Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8374 del 27/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8374 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DEGAN PAOLO N. IL 25/04/1945
avverso la sentenza n. 775/2003 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
06/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ‘t , Quet.

che ha concluso per
Le”

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 27/09/2013

Fatto e diritto
Propone ricorso per cassazione Degan Paolo, avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia in data 6
ottobre 2011, con la quale è stata confermata -per quanto qui d’interesse- quella di condanna, emessa in
primo grado nel 2002, in ordine al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale (contestato in via
suppletiva all’udienza del 6 maggio 2002) e documentale, relativo al fallimento della società Euro
Commerciale Srl, dichiarato con sentenza del 18 febbraio 1999.
Deduce

mai stata pervenuta a sua conoscenza, essendosi, egli, trasferito all’estero. Sostiene che la firma ad
esso attribuita ed apparentemente apposta in calce alla ricevuta di ritorno della raccomandata con
la quale è stata notificata la citazione, non sarebbe stata da esso vergata, essendo stata, peraltro,
già disconosciuta in sede processuale;
2)

la erronea applicazione dell’articolo 216 n. 2 legge fallimentare, sostenendo che tutta la
documentazione della società era stata, in realtà, consegnata, al curatore, dal difensore
dell’imputato, su disposizione di quest’ultimo, quando, nell’ottobre del 2002, egli fu informato per
la prima volta della esistenza della procedura fallimentare;

3)

la erronea applicazione dell’articolo 220 legge fallimentare, facendosi presente che il trasferimento
dell’imputato all’estero, dovuto alla necessità di ampliare l’attività commerciale della società, è
stato oggetto di formale iscrizione presso l’ambasciata italiana di Sofia e, successivamente, presso
l’ufficio anagrafe del Comune di Piove di Sacco, a partire dal 21 maggio 1999;

4)

la assenza di idonea motivazione in ordine alla asserita vendita del bestiame o alla relativa
macellazione o, ancora, alla acquisizione di una somma per la vendita del bestiame stesso,i1 quale
era stato previamente acquistato pagando con un assegno della cui scopertura l’imputato era, in
precedenza, inconsapevole;

5)

la mancata applicazione dell’indulto di cui alla legge numero 241 del 2006.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
li primo motivo di ricorso è infondato.
Con lo stesso si deduce una ipotesi di omessa notificazione, all’imputato, della citazione per i due gradi di
giudizio, pur in presenza di attività formale in tal senso.
L’imputato stesso, nel sostenere l’esistenza in atti di una raccomandata speditagli dall’Ufficio del Pubblico
ministero, nell’ambito della procedura per la successiva notificazione del decreto che dispone il giudizio (
raccomandata regolarmente corredata della relativa cartolina di ritorno) ammette che l’attività di notifica
risulta documentata nel fascicolo e implicitamente sostiene che sarebbe da considerare inesistente perché
il soggetto che ha ricevuto quella raccomandata avrebbe dato luogo ad una equivoca situazione apparente,
difforme dalla realtà degli effetti dell’atto.
Si tratta, però, di una mera allegazione di fatto, che mira a contrastare la capacità dimostrativa di un atto
fidefacente qual’è la relata , redatta dall’ufficiale postale estero che, recatosi esattamente nel luogo di
residenza (all’estero) dell’imputato ed avendo preso contatti con chi, in quel luogo, si è dichiarato in grado
di ricevere l’atto – senza che l’imputato abbia successivamente smentito la esistenza di tal genere di
persone all’indirizzo compulsato – ha attestato ciò e consegnato il piego.
1

1) la nullità degli atti processuali, posto che la citazione, anche per il processo di primo grado, non era

q•
Ha osservato la giurisprudenza di questa Corte che la mancata previsione nell’art. 168 cod. proc. pen. del
principio circa la natura “fidefaciente” fino ad impugnazione di falso del contenuto della relata di notifica
eseguita dall’ufficiale giudiziario con riguardo a quanto egli attesti aver fatto o essere avvenuto in sua
presenza, non significa che il giudice possa liberamente valutare la falsità di un estremo documentato nella
relazione sulla base di quanto la parte adduce, ma comporta soltanto la caduta del presupposto
dell’incidente di falso in omaggio al principio della semplificazione e speditezza del processo; ne consegue
che restano sottratte alla libera valutazione del giudice le attestazioni concernenti i fatti compiuti
dall’ufficiale notificatore e quelli avvenuti a suo cospetto, e che se la parte vuole addurre la falsità delle
modalità emergenti dalla relata non può provarle se non dimostrando che il pubblico ufficiale ha commesso
236108; conforme Sez. 2, Sentenza n. 17737 del 08/04/2008 Ud. (dep. 05/05/2008) Rv. 239785).
Tale prova non può, peraltro, dirsi fornita sottoponendo all’apprezzamento di questa Corte di legittimità la
sottoscrizione contestata e altra scrittura di comparazione, in fotocopia.
Ciò posto, non può poi trascurarsi ed anzi deve essere qui richiamata, in aggiunta, la corretta valutazione
compiuta dalla Corte d’appello quale giudice dell’esecuzione, chiamata, dalla difesa dell’imputato, a
valutare la regolarità della notificazione dell’estratto contumaciale della sentenza di appello, con le forme
che l’imputato stesso oggi torna a contestare nei diversi profili sopra ricordati.
Ebbene, è stato correttamente rilevato da quel giudice come la lettera raccomandata più volte menzionata
non fosse comunque destinata a realizzare la notificazione della citazione nelle forme ” a mezzo posta”,

