Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8356 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 8356 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CANTATORE GIUSEPPE N. IL 13/12/1958
avverso l’ordinanza n. 60/1999 CORTE ASSISE APPELLO di
MILANO, del 11/10/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Cple i51-9,e ‘(° L P(
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Data Udienza: 10/01/2014

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza resa in data 11.10.2011 (dep. il 27.10.2011), corretta ex art. 130
c.p.p. con provvedimento del 15.11.2011 (dep. il 17.11.2011), la Corte di Assise di Appello di
Milano, in funzione di Giudice dell’Esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza avanzata
nell’interesse di CANTATORE Giuseppe per ottenere la sostituzione della pena dell’ergastolo,
inflittagli in esito a rito abbreviato, con quella di 30 anni di reclusione.
Premetteva la Corte che l’istante, condannato, in primo grado, alla pena dell’ergastolo

17.4.1998), ed ammesso, nel corso del giudizio di appello, alla definizione del procedimento
con rito abbreviato (ordinanza del 19.6.2000), era stato condannato, dopo l’entrata in vigore
del D.L. n. 341/2000, alla pena dell’ergastolo, divenuta irrevocabile.
Il CANTATORE lamentava, dunque, la violazione delle legittime aspettative processuali
dal momento che, a seguito dell’introduzione del D.L. n. 341/2000, invece della pena di 30
anni di reclusione, che gli sarebbe stata inflitta ai sensi della L. n. 479/99, in vigore quando
venne ammesso al rito abbreviato, gli era stata applicata la norma meno favorevole, in palese
contrasto con il principio affermato dalla Corte EDU nel caso Scoppola c. Italia, secondo il quale
l’applicazione retroattiva dell’art. 7 D.L. n. 341/2000, norma sostanziale e non processuale che
inaspriva il trattamento sanzionatorio previgente, costituiva violazione degli artt. 6 e 7 della
Convenzione.
I difensori del condannato, tra l’altro, rappresentavano che, in un caso analogo a quello
del loro assistito, la Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria aveva dato diretta attuazione
al principio affermato dalla Corte sovranazionale.
Ciò posto, riteneva la Corte milanese, richiamate alcune pronunce della Corte di
legittimità (Sez. I, sent. n. 171 del 18.1.2011) e della Consulta (sent. n. 113/2011) sul tema
della intangibilità del giudicato e della esperibilità, avverso la sentenza ormai irrevocabile, degli
unici rimedi della revisione e del ricorso straordinario ex art. 625 bis c.p.p., che non potevano
adattarsi al caso in esame i principi statuiti dalla

Grande Chambre della Corte dei Diritti

dell’Uomo di Strasburgo nella sentenza del 17.9.2009 (proc. Scoppola c. Italia) sul divieto di
applicazione retroattiva della legge penale più afflittiva, in quanto le sentenze della Corte EDU
che dichiarano l’intervenuta violazione della Convenzione dovevano considerarsi produttive di
diritti e obblighi solo nei confronti delle parti del giudizio.
Pertanto, solo in esito ad eventuale pronunzia favorevole al condannato da parte della
Corte Europea, il Giudice dell’Esecuzione avrebbe dovuto conformarsi al dettato della Grande
Chambre.
2.

Ha proposto ricorso per cassazione avverso la citata ordinanza CANTATORE

Giuseppe, per il tramite del suo difensore di fiducia, denunciando, quale unico motivo,
l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche ex art.

1

con isolamento diurno per la durata di un anno e sei mesi (sent. Corte Assise Milano del

606, co. primo, lett. b), c.p.p., in relazione agli artt. 2 c.p., 6 e 7 della Convenzione EDU, 442
c.p.p..
La Corte milanese, ad avviso del difensore del ricorrente, era incorsa in un errore
interpretativo a proposito della sentenza della Corte Costituzionale n. 113/2011, laddove aveva
ritenuto di ricavarne l’individuazione della revisione quale strumento generale di adeguamento
dell’ordinamento processuale penale alle sentenze della Corte EDU.
Viceversa, proprio alla luce di quella pronuncia e di altra resa da questa Corte (n. 271
del 18.1.2011), era possibile concludere nel senso di giustificare il ricorso alla revisione ex art.

