto come causa di nullità (art. 177

1

processuali.

cod. proc. pen.) e non ha arrecato alcuna lesione al diritto di difesa, dal momento che la
decisione resta individuabile anche in difetto di tale elemento.
1.2. La seconda articolazione del primo motivo è infondata, in quanto, in presenza di
opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, il giudice penale dispone del potere di
sospendere il dibattimento, ma solo ove ricorrano le condizioni di cui all’art. 479 cod. proc.
pen., nella specie neppur dedotte a sostegno della doglianza (Sez. U, n. 19601 del
28/02/2008, Niccoli, Rv. 239399). A ciò deve aggiungersi che il ricorrente, interessato ad
ottenere un sindacato sullo scorretto esercizio del potere di sospensione del dibattimento,

procedimento di opposizione (o di reclamo) fosse ancora pendente.
1.3. Anche la terza articolazione del primo motivo è infondata, in quanto è inoppugnabile il
provvedimento di riunione o di separazione dei procedimenti (Sez. 1, n. 42990 del
18/09/2008, Montalto e altri, Rv. 241822). Al riguardo, va ribadito che il prowedimento con
cui il giudice dispone la riunione dei procedimenti ha carattere meramente ordinatorio e
discrezionale in quanto attiene alla distribuzione interna dei processi ed all’economia dei
giudizi e, come tale, non è impugnabile con ricorso per cassazione, salvo che non sia
derivata una violazione delle norme concernenti gli effetti della connessione sulla
competenza (Sez. 5, n. 26064 del 09/06/2005, Colonna, Rv. 231915).
Per completezza, deve aggiungersi che la riunione si colloca su un piano diverso dalla
contestazione del fatto nuovo (si veda il principio affermato da Sez. 5, n. 4551 del
02/12/2010 – dep. 08/02/2011, Mei, Rv. 249262), non contrasta con il cd. principio di
unitarietà della bancarotta, che, in realtà, esprime, in termini sintetici, la scelta del
legislatore di unificare quoad poenam ,r2ti fatti-reato autonomi e non sovrapponibili tra loro,
facendo ricorso alla categoria teorica della circostanza aggravante (Sez. U, n. 21039 del
27/01/2011, Loy, Rv. 249665) e soprattutto non pone, nel caso di specie, alcun problema di
invalidità della sentenza per incompatibilità del giudice, per l’assorbente ragione che persino
l’effettiva esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen., non incidendo sulla
capacità del giudice, non determina la nullità del prowedimento adottato ma costituisce
esclusivamente motivo di ricusazione, che deve essere fatto valere tempestivamente con la
procedura di cui all’art. 37 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 13593 del 12/03/2010, Bonaventura,
Rv. 246716).
2. Il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse dell’imputato (la cui prospettazione,
come detto, è analoga a quella del ricorso proposto direttamente da quest’ultimo) è
infondato, in quanto la sentenza impugnata ha correttamente individuato l’ipotesi di
distrazione con riguardo ai beni mobili trasportabili rimasti nei locali dei quali il terzo si era
reso aggiudicatario e che, su indicazione dell’imputato, erano stati non restituiti alla curatela,
come doveroso, ma trasportati in locali di altro soggetto (tale Giordano Zanon). Tale
condotta esprime certamente una distrazione, quale che sia stata poi la destinazione
impressa a tali beni, successivamente, dal depositarlo.

2

neppur deduce e prova che al momento della decisione della Corte territoriale il

3. Alla pronuncia di rigetto consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 03/10/2013

Il Presidente

Il Componente estensore

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