Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8398 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8398 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SILLETTI VITO NICOLA N. IL 08/02/1960
DINIELLI LUCIA ELVIRA MARIA N. IL 30/06/1959
avverso la sentenza n. 2313/2010 CORTE APPELLO di BARI, del
06/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso e. wv4.^~ 1- A.4S) t-LC i
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. A- vt r■3 v■ P
che ha concluso per D. eihvo o
n •

Data Udienza: 03/10/2013

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 06/12/2011 la Corte d’appello di Bari ha confermato la decisione di
primo grado, che aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento in favore
delle costituite parti civili: a) Nicola Silletti, in relazione al reato di cui agli artt. 52, 55, 590
cod. pen., perché, ritenendo erroneamente di essere in procinto di subire un’aggressione
armata da parte di Albino Gentile, aveva sottratto l’accetta a quest’ultimo, cagionandogli
colposamente lesioni personali alla mano sinistra e al fianco sinistro; b) Lucia Elvira Maria
Dinielli, in relazione al reato di cui all’art. 582 cod. pen., per avere aggredito, in occasione

borsone sul viso, cagionandole lesioni.
La Corte territoriale ha ritenuto: a) quanto al Silletti che egli non si fosse limitato a sottrarre
l’ascia all’antagonista, ma avesse poi preso a colpirlo, con l’intento di procurare lesioni,
talché era configurabile l’eccesso colposo in legittima difesa; b) quanto alla Dinielli, che la
sua reazione, forse scaturita anche da esigenze difensive, era stata comunque del tutto
sproporzionata all’aggressione, come dimostrato dalla comparazione tra gli esiti sulle due
donne della colluttazione.
2. Nell’interesse del Silletti e della Dinielli è stato depositato ricorso per cassazione, affidato
ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo proposto nell’interesse del Silletti, si lamentano inosservanza o
erronea applicazione degli artt. 52 e 55 cod. pen., nonché vizi motivazionali.
In particolare, il ricorrente rileva che l’affermazione della Corte territoriale, secondo la quale
egli “non era in procinto di subire un’aggressione armata dal Gentile”, si pone in contrasto
con il fatto che quest’ultimo era stato condannato con decreto penale non opposto per il
reato di cui all’art. 612, comma secondo, cod. pen., per avere minacciato, nello stesso
contesto, con un’accetta il primo.
2.2. Con il secondo motivo proposto nell’interesse del Silletti, si lamenta mancanza di
motivazione, per avere la sentenza impugnata omesso di dare conto della deposizione del
teste Francesco Dinielli, il quale aveva riferito in ordine al fatto che il Gentile aveva
minacciato il Silletti, una prima volta in prossimità dell’ingresso del portone condominiale e,
pochi minuti dopo, all’interno del garage. Il Dinielli aveva anche descritto lo stato di
agitazione dell’imputato subito dopo avere disarmato il suo aggressore e aveva ricordato la
frase pronunciata dal primo (“che fai? Sei impazzito? Ma che vuoi, mi vuoi ammazzare”), la
quale rivelava la convinzione di essere stato esposto al concreto pericolo di un’aggressione
armata.
2.3. Con il terzo motivo proposto nell’interesse del Silletti, si lamenta mancanza di
motivazione in ordine alla compatibilità delle lesioni di natura meramente contusiva riportate
dal Gentile rispetto alle dichiarazioni di quest’ultimo, che assumeva di essere stato colpito
con l’ascia.

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dell’episodio di cui al precedente capo, Francesca Fiore, colpendola ripetutamente con un

2.4. Con il quarto motivo proposto nell’interesse del Silletti, si lamentano inosservanza o
erronea applicazione dell’art. 530, comma terzo, cod. proc. pen., nonché contraddittorietà
della motivazione, per avere la Corte, per un verso, affermato che il Silletti avrebbe con
colpa erroneamente valutato la situazione di pericolo e, per altro verso, riconosciuto che il
primo probabilmente era stato intimorito per via dell’ascia tenuta in mano dal Gentile.
2.5. Con il primo motivo proposto nell’interesse della Dinielli si lamentano inosservanza o
erronea applicazione dell’art. 52 cod. pen., nonché mancanza di motivazione.
In particolare, si rileva che la sentenza impugnata ha trascurato di considerare le deposizioni

