Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8361 del 17/01/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8361 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
De Longis Francesco, nato a Terracina, il 22/2/1959;
quale parte civile nel procedimento nei confronti di:
Rastegar Saadi Ebrahim, nato in Iran, il 14/1/1959;

avverso la sentenza del 11/4/2011 della Corte d’appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Aurelio
Galasso, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito per la parte civile l’avv. Mariano Buratti Marzocchi, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Alessandro Bozza Venturi, che ha concluso chiedendo il
rigetto del ricorso.

Data Udienza: 17/01/2013

RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza dell’il aprile 2011 la Corte d’appello di Roma, in riforma della
decisione di primo grado, assolveva Rastegar Saadi Ebrahim dal reato di furto
aggravato per non aver commesso il fatto, ritenendo non essere stata raggiunta la
piena prova della sua reasponsabilità alla luce della verosimiglianza della versione dei

medesimo al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile pure
pronunziata nel primo grado di giudizio. L’accusa nei confronti del Rastegar riguardava
il furto durante il servizio notturno di medicinali dalla farmacia in cui lavorava, nonché
delle somme di danaro relative alla vendita di prodotti eseguita senza emettere il
relativo scontrino.
2. Avverso la sentenza ricorre la parte civile a mezzo del difensore e procuratore
speciale, deducendo vizi motivazionali del provvedimento impugnato in merito alla
ritenuta verosimiglianza della versione dei fatti offerta dall’imputato. In particolare il
ricorrente evidenzia la contraddittorietà della motivazione adottata dalla Corte
territoriale, la quale per un verso riconosce l’esistenza di sospetti a carico dell’imputato
alla luce del confronto tra il tabulato delle vendite da lui effettuate e le risultanze di
magazzino e per l’altro ritiene invece ragionevoli le spiegazioni fornite dal medesimo e
cioè che quelle non registrate sarebbero cessioni a credito ovvero effettuate in assenza
della necessaria ricetta. Peraltro la stessa verosimiglianza di tale giustificazioni, così
come di quelle relative all’impossessamento dei medicinali scaduti – asseritarnente
asportati dai locali della farmacia su incarico del titolare al fine di smaltirli
nell’immondizia – sarebbe stata riconosciuta in maniera del tutto apodittica dai giudici
d’appello, i quali avrebbero mancato di confrontarsi compiutamente con le
argomentazioni svolte dal Tribunale per escluderla e con il compendio probatorio di
riferimento nella sua completezza. Non di meno la sentenza, aderendo alla versione
difensiva, avrebbe sostanzialmente riconosciuto l’insussistenza del fatto per poi,
ancora una volta contraddittoriamente, assolvere il Rastdegar per non averlo
commesso, così implicitamente ammettendo che i furti sarebbero effettivamente
avvenuti. Infine la Corte territoriale avrebbe eletto a riscontro dell’attendibilità della
versione dell’imputato la presunta pratica di vendere a credito in maniera seriale nelle
farmacie senza in alcun modo argomentare sulla effettiva notorietà di tale circostanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e deve essere accolto.

fatti offerta dall’imputato, e provvedeva altresì alla revoca della condanna generica del

1.1 Deve innanzi tutto ribadirsi in diritto come il giudice di appello che riformi
totalmente la decisione di primo grado abbia l’obbligo di delineare le linee portanti del
proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più
rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni
della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del
provvedimento impugnato (Sez. Un, n. 33748 del 12 luglio 2005, Mannino, Rv.
231679). Ed in tal senso non può dunque ritenersi assolto tale obbligo ove la sentenza

coltivata dal giudice di primo grado ritenendola preferibile.
1.2 Nel caso di specie la Corte territoriale, con riguardo al contestato furto dei
medicinali, si è solo parzialmente impegnata nella confutazione delle argomentazioni
svolte dal Tribunale.
E’ sì vero che, come affermato dalla sentenza impugnata, Vonus probandi grava
sull’accusa e non sull’imputato, ma nel caso di specie il Tribunale aveva spiegato in
maniera logica e coerente alle risultanze dell’istruttoria dibattimentale le ragioni per
cui aveva ritenuto che il pubblico ministero avesse compiutamente assolto tale obbligo
e quelle per cui invece non potesse ritenersi attendibile l’alternativa versione dei fatti
offerta dal Rastegar. La Corte territoriale ha invece confutato solo in parte il
ragionamento probatorio del giudice di prime cure, senza tenere conto di tutti gli
elementi su cui lo stesso si fondava, ed ha apoditticamente ritenuto credibili le
dichiarazioni dell’imputato omettendo di confrontarsi con le obiezioni sollevate in
proposito nella sentenza di primo grado.

2. Ancora più evidenti appaiono poi i limiti della motivazione della sentenza impugnata
con riguardo all’altro addebito e cioè quello relativo all’ammanco di cassa. Deve infatti
convenirsi con il ricorrente sulla vistosa contradditorietà ed illogicità dell’apparato
giustificativo adottato dai giudici d’appello, i quali ammettono come le risultanze
documentali effettivamente rivelerebbero che l’imputato avrebbe venduto dei
medicinali senza emettere i relativi scontrini, ma poi ritengono ragionevole la
spiegazione fornita dallo stesso dell’anomalo comportamento. In proposito la Corte
territoriale non ha innanzi tutto tenuto conto del fatto che per l’appunto si sia
registrato un ammanco di cassa, ignorando in tal senso le dichiarazioni rese in
proposito dal titolare della farmacia invece valorizzate dalla sentenza di primo grado
ed in grado di vanificare la giustificazione difensiva, atteso che, anche qualora i
prodotti fossero stati effettivamente venduti nel modo indicato, rimarrebbe il fatto che
le somme percepite non sarebbero state versate in cassa. Inoltre i giudici romani non
si sono fatti carico dell’obiezione, assai pregnante sul piano logico, svolta dal Tribunale
in merito all’inverosimiglianza che vendite anomale del genere descritto dall’imputato
si sarebbero concentrate in poche ore; obiezione tale da vanificare il valore probatorio

d’appello si limiti a sostituire la propria valutazione del compendio probatorio a quella

della presunta notorietà di tale pratiche dietro cui la Corte si è invece trincerata in
maniera del tutto apodittica e logicamente non decisiva.
3. La sentenza deve dunque essere annullata limitatamente agli effetti civili con rinvio
al giudice di appello civile competente per valore per nuovo esame alla luce dei
principi fissati e dei rilievi svolti da questa Corte. Spese della parte civile a definitivo.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili con rinvio al giudice di
appello competente per valore per nuovo esame.
Così deciso il 17/1/2013

P.Q. M.

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