Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8361 del 05/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8361 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAREGNATO LORIS N. IL 05/06/1948
avverso la sentenza n. 37/2014 TRIBUNALE di VICENZA, del
24/02/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
Udito il Procurator
e in persondeHJt.
che ha conci
per

Udito, per la e e civile, l’Avv
Uditi d ensor Avv.

Data Udienza: 05/02/2016

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott.ssa P. Filippi, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Uditi
altresì, per la parte civile, l’avv. C. Segnalini, in sostituzione dell’avv. S. Mantia,
che ha concluso per il rigetto del ricorso e la condanna alle spese, nonché, per il
ricorrente, l’avv. C. Todesco, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata il 24/02/2015, il Tribunale di Vicenza ha

Bassano del Grappa aveva dichiarato Caregnato Loris responsabile dei reati di
lesioni, ingiuria e minaccia in danno di Francescato Chiara e lo aveva condannato
alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della parte civile; il
Tribunale di Vicenza ha altresì proceduto alla correzione degli errori materiali
contenuti nel dispositivo riportato nella sentenza depositata, in conformità alle
statuizioni contenute nel dispositivo letto all’udienza del 12/03/2014 ed allegato
al verbale della medesima udienza.

2. Avverso l’indicata sentenza del Tribunale di Vicenza ha proposto ricorso
per cassazione Caregnato Loris, attraverso il difensore avv. C. Todesco,
articolando cinque motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma
1, disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia nullità della sentenza ex art. 546, comma 3, cod.
proc. pen. La discordanza tra dispositivo letto in udienza e dispositivo riportato
nella sentenza depositata impone l’annullamento della sentenza, in quanto l’art.
546, comma 1, cod. proc. pen. prevede requisiti di forma indispensabili, la cui
mancanza inficia l’esistenza della sentenza.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 523 cod. proc. pen., per
l’indebita inversione dell’ordine di svolgimento della discussione, avendo il
Tribunale disposto che la difesa dovesse concludere prima del P.M.
Il terzo motivo denuncia vizi di motivazione. La sentenza impugnata non ha
considerato il riferimento della sentenza di primo grado alla coerenza del
racconto della persona offesa con quanto denunciato, così utilizzando
illegittimamente la querela, e ha omesso di motivare in ordine alle domande
proposte con l’atto di appello in ordine alla ricostruzione del fatto. La
motivazione travisa le risultanze probatorie laddove esclude che i testi della
difesa abbiano smentito l’impianto accusatorio ed è affetta da contraddittorietà e
manifesta illogicità nella valutazione delle profonde discrasie tra le deposizioni
dei testi a carico e nel giudizio di scarsa attendibilità del teste Della Palma in

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confermato la sentenza in data 12/03/2014 con la quale il Giudice di pace di

relazione al suo coinvolgimento e al rapporto di amicizia con Caregnato, a fronte
della “vicinanza” dei testi d’accusa collegati da rapporti di stretta parentela. La
motivazione della sentenza impugnata è inoltre viziata nella valutazione sul
valore probatorio degli scontrini e in ordine al giudizio sulle lesioni basato su un
certificato redatto due giorni dopo i fatti, dal contenuto incompatibile con una
lesione derivata da “colpo al gomito” e con una prognosi del tutto esagerata di
15 giorni. Privo di motivazione è il profilo, denunciato nell’atto di appello, relativo
all’inverosimiglianza della circostanza che il fidanzato della persona offesa e il
suo amico non siano intervenuti in difesa della stessa.

riconoscimento dell’esimente di cui all’art. 599 cod. pen. Il teste De Palma ha
riferito della reciprocità delle offese, contestualizzandole nella seconda fase della
vicenda.
Il quinto motivo denuncia inosservanza della legge penale e violazione del
divieto di reformatio in peius, in ordine all’aumento della pena per la recidiva.

3. In data 01/02/2016, la parte civile ha depositato atto di nomina del
difensore e procuratore speciale e nota spese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere rigettato.
Il primo motivo è infondato al lume del più recente, consolidato
orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui non è
configurabile la nullità di cui all’art. 546 comma 3, cod. proc. pen., qualora
sussista contrasto tra il dispositivo letto, e, dunque, pubblicato in udienza, quale
risultante dal relativo verbale, e la copia depositata e l’errore concerna
esclusivamente quest’ultima, essendo esperibile, in tale caso, la procedura di
correzione degli errori materiali ex art. 130 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 17696 del
18/02/2009 – dep. 24/04/2009, Martucci, Rv. 243615; conf., ex plurimis, Sez. 3,
n. 125 del 19/11/2008 – dep. 08/01/2009, Bassirou, Rv. 242258): si tratta,
infatti, di una mera assenza grafica sanabile con la procedura di correzione degli
errori materiali di cui all’art. 130 cod. proc. peri. (Sez. 5, n. 13094 del
09/03/2011 – dep. 29/03/2011, P.G. in proc. Colonna, Rv. 249849; conf. Sez. 6,
n. 12308 del 03/03/2008 – dep. 19/03/2008, Bolognini, Rv. 239329). Anche le
Sezioni unite di questa Corte hanno affermato che il dispositivo letto in udienza
acquista la propria autorità a seguito della lettura e non può essere modificato
nella stesura della motivazione della sentenza, che ha una funzione strumentale,
con la conseguenza che, in caso di difformità, il primo prevale sulla seconda

