Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8397 del 02/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8397 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIUFFRIDA ANDREA N. IL 12/05/1957
GIUFFRIDA ANNALISA N. IL 15/08/1980
avverso la sentenza n. 8/2012 TRIBUNALE di CATANIA, del
26/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO

Udito, per la arte civile, l’Avv

Data Udienza: 02/10/2013

udito il PG in persona del sost.proc.gen. dott. G. Izzo, il quale ha concluso chiedendo
annullamento senza rinvio limitatamente alla condanna penale,
udito il difensore avv. R. Moroni in sost.ne avv. P. Armellini che si è riportato al ricorso.

1. Il tribunale di Catania, in funzione di giudice di appello, con la sentenza di cui in
epigrafe, decidendo su impugnazione della costituita parte civile (Pagliaro Maria), ha riformato
la sentenza del giudice di pace di quella stessa città e ha condannato gli imputati Giuffrida
Andrea e Annalisa alla pena di euro 520 di multa, ritenuta la continuazione, perché ritenuti
colpevoli dei reati di cui agli articoli 110, 594 e 110, 612 cp. Il medesimo giudice ha anche
liquidato a favore della Pagliaro in via equitativa il danno nella misura di euro 300 per ciascuno
degli imputati. Infine il tribunale ha condannato gli imputati anche al rimborso delle spese
sostenute dalle parti civili.
2.Ricorrono per cassazione direttamente gli imputati e, con la prima censura, deducono
inosservanza di norme processuali, in quanto, in assenza di impugnazione da parte del
pubblico ministero, il giudice di secondo grado non poteva pronunciare condanna penale, ma
doveva limitarsi alle sole statuizioni civili.
3. Con la seconda censura, deducono mancata assunzione o considerazione di prove
decisive con violazione dell’articolo 192 cpp, atteso che gli attuali imputati sono in realtà
persone offese in procedimento a carico di Pagliaro Maria e Santa, procedimento che è iniziato
parallelamente a quello per il quale è proposto ricorso per cassazione, ma che non si è ancora
concluso. Tanto premesso, il giudice di secondo grado, con un ragionamento contorto, ha
valutato le prove acquisite nel dibattimento di primo grado ed è giunto a conclusione erronea.
4. Con la terza censura, deducono mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della
motivazione della sentenza di secondo grado, in quanto il tribunale di Catania non ha
correttamente inteso l’iter logico-giuridico seguito dal giudice di primo grado. Le dichiarazioni
della persona offesa, devono comunque essere sottoposte ad adeguato vaglio. Il giudice di
appello ha innanzitutto errato nel ricostruire i gradi di parentela e affinità tra i protagonisti
della vicenda. Si trattava dunque di un errore di individuazione. Il tribunale poi ha ritenuto che
le dichiarazioni di Pagliaro Maria fossero riscontrate da quelle della sorella Pagliaro Santa,
erroneamente ritenuta teste indifferente, per il solo motivo che non si era costituita parte
civile. In realtà costei, come anticipato, è imputata di reati in danno dei Giuffrida e dunque ha
un preciso interesse processuale alla conclusione del processo a carico dei predetti in senso al
loro sfavorevole.
5. Con la quarta censura, deducono la prescrizione dei reati.
6. Con ulteriore censura, deducono violazione di legge perché la liquidazione del preteso
danno è stata fatta ultra petitum, vale a dire ricorrendo a un criterio equitativo che non era
stato invocato dalle persone offese. Erroneamente poi gli imputati sono stati condannati al
rimborso delle spese sostenute dalla parte civile.
7. Infine, ai sensi dell’articolo 612 cpp, le ricorrenti chiedono la sospensione
dell’esecuzione dell’impugnata sentenza di secondo grado per quel che riguarda la liquidazione
del danno in considerazione del fatto che Giuffrida Andrea è soggetto cardiopatico e privo di
mezzi di sostentamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La prima censura è fondata e merita accoglimento. Per quanto si legge nella stessa
sentenza di secondo grado, l’impugnazione contro la sentenza assolutoria fu proposta solo
dalla parte civile. Conseguentemente il giudice di appello non poteva pronunziarsi anche in
merito alla responsabilità penale.
La considerazione sopra svolta rende irrilevante la quarta censura (prescrizione dei reati).

RITENUTO IN FATTO

La sentenza impugnata va dunque certamente annullata senza rinvio per quel che riguarda le
sanzioni penali.
2. Le altre censure sono infondate ovvero inammissibili.

4. La terza censura è infondata, atteso che il giudice di secondo grado ha ritenuto che le
dichiarazioni della parte civile fossero adeguatamente riscontrate da quelle della sorella
Pagliaro Santa, egualmente vittima delle intemperanze verbali degli imputati e tuttavia non
costituitasi parte civile. Il tribunale ha fatto rilevare che, solo Santa risulta aver assistito a
tutte le fasi dell’alterco; i testi a discarico degli imputati, viceversa, per loro stessa
ammissione, sono stati presenti solo a parte dello scontro verbale tra i protagonisti della
vicenda. Il fatto che penda procedimento penale a carico delle due Pagliaro non può, di per sé,
essere considerato circostanza che valga a togliere credibilità alle dichiarazioni delle stesse
principalmente di Pagliaro Santa.
5. Per la giurisprudenza comunitaria, peraltro, il giudice di secondo grado non può
riformare in senso negativo per l’imputato la sentenza di primo grado se non ha ascoltato
nuovamente il teste le cui dichiarazioni siano ritenute decisive (cfr Dan vs Moldavia). Nel caso
in esame, tuttavia, le dichiarazioni di Pagliaro Maria non sono semplicemente state rivalutate
ma sono state poste in correlazione con quella della sorella Santa. Oltretutto, la giurisprudenza
sovranazionale si riferisce direttamente al processo penale, mentre nel caso in esame, come
ampiamente chiarito, si tratta delle sole statuizioni civili, seppure inserite in un procedimento
penale.
6. La quinta censura è manifestamente infondata, in quanto, in considerazione della
natura dei reati contestati e addebitati agli imputati, l’unica forma di valutazione del danno è
quella equitativa, mentre la condanna al risarcimento delle spese a favore della parte civile
segue la soccombenza.
7. Il ricorso dunque va rigettato nella parte residua
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(sci/, in quella relativa alle

8. La richiesta di sospensione ai sensi articolo 612 cpp è superata dalla definitività della
sentenza di condanna al risarcimento del danno.
PQM
annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni penali, rigetta i ricorsi
agli effetti civili.
Così deciso in Roma, in data 2 ottobre 2013.

3. Inammissibile è la seconda censura, atteso che non si chiarisce in qual maniera la
mancata menzione della pendenza di altro procedimento a carico della parte civile e della teste
Pagliaro Santa possa aver determinato un “ragionamento contorto” da parte del giudice di
appello.

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