Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8347 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8347 Anno 2016
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da

BARONE Livio, nato a Rosarno iI27/03/1949
BONO Girolamo, nato a a Taurianova il 14/03/1970
BONO Remo, nato a Rosarno il 09/10/1962
BONO Vincenzo, nato a Rosarno il 29/01/1946
CIURLEO Michelangelo, nato a Rosarno il 05/12/1940
GALLO Rocco, nato a Rosarno il 09/11/1968
NAPOLI Francesco, nato a Melicucco il 31/03/1947
NAPOLI Michele, nato a Melicucco il 24/02/1962
PALUMBO Vincenzo, nato a Gioia Tauro l’01/04/1965
PETULLA’ Carmela, nata a Rosarno il 23/08/1955
SERGIO Giuseppe, nato a Rosarno il 01/01/1948
SGAMBETTERA Silvana, nata a Rosarno il 03/10/1954

avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria del 17 aprile 2013;
udita la relazione del consigliere Paolo Antonio Bruno;

Data Udienza: 19/11/2015

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Giuseppe
Corasaniti, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi proposti in favore di Silvana
Sgambettera e Carmela Petullà e l’inammissibilità degli altri;
sentito, poi, l’avv. Giovanni Malara, difensore dell’INPS, che si è associato alle
richieste del Pg., che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi;
sentiti, altresì, gli avv. Giovanni Arilli, sostituto processuale dell’avv. Giovani Greco,
difensore di Vincenzo Bono; l’avv. Nicola Rao, difensore di Silvana Sgambettera e
quale sostituto processuale dell’avv. Angelo Sorace, difensore di Francesco Napoli e

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Reggio Calabria, in
riforma della sentenza del 10 marzo 2005 del Tribunale di Palmi, rideterminata, nei
termini di giustizia, la pena inflitta a Vincenzo Bono, Girolamo Bono, Rocco Gallo,
Vincenzo Palumbo, Carmela Petullà, Augusto Livio Barone, Remo Bono,
Michelangelo Ciurleo, Francesco Napoli, Michele Napoli, Giuseppe Sergio e Silvana
Sgambettera; confermava nel resto con consequenziali statuizioni.

2. Le persone sopra nominate erano state ritenute responsabili di reati di cui ai
capi A), C), D) E) G) ed H), ossia:
A) ai sensi dell’art. 416, commi 1, 3 e 5 cod. pen. per essersi associati tra loro
allo scopo di consumare un numero pressoché illimitato di truffe in danno dell’INPS
mediante la produzione di atti falsi e l’apparente costituzione di centinaia di rapporti
di lavoro di bracciantato agricolo; Bono Vincenzo, Bono Girolamo, Petullà, Palombo
ed altra persona per avere costituito, promosso e organizzato l’associazione
assumendo le vesti di falsi datori di lavoro e producendo presso le sedi istituzionali
la documentazione falsa necessaria per le assunzioni, tutti gli altri per avere assunto
la veste di procacciatori della mano d’opera da avviare al lavoro; con l’aggravante di
aver agito in numero superiore a 10.
C)

ai sensi degli artt. 81, 110, 112 n. 1, 468, 61 n. 2 cod. pen. perché in

concorso tra loro ed in numero superiore a cinque con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, al fine di commettere reati di truffa di cui ai capi
successivi contraffacevano il sigillo dell’Ufficio del Registro di Palmi o comunque
facevano uso di tale sigillo contraffatto apponendone l’impronta sulle attestazioni di
registrazione dei contratti di affitto di cui al precedente capo A).
D) ai sensi 81, 110, 112 n. 1, 482, 476, 61 n. 2 cod. pen. perché in concorso
tra di loro ed in numero superiore a cinque con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, al fine di commettere reati di truffa di cui ai successivi capi
formavano, mediante utilizzazione di timbri falsi della Comune di Rosarno,

2

Michele Napoli; l’avv. Angelo Rossi, difensore di Rocco Gallo.