ricorrente, dopo avere assistito alla duplice minaccia armata posta in essere dal Gentile in
danno del marito Silletti, aveva visto la parte civile Fiore avanzare velocemente verso di lei
con un oggetto in mano, forse una telecamera, e si era preoccupata di difendere il viso e gli
occhiali da vista.
2.6. Con il secondo motivo proposto nell’interesse della Dinielli si lamentano inosservanza o
erronea applicazione dell’art. 530, comma terzo, cod. proc. pen., nonché contraddittorietà
della motivazione, per avere la Corte, ritenuto che la Dinielli “più che una difesa di se stessa”
avesse operato “una vera e propria aggressione (forse, anche in difesa) ai danni” della parte
civile.
3. È stata depositata memoria contenente motivi nuovi nell’interesse dei ricorrenti.
3.1. In essa, oltre a sviluppare le argomentazioni già illustrate nel ricorso, si sottolinea, con
riferimento alla posizione del Silletti, la contraddittorietà della motivazione della sentenza
della Corte territoriale, la quale, per un verso, recepisce la ricostruzione dei fatti operata dal
primo giudice, secondo il quale le lesioni furono procurate dal Silletti al Gentile, prima di
riuscire ad impossessarsi dell’arma impugnata dal secondo, e, per altro verso, afferma che il
Silletti non si limitò a sottrarre l’ascia al Gentile, ma prese a colpirlo con l’arma, con l’intento
di provocare lesioni.
3.2. Con riferimento alla posizione della Dinielli, si rileva che l’esclusione della legittima
difesa è stata motivata dalla Corte d’appello, comparando le lesioni sofferte dalla Fiore con la
situazione dell’imputata, laddove la valutazione della proporzione tra l’offesa e la difesa va
operata ex ante, raffrontando sia i mezzi usati e quelli a disposizione dell’aggredito sia i beni
giuridici in conflitto.
Considerato in diritto
1. Il primo, il secondo e il quarto motivo del ricorso proposto nell’interesse del Silletti e il
motivo nuovo contenuto nella memoria depositata nell’interesse del medesimo ricorrente,
esaminabili congiuntamente attesa la loro stretta connessione logica, sono infondati.
Occorre premettere che non è ravvisabile alcuna contraddizione nella motivazione della
sentenza impugnata, la quale ha affermato di condividere la decisione assunta dal giudice di
primo grado, ma ne ha anche espressamente integrato la motivazione.

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testimoniali di Francesco Dinielli e di Angela Ventura, i quali avevano riferito che la

In questa prospettiva, s’intende la puntualizzazione secondo cui l’imputato, dopo avere
sottratto l’ascia dalle mani dell’antagonista, aveva preso a colpirlo con l’intento di provocare
lesioni.
Le deposizioni testimoniali valorizzate dal ricorrente e la stessa condanna del Gentile per il
delitto di minaccia non alterano l’impianto motivazionale della sentenza impugnata, la quale
non ha ritenuto che il Silletti avesse erroneamente ritenuto di essere in procinto di subire
un’aggressione, ma ha preso le mosse — come già la sentenza di primo grado — dal contrario
presupposto che l’aggressione intervenne. E ciò è dimostrato proprio dal fatto che il Silletti è

Pertanto, a fronte dell’affermazione della Corte territoriale, secondo cui il Silletti non può
essere ritenuto esente da responsabilità, avendo ecceduto nella reazione all’azione del
Gentile, non colgono nel segno le critiche che insistono sulla dimostrazione dell’aggressione
di quest’ultimo.
2. Inammissibile è il terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse del Silletti, dal momento
che la motivazione della Corte territoriale non palesa alcuna manifesta illogicità, in quanto le
lesioni contusive sofferte dal Gentile sono ben compatibili con l’impiego delle parti dell’arma
diverse dalla lama.
3. I due motivi del ricorso e il motivo contenuto nella memoria depositata nell’interesse della
della Dinielli, esaminabili congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.
Anche in questo caso, le critiche non colgono il significato della motivazione, la quale, pur
muovendo, sia pure in termini dubbiosi, dalla possibilità che l’imputata possa aver avvertito
inizialmente l’esigenza di doversi difendere dalla Fiore, ha ritenuto, alla luce delle lesioni
sofferte da quest’ultima, che la prima avesse avuto una reazione assolutamente
sproporzionata.
Al riguardo, va ribadito che l’eccesso colposo sottintende i presupposti della scriminante con
il superamento dei limiti a quest’ultima collegati, sicché, per stabilire se nel fatto si siano
ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima accertare la
inadeguatezza della reazione difensiva, per l’eccesso nell’uso dei mezzi a disposizione
dell’aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con valutazione ex ante, e occorre
poi procedere ad un’ulteriore differenziazione tra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed
eccesso consapevole e volontario, dato che solo il primo rientra nello schema dell’eccesso
colposo delineato dall’art. 55 cod. pen., mentre il secondo consiste in una scelta volontaria,
la quale comporta il superamento doloso degli schemi della scriminante (Sez. 1, n. 45425 del
25/10/2005, Bollardi, Rv. 233352).
Nella specie, la Corte territoriale, cui era demandato siffatto accertamento tipicamente di
merito (Sez. 1, n. 13370 del 05/03/2013, R., Rv. 255268), ha ragionevolmente tratto sia
dalle circostanze che emergono dalle stesse deposizioni valorizzate dalla ricorrente (il fatto
che la Fiore le si stesse awicinando con una telecamera) sia dall’evidente e sproporzionato
divario delle conseguenze riportate (certo incompatibili con la mera prospettata esigenza di

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stato condannato per eccesso colposo rispetto ai limiti della legittima difesa.

parare dei colpi altrui, proteggendosi con una borsa), la conclusione, non manifestamente
illogica, che la reazione dell’imputata ha rappresentato una scelta volontaria, in cui l’azione
della Fiore degrada a mera occasione della condotta illecita.
4. Alla pronuncia di rigetto consegue exart. 616 cod. proc. pen, la condanna di ciascuno dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Il Componente estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma il 03/10/2013

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