3

Il quarto motivo denuncia vizi di motivazione in ordine al mancato

(Sez. U, n. 25457 del 29/03/2012 – dep. 28/06/2012, Campagne Rudie, in
motivazione).
Anche il secondo motivo non merita accoglimento. Come affermato da
questa Corte, le conclusioni del P.M. rassegnate prima che il giudice di primo
grado si ritiri per la deliberazione non violano, per quanto tardive, il diritto di
difesa, quando questa sia stata posta nella condizione di interloquire
nuovamente sulle richieste avanzate (Sez. 6, n. 24379 del 04/02/2015 – dep.
08/06/2015, Bilacaj e altri, Rv. 264179): nel caso di specie all’udienza del
10/02/2015 la difesa nulla eccepì in ordine all’inversione nell’ordine delle

eventuali repliche; di tale facoltà non si avvalse la difesa, sicché infondata è la
doglianza proposta con il ricorso.
Il terzo motivo è, nel suo complesso, inammissibile. Quanto alle doglianze
relative alla motivazione della sentenza di primo grado circa la coerenza del
racconto della persona offesa con quanto dalla stessa denunciato, il Giudice di
appello ha proceduto ad un’analitica disamina del compendio probatorio,
ricostruendo la vicenda nelle due fasi attraverso le quali si è articolata ed
esaminando, con riguardo a ciascuna di essa, gli elementi emersi dalle
dichiarazioni dell’imputato dei testi a carico e di quelli indotti dalla difesa: a
fronte della motivazione della sentenza impugnata, la censura, proposta con
riferimento all’argomentare del primo giudice, risulta manifestamente inidonea a
disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante, determinando al suo
interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente
incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011 dep. 15/11/2011, Pmt in proc. Longo, Rv. 251516). Quanto alla valutazione
sull’attendibilità di Bruno Della Palma, il giudice di appello ha posto a base del
suo convincimento non solo il coinvolgimento del teste nella vicenda e l’amicizia
con l’imputato, ma anche le difformità della testimonianza rispetto alle altre
deposizioni su aspetti secondari (quali l’assenza di avventori), ma ritenuti
indicativi di scarsa attendibilità, oltre al rilievo delle molteplici, concordi
dichiarazioni di segno contrario: sotto questo profilo, la censura risulta carente
della necessaria, compiuta correlazione tra le argomentazioni riportate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n.
18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849). Le doglianze
sugli “interrogativi” posti dal gravame e sulle discrasie delle dichiarazioni dei
testi d’accusa sono articolate in termini del tutto generici, laddove le ulteriori
censure (circa la valenza probatoria degli scontrini, la compatibilità del referto
medico con le lesioni contestate, il mancato intervento del fidanzato della
persona offesa e del suo amico) sostanzialmente deducono questioni di merito,

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conclusioni e il giudice rinviò alla successiva udienza del 24/02/2015 per

sollecitando una rivisitazione esorbitante dai compiti del giudice di legittimità
della valutazione del materiale probatorio che il giudice di appello ha operato,
sostenendola con motivazione coerente con i dati probatori richiamati ed
immune da vizi logici.
Il quarto motivo è inammissibile. Incentrata sulle dichiarazioni di Della
Palma, la doglianza omette la compiuta correlazione con le argomentazioni e gli
elementi delineati dalla sentenza impugnata, che, tra l’altro, ha valorizzato le
dichiarazioni dello stesso imputato, laddove ha riferito dell’espressione

Anche il quinto motivo è inammissibile. La recidiva specifica risulta
contestata dal P.M. all’udienza del 21/01/2014 e in tali termini è stata applicata
dal giudice di primo grado, che ha espressamente tenuto conto della recidiva
contestata, sicché manifestamente infondata è la doglianza di violazione del
divieto di reformatio in peius.

Le ulteriori doglianze (circa, in particolare,

l’estinzione degli effetti penali del decreto penale di condanna pronunciato nei
confronti del ricorrente) sono inammissibili, in quanto non dedotte con i motivi di
appello (che pure avevano invocato l’applicazione delle circostanze attenuanti
generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata recidiva).
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese
sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed alla rifusione delle spese di parte civile che liquida in complessivi
euro 1.800,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 05/02/2016.

“ubriacone” rivoltagli da Rossi solo alla fine della discussione.

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