attestazioni di autenticazione delle firme

specificamente indicate (relative a

contratti di vendita frutto pendente stipulati dalla Petullà).
E) ai sensi 81, 110, 112 n. 1, 468, 61 n. 2 cod. pen. perché in concorso tra loro
ed in numero superiore al cinque, ed al fine di commettere reati di truffa di cui ai
capi successivi, contraffacevano il sigillo del Comune di Rosarno (timbro tondo con
logo) o comunque facevano uso di tale sigillo contraffatto, apponendo l’impronta in
calce alle autenticazioni di firma di cui al caso D).
G) ai sensi 81, 110, 112 n. 1, 468, 61 n. 2 cod. pen. perché in concorso tra loro

ed in numero superiore al cinque, ed al fine di commettere reati di truffa di cui ai
capi successivi, contraffacevano il sigillo dell’Ufficio UTE di Reggio Calabria (timbro
tondo con logo), apponendo l’impronta in calce ai certificati catastali di cui al capo
precedente;
H) ai sensi degli artt. 110, 112 n.1, 81, 640 n. 1 perché in concorso tra loro e
con numerosi falsi braccianti per i quali si procede separatamente avvalendosi degli
artifici di cui ai capi precedenti, denunciavano al competente Ufficio del
Collocamento fittizi rapporti di lavoro – nei quali il Gallo Palombo, Petullà, Bono
Vincenzo e Bono Girolamo apparivano essere datori di lavoro- così inducendo in
errore l’Inps che erogava indebite prestazioni previdenziali ed assistenziali ai falsi
lavoratori per importi complessivamente superiori a E 2.000.000.000.
Avverso l’anzidetta pronuncia, i difensori degli imputati di seguito indicati,
hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, ciascuno affidato alle ragioni di
censura di seguito indicate.
Il ricorso in favore di Girolamo Bono, proposto dall’avv. Vincenzo Borgese,
lamenta che la valutazione della posizione dell’imputato sia stata condizionata dalla
confessione del padre Vincenzo Bono, che, peraltro, era stata illogicamente
frazionata per giustificare il proscioglimento di altri imputati. Erroneamente, era
stato ritenuto che la colpevolezza dell’odierno ricorrente fosse desumibile dal
numero di firme, a suo nome, poste in calce ai documenti di questione.
Si duole, poi, che la provvisionale sia stata applicata a carico dell’odierno
ricorrente, in solido con altri imputati in riferimento ai reati di truffa, il cui profitto
era stato percepito esclusivamente da Vincenzo Bono.
Il ricorso proposto dall’avv. Gregorio Cacciola in favore di Remo Bono, Girolamo
Bono, Silvana Sgambettera, Giuseppe Sergio, Livo Barone e Vincenzo Palombo
deduce, con il primo motivo, violazione di legge, mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della mutazione, contestando la ritenuta sussistenza del reato
associativo. Osserva, poi, che il certo coinvolgimento del reo confesso Vincenzo
Bono aveva condizionato la valutazione di altri imputati a vario titolo a lui legati da
rapporto di parentela o affinità. Contesta, inoltre, le motivazioni che avevano
sostanziato l’affermazione di colpevolezza degli imputati ed il riconoscimento del
reati di truffa a loro carico.

3

i

Il ricorso proposto dall’avv. Giovanni Greco in favore di Bono Vincenzo denuncia
violazione di legge e difetto motivazionale con riferimento agli artt. 62 bis e 133
cod. pen. Si contesta, in particolare, la valutazione delle risultanze processuali e la
sussistenza dell’aggravante dell’art. 112 n. 1 cod. pen. Lamenta, inoltre, la
mancata concessione delle generiche e l’entità della pena inflitta.
Identici motivi del ricorso vengono dedotti dallo stesso difensore in favore di
Carmela Petullà.
Il ricorso in favore di Silvana Sgarnbettera, proposto dall’avv. Nicola Rao,

