Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8375 del 27/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8375 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERRARI LUCA N. IL 21/03/1964
avverso la sentenza n. 1195/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
21/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 6 ,
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 27/09/2013

FATTO E DIRITTO

Propone ricorso per cassazione Ferrari Luca, avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia in data 21
marzo 2012, con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna in ordine al delitto di
ingiuria ed alla contravvenzione di molestie, entrambi in danno di Zambelli Nadia, per fatti posti in essere
da maggio ad agosto 2006.
In appello, l’imputato ha dichiarato di rinunciare alla prescrizione della contravvenzione.
Il comportamento del quale l’imputato è stato ritenuto responsabile è stato quello volto ad infastidire la
interruzione del rapporto sentimentale che li aveva legati in passato.
La parte offesa, costituita parte civile, ha comunicato, con nota a firma del difensore, recante la data dell’Il
luglio 2013, di revocare tale costituzione essendo stata risarcita.
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`(educe la erronea applicazione della legge processuale e il vizio di motivazione.
In particolare sarebbe stata travisata la testimonianza della persona offesa la quale aveva chiaramente
riferito non di avere troncato la relazione con l’imputato ma di essere stata, essa stessa, lasciata da
quest’ultimo: una differenza di importanza sostanziale dal momento che solo la erronea interpretazione
delle dichiarazioni della persona offesa consentiva l’inferenza logica data dal ritenere che l’imputato
nutrisse un risentimento e che questo fosse il movente del reato.
Altro travisamento riguarderebbe l’affermazione dei giudici secondo cui i messaggi ingiuriosi sono stati
inviati -sia pure in forma anonima -da una cabina telefonica nei pressi dell’abitazione dell’imputato: i
realtà la teste dell’accusa Cipani ha chiarito che essa aveva indicato come abitazione dell’imputato una
dimora che la persona offesa le aveva detto essere tale. In realtà, quando l’imputato aveva inteso
contattare la persona offesa, lo aveva fatto con il proprio cellulare e firmandosi con la sigla “alfa”.
La difesa ravvisa poi una manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui i giudici attribuiscono
credito alla persona offesa e alla teste Cipani, a proposito dell’avvistamento dell’imputato all’interno della
cabina telefonica di cui sopra, in epoca contestuale a quella della ricezione di un ennesimo messaggio
ingiurioso.
Afferma, tuttavia, l’impugnante, che il giudice non ha adeguatamente valorizzato il fatto che la persona
offesa è non vedente ad un occhio mentre l’amica Cipani era sicuramente poco attenta in quanto si trovava
alla guida della vettura nella quale trasportava anche la querelante. Inoltre non era giustificata
l’affermazione secondo cui le fiancate delle cabine telefoniche sarebbero trasparenti.
Infine risulta illogicamente svalutata la deposizione del teste Romeo, il quale aveva fornito un alibi
all’imputato in relazione al momento in cui sarebbe stato visto all’interno della suddetta cabina telefonica.
Il ricorso è inammissibile.
Le questioni che la parte pone come vizio della motivazione nella forma del travisamento della prova o
anche della manifesta illogicità, sono irricevibili dal momento che la loro reale essenza è quella della
prospettazione di una alternativa ricostruzione della vicenda, non consentita nella sede della legittimità.
Così è, in primo luogo, con riferimento al primo punto del ricorso ove si sostiene che l’effettivo contenuto
della deposizione della persona offesa sulla responsabilità della rottura sentimentale sarebbe stata
fraintesa.
Vale la pena ricordare che tale tesi viene sostenuta dal ricorrente nella prospettiva di una errata
percezione, da parte del giudice, di una deposizione testimoniale.
1

donna, anche con decine di messaggi telefonici contenenti frasi ingiuriose e sgradevoli, a seguito della

Tuttavia proprio tal genere di prova è quella massimamente soggetta all’opera interpretativa del
giudicante, il quale esamina tutte le dichiarazioni rese e le rende prova di una ricostruzione motivata della
vicenda rappresentata.
Perciò non è dato all’impugnante pretendere che sia posto l’accento su una o più parti della deposizione
diverse da quella valorizzata dal giudice, considerato che una simile operazione ha a che vedere con la
giustificazione probatoria- sulla quale il ricorrente per cassazione non può intromettersi con considerazioni
di puro fatto- e non col travisamento del contenuto della prova: il quale ricorre, dunque, non nel senso
della opinabilità della interpretazione prescelta dal giudice ma solo ed esclusivamente nel senso- non
ricorrente nella specie- della percezione radicalmente errata di un dato fondamentale della deposizione,
Anche le ulteriori censure si infrangono sulla soglia della ammissibilità atteso che non risponde a verità che
il giudice non abbia considerato il difetto di vista della persona offesa mentre costituisce una asserzione di
puro fatto, quella secondo cui lo stesso giudice abbia ritenuto la cabina telefonica, vicina alla abitazione
dell’imputato, soltanto sulla base delle dichiarazioni della teste Cipani.
Infine, la valutazione della deposizione del teste della difesa risulta congrua e non si espone alle critiche di
manifesta illogicità formulate dall’impugnante.
Le ulteriori osservazioni del giudice , con le quali è stata argomentata la scarsa valenza attribuita alla
deposizione del teste Romeo, integrano un ragionamento dotato di coerenza logica e completo posto che la
concludenza della dichiarazione di un teste ben può essere ritenuta limitata in ragione della genericità dei
dati da quello offerti: è il caso di specie, nel quale la c.d. prova d’alibi è stata ritenuta non integrata avendo
il giudice motivatamente evidenziato che le dichiarazioni del Romeo non valevano a rappresentare , con la
dovuta precisione, la presenza dell’imputato in un luogo diverso da quello nel quale si compiva una parte
dell’illecito.
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in favore della
cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a
versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.
Così deciso il 27 settembre 2013

capace da solo di decidere la sorte della intera causa.

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