nuova attività processuale per sanare una violazione delle garanzie tutelate nella Convenzione.
In un caso, come quello di specie, essendo superfluo il ricorso alla revisione per assenza
di attività processuale da svolgere, l’intervento sul titolo esecutivo rientrava nelle ordinarie
competenze del Giudice dell’Esecuzione, il quale, dunque, avrebbe dovuto applicare l’art. 442
c.p.p. nella formulazione in vigore al momento in cui il ricorrente aveva chiesto di accedere al
rito abbreviato.
In via subordinata, il difensore del ricorrente chiedeva sollevarsi questione di legittimità
costituzionale dell’art. 7 co. 2 D.L. n. 341/2000.
3.

Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha

concluso per l’annullamento dell’ordinanza impugnata e la conseguente sostituzione della pena
dell’ergastolo con quella della reclusione per anni trenta.

Considerato in diritto

1.

Il ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto.

2. Giova premettere che sul tema proposto dal ricorso la giurisprudenza di questa Corte
– con l’affermazione che va qui ribadita – ha in modo unanime insegnato che il principio
discendente dalla sentenza della CEDU nel caso Scoppola c. Italia, su cui il ricorrente ha basato
la richiesta, si può applicare solo a coloro che abbiano ottenuto il rito abbreviato nel periodo di
vigenza della L. n. 479/99,

perché solo in quel caso (che, dunque, non può essere

generalizzato) l’intervenuta modifica legislativa, con l’introduzione del decreto legge n.
341/2000, ebbe a creare un irragionevole pregiudizio a carico dell’imputato (sul punto,
assolutamente pacifico, cfr. Rv. 254524, 254212, 254096, 251857, 253093, 252211 etc.).
Va, ancora, ricordato come sui temi in questione, oggetto della precedente decisione,
siano già intervenute due fondamentali pronunce delle Sezioni Unite di questa Corte di
Cassazione, entrambe rese in data 19.4.2012, la n. 34233, in proc. Giannone (sentenza dep. il
7.9.2012) e la n. 34472 in proc. Ercolano (ordinanza di rimessione della questione di
legittimità costituzionale degli artt. 7 e 8 D.L. n. 341/2000, dep. il 10.9.2012), provvedimenti
che affrontano in modo esaustivo le varie problematiche e alle quali il collegio in convinta
adesione si conforma.

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2

630 c.p.p. solo quando la decisione della Corte Europea avesse imposto lo svolgimento di una

In esse si è affermato, in primo luogo, che, in via generale, “le decisioni della Corte
EDU che evidenziano una situazione di oggettivo contrasto – non correlata in via esclusiva al
caso esaminato – della normativa interna sostanziale con la Convenzione EDU assumono
rilevanza anche nei processi diversi da quello nell’ambito del quale è intervenuta la pronuncia
della predetta Corte” (così la predetta ordinanza Ercolano, massima n. 252933).
In secondo luogo, si è evidenziato, quanto al circoscritto aspetto della determinazione
della pena, che l’articolo 442 c.p.p. deve considerarsi norma di diritto materiale, nei termini già

aveva, appunto, affermato che l’art. 442, co. 2, c.p.p. costituiva e che l’art. 7 co. 1 D.L. n. 341/2000, nonostante la formulazione, non poteva
considerarsi una norma interpretativa, perché ).
Infine, è stato individuato, quale idoneo strumento di eventuale adeguamento interno,
cui ricorrere al fine di garantire concreta applicazione al principio della legalità della pena
anche nella sua valenza convenzionale, l’incidente di esecuzione disciplinato dall’articolo 670
c.p.p., nell’ambito del quale superare, se del caso, il giudicato.
Tale quadro sistematico – come ora riassunto – è stato convalidato dalla recente
sentenza della Corte Costituzionale n. 210 del 24 luglio 2013 che, pronunciatasi sulla
menzionata questione di legittimità rimessale dalle Sezioni Unite di questa Corte (ordinanza n.
34472/2012 nel caso Ercolano), ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 7, co. 1, D.L. n. 341/2000
(che, con effetto retroattivo, aveva determinato la condanna all’ergastolo di imputati ai quali
era applicabile il precedente testo dell’art. 442, co. 2, c.p.p., in base al quale avrebbero dovuto
essere condannati alla pena di trenta anni di reclusione) per violazione dell’art. 7 della
Convenzione EDU, quale norma interposta rispetto all’art. 117, primo comma, Cost., nella
parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi
internazionali.
Preso atto che, con la sentenza Scoppola del 17.9.2009, la Corte EDU, mutando il
proprio precedente e consolidato orientamento, ha ritenuto che