valutazione delle risultanze processuali ed alla ritenuta sussistenza del reato
associativo.
Il ricorso in favore di Ciurleo Michelangelo, proposto dall’avv. Vincenzo Borgese,
contesta la valutazione delle risultanze processuali addotte a sostegno
dell’affermazione di colpevolezza, dovuta solo alla disponibilità di un terreno da
parte dello stesso imputato. Lamenta, inoltre la mancata rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale anche per l’espletamento di perizia calligrafica.
Il ricorso proposto in favore di Rocco Gallo, proposto dall’avv. Angelo Rossi,
lamenta violazione di legge e difetto motivazionale, con particolare riferimento agli
artt. 62 bis e 133 cod. pen., segnatamente alla ritenuta sussistenza del reato
associativo ed all’aggravante di cui all’articolo 112 n. 1 cod. pen. nonché al diniego
delle attenuanti generiche ed all’eccessiva entità della pena inflitta.
Il ricorso proposto, in favore di Francesco Napoli, dall’avv. Angelo Sorace
deduce violazione di legge, con riferimento agli artt. 482, 476 e 61 n. 2 cod. pen.,
sul rilievo della ritenuta sussistenza del reato di falso in mancanza dei necessari
presupposti soggettivi ed oggettivi. Sostiene, inoltre, l’insussistenza delle
aggravanti si cui agli artt. 112 n. 1 e 61 n. 2 cod. pen.
Identici motivi sono proposti dallo stesso difensore nell’interesse di Michele
Napoli.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La prima ragione di censura in favore di Girolamo Bono, afferente al profilo
di responsabilità, è inammissibile, vuoi perché meramente reiterativa di questione
già agitata in sede di appello – al di là di ogni specifico rilievo critico alle ragioni in
forza delle quali è stata rigettata dal giudice a quo – vuoi perché riguardante
questione di merito in ordine alla quale la risposta motivazionale della Corte reggina
non offre il destro a censure di sorta, siccome immune da incongruenze od errori di
sorta. La motivazione riguardante la valutazione delle risultanze probatorie integrata, per quanto di ragione, da quella di primo grado, che, stante la
convergenza in punto di penale responsabilità forma con quella in esame una sola
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denuncia violazione di legge e difetto motivazionale, con riferimento alla

entità giuridica – offre un quadro probatorio, correttamente ritenuto valido in
funzione della statuizione di colpevolezza.
Infine, è inammissibile la doglianza relativa alla provvisionale, sia perché – per
quanto è dato cogliere dalla stessa narrativa della sentenza impugnata – una tale
questione non era stata proposta in appello, sia perché, ad ogni modo, sono
improponibili, in questa sede, profili contestativi in ordine alla provvisionale, posto
che alla pronuncia di questa Corte consegue l’immediata definitività di tutte le
statuizioni di merito, anche sul versante civilistico.

Gregorio Cacciola in favore di Remo Bono, Girolamo Bono, Silvana Sgambettera,
Giuseppe Sergio, Livo Barone e Vincenzo Palombo, riguardante la ritenuta
sussistenza del reato associativo, è inammissibile in quanto relativa a questione
prettamente di merito, notoriamente improponibile in questa sede di legittimità, a
fronte di motivazione pertinente e formalmente corretta. Tale – come, in
precedenza, rilevato – deve intendersi quella in esame, che offre ampia
giustificazione della ritenuta sussistenza di un sodalizio delinquenziale concepito e
realizzato per commettere una serie indeterminata di truffe e di reati ad esse
correlati, in danno dell’INPS.
Con appagante giustificazione è stata indicato, in riferimento a ciascun
ricorrente, il ruolo partecipativo alla detta consorteria ed all’ideato sistema
fraudolento inteso all’indebita percezione di somme a titolo di prestazioni
previdenziali ed assistenziali, per falsi rapporti di lavoro.
1.2. Il ricorso proposto dall’avv. Giovanni Greco in favore di Bono Vincenzo è
manifestamente inammissibile siccome afferente all’assetto sanzionatorio e,
dunque, a questione di merito insindacabile in questa sede, a fronte di motivazione
adeguata e pertinente. In particolare, risulta pienamente giustificato il diniego delle
attenuanti generiche, anche in ragione del ruolo apicale assunto dal Bono
nell’organizzazione delinquenziale (quale vera e propria “mente” del gruppo) e,
quindi la determinazione della pena inflitta, peraltro in linea con i parametri
valutativi di cui all’art. 133 cod. pen., avuto particolare riguardo all’obiettiva entità
dei fatti in contestazione ed alla personalità dell’imputato.
Non ha ragione d’essere, infine, la contestazione relativa alla sussistenza
dell’aggravante di cui all’art. 112, n. 1 cod. pen., essendo evidente il numero
superiore a cinque dei concorrenti nei reati in contestazione.
1.3. L’identità delle ragioni di censura proposte dallo stesso difensore in favore
di Carmela Petullà, consente, come è ovvio, di ritenere estensibile anche a lei il
giudizio di inammissibilità alla stregua dei motivi addotti in relazione alla posizione
di Bono Vincenzo.