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regolate dal codice di rito e non efa pertanto soggetta alle regole previste, per quel mezzo, dalla disciplina
di settore, richiamata dall’art. 170 cpp, essendo viceversa regolata dalle norme dello Stato esecutore.
Come bene posto in evidenza dal giudice della esecuzione, cioè, anche la giurisprudenza di questa Corte ha
già formulato il principio per cui la spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento all’imputato
all’estero, in vista delle notificazioni da compiersi, non richiede tra gli adempimenti di rito quello, tipico
delle notificazioni a mezzo posta, della specificazione, quando la raccomandata sia consegnata a persona
diversa dal destinatario, della qualità da essa rivestita (Sez. 4, Sentenza n. 15002 del 01/03/2011 Ud. (dep.
13/04/2011) Rv. 250267)
E la raccomandata è stata, nella specie, regolarmente spedita dall’ufficio del PM e ricevuta, ai fini della
successiva realizzazione delle forme di notificazione previste per l’imputato di cui sia nota la residenza
all’estero ( art. 169 cpp): essa, cioè è servita perfezionare la procedura prodromica alla attivazione della
successiva notifica dell’atto mediante consegna al difensore.
Da ciò consegue anche la inammissibilità del secondo motivo di ricorso, basato sulla pretesa allegazione
della tardiva conoscenza della dichiarazione di fallimento e sulla affermazione dell’essere stata, la
documentazione societaria, consegnata non appena era divenuta nota l’esistenza della predetta procedura.
Oltretutto, una simile allegazione contrasta in fatto con la opposta ricostruzione contenuta nella sentenza
impugnata, secondo cui il curatore ha attestato, essendo creduto dai giudici, la totale e definitiva
irreperibilità di ogni scrittura, libro o documento di natura contabile riferibile alla società fallita, con
conseguente impossibilità di ricostruire analiticamente il patrimonio e l’attività svolta dall’impresa.
Ancora in sentenza si riconosce che il recupero di una minima parte della documentazione è avvenuto
soltanto in seguito ed in modo fortuito, essenzialmente sulla base dell’istanza di fallimento proposta dalla
società Veneta Fiocchi e di altre insinuazioni proposte dai creditori venuti occasionalmente a conoscenza
dell’avvio della procedura concorsuale.
Il terzo motivo è ugualmente inammissibile perché consiste nella rappresentazione e nella ricostruzione
alternativa del fatto , oltretutto con riferimento ad un’ipotesi nella quale, a seguito della maturata e già
2

il reato di cui all’art. 479 cod. pen..( Sez. 4, Sentenza n. 10113 del 23/01/2007 Ud. (dep. 09/03/2007 ) Rv.

dichiarata prescrizione, il vizio della motivazione non potrebbe neppure essere emendato, essendo
mancata la rappresentazione di elementi evidenti di innocenza.
Il quarto motivo di ricorso costituisce null’altro che la riedizione del corrispondente motivo d’appello al
quale la Corte ha dato esaustiva risposta.
Si è trattato della applicazione del principio, condiviso dalla costante giurisprudenza di legittimità, secondo
cui, in materia di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della
società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore,
della destinazione dei beni suddetti (Sez. 5, Sentenza n. 22894 del 17/04/2013 Ud. (dep. 27/05/2013 ) Rv.
In altri termini, il mancato rinvenimento, all’atto della dichiarazione di fallimento, di beni e di valori
societari, a disposizione dell’amministratore, costituisce, qualora non sia da questi giustificato, valida
presunzione della loro dolosa distrazione, probatoriamente rilevante al fine di affermare la responsabilità
dell’imputato (Sez. 5, Sentenza n. 3400 del 15/12/2004 Ud. (dep. 02/02/2005) Rv. 231411).
Non è rilevante, per tale motivo, la assenza di prova, che l’impugnante ha segnalato, in ordine
all’eventualità della mancata acquisizione di una somma di denaro in cambio del bestiame ovvero alla sorte
impressa al bestiame stesso, essendo sufficiente, ai fini del decidere, la constatazione dell’oggettivo
depauperamento del patrimonio sociale in assenza di dimostrazione, da parte dell’interessato, dell’avere
agito in esecuzione di una iniziativa imprenditoriale nell’interesse della società.
Non può essere accolto neppure l’ultimo motivo di ricorso, tenuto conto che l’applicazione dell’indulto
viene sollecitata in materia sulla quale può e deve pronunciarsi il giudice dell’esecuzione, mentre, sulla
stessa, il giudice di legittimità può essere chiamato a decidere soltanto quando la parte intenda contestare
una statuizione sfavorevole espressamente presa dal giudice del merito, appositamente interpellato.
Nella specie non risulta che alla Corte territoriale fosse stata formulata la richiesta in questione.
PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso il 27 settembre 2013
Il Presidente

il Cons. est.

255385).

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