, e che
tale principio si traduce , il Giudice delle leggi ha individuato nella fattispecie esaminata una violazione del
suddetto art. 7, paragrafo 1, della Convenzione, in quanto l’art. 30 della L. n. 479/99 (che,
nella successione delle leggi in materia, aveva reso nuovamente possibile l’accesso al rito
3

messi in luce dalla Corte europea nella decisione del caso Scoppola c. Italia (la Corte EDU

abbreviato per i reati punibili con la pena dell’ergastolo, prevedendo la sostituzione di questa
pena con quella di trenta anni di reclusione) si traduceva in una disposizione penale posteriore
meno severa e, pertanto, l’art. 7 della Convenzione imponeva di farne beneficiare il ricorrente.
Alla luce della citata declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 7 D.L. n.
341/2000, in riferimento all’art. 117, primo co., Cost. in relazione all’art. 7 della CEDU, le
Sezioni Unite di questa Corte, all’udienza del 24.10.2013, celebratasi a definizione del caso
Ercolano hanno dato, secondo l’informazione provvisoria diramata, risposta affermativa al
quesito “se il Giudice dell’esecuzione, in attuazione dei principi dettati dalla Corte EDU con la

all’esito di giudizio abbreviato, con la pena degli anni trenta di reclusione in tal modo
modificando il giudicato con l’applicazione della legge più favorevole”.
3. Tutto ciò premesso e ritenuto, va affermata la concreta applicabilità del principio
discendente dalla sentenza della CEDU in data 17.9.2009 a tutte quelle situazioni, come quella
relativa al CANTATORE ora in esame, che siano sovrapponibili, nei loro elementi essenziali
aventi rilievo nello schema sopra illustrato, alla situazione valutata dall’anzidetta Corte
sopra nazionale.
In particolare, facendo sempre riferimento a quanto è dato leggere nella citata sentenza
Giannone delle Sezioni Unite, confermata dalla informazione provvisoria sulla recentissima
sentenza Ercolano, la conversione della pena dell’ergastolo in quella di anni trenta è dovuta, in
sede esecutiva, nel caso in cui il rito abbreviato sia stato ammesso tra il 2 gennaio e il 24
novembre 2000, e cioè nella vigenza dell’articolo 30, comma 1, lett. B), L. n. 479/99 (che
prevedeva che, in esito al rito speciale, all’ergastolo si sostituisse la pena di anni trenta di
reclusione), mentre la decisione definitiva sia stata pronunciata dopo il 24.11.2000, con
applicazione del D.L. n. 341/2000 (che ripristinava l’ergastolo senza isolamento diurno).
È dunque evidente che, in base a quanto sopra, il ricorso del CANTATORE deve essere
accolto, rientrando la sua situazione processuale, in ordine alla pronuncia per cui è stato
proposto l’incidente di esecuzione, nei parametri sopra individuati. Per conseguenza, la pena
dell’ergastolo, a lui irrogata con sentenza definitiva della Corte di Assise di Appello di Milano in
data 6.2.2001 deve essere sostituita, previo annullamento senza rinvio dell’ordinanza
impugnata, con quella di anni 30 (trenta) di reclusione.

P.Q.M.

annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, determinando la pena in anni trenta di
reclusione in sostituzione di quella dell’ergastolo.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2014

DEPOSITATA

sentenza 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia, possa sostituire la pena dell’ergastolo, inflitta

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