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1.1. La prima delle doglianze che sostanziano il ricorso proposto dall’avv.

Sa fia, in particolare, riferimento alla ritenuta validità dell’impianto
giustificativo della pronuncia impugnata quanto alla sussistenza di una struttura
associativa ed alla partecipazione alla stessa dell’imputata.
1.4. Anche il ricorso in favore di Ciurleo Michelangelo attiene ad improponibile
questione di merito, pur in presenza di risposta motivazionale del tutto appagante
nell’indicazione degli elementi probatori a carico dello stesso. Deve essere disattesa
la doglianza riguardante il mancato espletamento di perizia calligrafica, posto che
dall’insieme argomentativo emergono implicitamente – ma non per questo meno

considerato che la perizia, per il suo carattere “neutro” sottratta alla disponibilità
delle parti e rimessa alla discrezionalità del giudice, non può farsi rientrare nel
concetto di prova decisiva (tra le tante, Sez. 4, n. 14130 del 22/01/2007, Rv.
236191).
1.5. Il ricorso proposto in favore di Rocco Gallo è, chiaramente, inammissibile
risolvendosi in censure volte all’assetto sanzionatorio, pur a fronte di risposta
motivazionale del tutto pertinente e corretta nell’indicazione dei motivi del ribadito
diniego delle attenuanti generiche e nella determinazione della pena, specie alla
stregua delle peculiarità ed entità dei reati in contestazione e della personalità
dell’imputato.
Inoltre, non ha ragion d’essere la contestazione relativa alla riconosciuta
sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 112 n. 1 cod. pen., stante l’evidenza del
numero superiore a cinque dei concorrenti nei reati in contestazione.
1.6. Il ricorso in favore Francesco Napoli è manifestamente infondato, non
essendo censurabile la struttura argomentativa in esame, che, invece, ha reso
ampia e corretta spiegazione in merito alla ritenuta sussistenza del reato di falso
ed alla sua riferibilità all’imputato. Inammissibili sono, poi, le doglianze relative al
regime sanzionatorio, a fronte di corretta motivazione, che ha dato conto del
diniego delle attenuanti generiche e dell’entità della pena inflitta, avuto particolare
riguardo alle peculiarità ed entità dei reati in contestazione.
Anche per il ricorso in esame non hanno alcun pregio le censure relative alla
ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 112, n. 1, così come
dell’aggravante prevista dall’art. 61 n. 2 cod. pen., stante l’evidenza del numero dei
concorrenti superiore alle cinque unità ed alla connessione teleologica tra i reati in
contestazione.
1.6. Ancora una volta, il rilievo dell’identità delle censure oggetto del ricorso di
altro imputato, Michele Napoli, rispetto al precedente impugnazione consente
pedissequo richiamo alle motivazioni in forza delle quali il detto ricorso è stato
ritenuta inammissibile.

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chiaramente – le ragioni del mancato accoglimento della richiesta difensiva e

2. Per le ragioni che precedono, tutti i ricorsi devono essere dichiarati
inammissibili, con le consequenziali statuizioni dettate in dispositivo, anche in
ordine alla condanna, in solido, dei ricorrenti alla rifusione delle spese sostenute
dalla parte civile, che si reputa congruo ed equo determinare come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento

Cassa delle ammende nonché, in solido, al rimborso delle spese sostenute nel grado
dalla parte civile, liquidate in € 4.000,00, oltre accessori di legge.

Così deciso il 19/11/2015

delle spese processuali ed al versamento della somma di € 1.000,00 in favore della

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