Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8400 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8400 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRAPANI SEBASTIANO N. IL 12/02/1952
avverso la sentenza n. 680/2010 CORTE APPELLO di PALERMO, del
02/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale in persona del ott.
ItUQ Pt
che ha concluso per

Udito per la parte civile, l’Avv

CLE
Uditi difensor Avv.

n E ‘kr T I

Data Udienza: 03/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 2-2-2012 la Corte d’Appello di Palermo, confermando quella del Gup
del tribunale della stessa sede, riconosceva la responsabilità di Sebastiano TRAPANI,
quale amministratore della Impre.se.t srl dichiarata fallita il 17-4-2007, per il reato di
bancarotta fraudolenta impropria per dissipazione della propria azienda, in parte
ceduta, con relative attrezzature e macchinari, con atto 30-12-2004, alla Biella Lavori

euro a fronte di un valore reale di oltre 51mila euro circa.
2. L’imputato ricorre per cassazione tramite il difensore avv. M. Clementi con due motivi.
3. Con il primo deduce violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 223 legge fall.;
illogicità della motivazione per travisamento del contenuto della scrittura privata
autenticata di cessione di ramo d’azienda e in ordine al giudizio di non congruità del
prezzo di cessione delle attrezzature documentata da fattura; violazione dell’art. 546
cod. proc. pen. per carenza di motivazione circa le risultanze del verbale di s.i.t. del
curatore fallimentare.
4. Secondo il ricorrente, la cessione del ramo d’azienda, che secondo i giudici di merito
aveva ad oggetto anche veicoli ed attrezzature, era esclusivamente finalizzato a
trasferire il requisito per l’inserimento nel regime degli appalti pubblici e da essa erano
esplicitamente esclusi i beni mobili registrati (come da testo della scrittura allegato al
ricorso), ceduti successivamente come da fattura di cui anche la sentenza dava atto,
donde il dedotto travisamento.
5. Inoltre la corte territoriale non aveva tenuto conto delle dichiarazioni del curatore, pure
allegate al ricorso, da cui risultava l’assenza di atti di distrazione.
6. Con ulteriore doglianza si deducesa: violazione di legge in ordine alla configurazione
dell’elemento soggettivo del reato e all’applicazione delle norme relative alla revocatoria
fallimentare ed ordinaria in quanto il dolo, a fronte di un considerevole lasso di tempo
tra l’operazione e la dichiarazione di fallimento (due anni e alcuni mesi), era stato
desunto soltanto dalla circostanza che pochi mesi dopo il Trapani era divenuto
amministratore della società cessionaria dell’azienda, la quale, per quanto sopra, non
aveva conseguito dalla cessione alcun indebito vantaggio, mentre erroneamente non
erano state esperite azioni revocatorie per ritenuto decorso dei termini, e comunque,
mentre il recupero a seguito di revocatoria del bene distratto non incide sulla
sussistenza dell’elemento materiale del reato, tuttavia, secondo il ricorrente,
l’esperibilità di tale rimedio elide l’elemento soggettivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

srl, di cui dopo pochi mesi era diventato amministratore, per il corrispettivo di 15mila

1. Il primo motivo, nei plurimi profili di censura prospettati, si pone ai limiti
dell’a mm issi bilità.
2. Il ricorrente, sotto l’apparente deduzione dei vizi di violazione di legge e travisamento
della prova, critica in realtà la valutazione da parte dei giudici di merito del compendio
probatorio. Invero, a fronte dei due dati contrastanti contenuti nella scrittura di
compravendita di ramo d’azienda, allegata al ricorso, e cioè da un lato l’affermazione
che la cessione comprendeva l’intero complesso di beni costituente il ramo d’azienda

ivi compresi attrezzature ed autoveicoli come da allegato A al contratto, esclusi solo
debiti e crediti aziendali, dall’altro la dichiarazione dei firmatari, ai soli fini della
trascrizione dell’atto, che nel ramo d’azienda non erano compresi beni immobili o mobili
registrati, i giudici di primo e secondo grado, superando l’apparente contrasto e
valorizzando il primo dato, essendo il secondo finalizzato soltanto alla trascrizione,
hanno proceduto, com’era loro compito, all’interpretazione dell’atto giungendo alla
motivata conclusione che la cessione comprendeva, come parte integrante del ramo
d’azienda, i veicoli e le attrezzature elencati nell’allegato A al contratto. Allegato sulla
cui rilevanza, come del resto su quella dell’inesistenza di un contratto relativo al
trasferimento dei soli autoveicoli ed attrezzature -cui si riferirebbe la fattura
successivamente emessa da Impre.se.t.- il ricorrente ha omesso qualsiasi replica,
essendo per questo ravvisabile anche aspecificità del motivo in esame.
3.

E’ poi manifestamente infondata la censura di omessa considerazione delle dichiarazioni
del curatore, pure allegate al ricorso, da cui risulterebbe l’assenza di atti di distrazione,
avendo per contro il curatore, dopo aver dichiarato che non erano individuabili specifici
atti distrattivi, tenuto a precisare che la società poi fallita aveva, con l’atto di cessione
in argomento, trasferito a terzi ogni attivo diventando inoperativa anche nel ramo
privato, con ciò all’evidenza rimettendo ad altri la valutazione della rilevanza penale di
quell’operazione, senza peraltro escluderla.

4.

Il secondo motivo è sfornito di fondamento. Premesso che l’esperibilità di azioni
revocatorie in ordine ad operazioni distrattive non esercita alcuna influenza
sull’elemento materiale della bancarotta patrimoniale già consumata, non è dato
davvero comprendere perché tale esperibilità dovrebbe incidere, né il ricorrente lo
precisa, sulla sussistenza del dolo della bancarotta che è quello generico per la cui
sussistenza è sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una
destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte, nella specie
dimostrata dalla cessione sottocosto da parte dell’imputato di tutte le risorse della
società, che aveva quindi dovuto cessare di operare, mentre egli, abbandonando la
Impre.se.t. al suo destino fallimentare, era divenuto amministratore della società
cessionaria che si era avvantaggiata dell’acquisto a prezzo vile dell’azienda della stessa
Impre.se.t..

3

‘settore lavori pubblici’ della Impre.se.t., e quindi tutti gli elementi costituenti lo stesso,

5. Poco conta che il fallimento sia stato dichiarato circa due anni dopo, sia perché sulla
data dell’accertamento giudiziale dell’insolvenza possono influire i più vari fattori, sia
perché il reato non esige né la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né
lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ma solo, come già ricordato, quello di dare a
componenti del patrimonio dell’impresa una destinazione diversa da quella di garanzia
del ceto creditorio (Cass. 3229/2012, 11633/2012, 11899/2010), come
indiscutibilmente è avvenuto nella specie.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 3-10-2013

Il consigliere est.

Il Presidente

6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese.

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