Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8346 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8346 Anno 2016
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

QIAN Lei, nato in Cina il 17/02/1990

avverso la sentenza del Giudice di pace di Teramo del 22 gennaio 2015;

udita la relazione del consigliere Paolo Antonio Bruno;
sentito il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Procuratore Giuseppe
Corasaniti, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17 maggio 2013 il Giudice di pace di Campli assolveva il
cittadino cinese Lei Qian dal reato di cui all’art.10-bis d.lgs n. 286 del 1998 per
avere fatto ingresso ed essersi trattenuto illegalmente nel territorio dello Stato, sul
rilievo che la norma menzionata aveva perduto rilevanza penale alla luce della
direttiva della Commissione Europea 2008/115/CE, in tema di rimpatrio di cittadini
di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

Data Udienza: 19/11/2015

Pronunciando sul ricorso per cassazione proposto dal Pg di L’Aquila, questa
Corte Suprema, Prima Sezione Penale, con sentenza del 16 settembre 2014,
annullava la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di pace di Teramo per
nuovo giudizio.
Con la sentenza indicata in epigrafe, il giudice del rinvio dichiarava
l’imputato colpevole del reato ascrittogli e, per l’effetto, lo condannava alla pena
di euro 5.000.
Avverso tale pronuncia il difensore dell’imputato, avv. Pietro Marano, ha

Con il primo si eccepisce nullità del processo per mancata traduzione, in
lingua conosciuta dall’imputato, del decreto di citazione del 6.10.2014, ai sensi
dell’art. 143, comma 2, cod. proc. pen., posto che lo stesso imputato non
conosceva la lingua italiana.
Con il secondo motivo, si denuncia inosservanza od erroneità della sentenza
impugnata, posto che il dispositivo di condanna al pagamento della somma di C
5.000 fosse da imputare a titolo di multa od ammenda.
Con il terzo motivo si sostiene che l’imputato non poteva essere condannato,
posto che la direttiva della Commissione Europea n. 115 del 2008 costituiva
fonte sovraordinata alla norma penale in contestazione.
Con il quarto motivo si lamenta il mancato riconoscimento dello stato di
necessità.
Con il quinto, si lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche.
Con ordinanza del 5 maggio 2015 il Presidente dell’adito Tribunale rilevava
che la sentenza impugnata, in quanto recante condanna a sola pena pecuniaria,
in mancanza di statuizioni civili, non fosse suscettibile di appello e disponeva,
pertanto, la trasmissione degli atti a questa Corte di legittimità quale giudice
competente a provvedere.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso – così qualificata l’impugnazione in esame – è inammissibile
perché manifestamente o perché afferente a questioni di merito improponibili in
questa sede di legittimità.
In particolare, è inammissibile il primo motivo, relativo a pretesa nullità del
decreto di citazione per mancata traduzione in lingua nota all’imputato, siccome la
relativa questione è dedotta solo per la prima volta in questa sede di legittimità,
non risultando neppure dedotta innanzi al giudice del rinvio.
Il secondo motivo, riguardante la mancata specificazione del titolo di
imputazione della somma oggetto di condanna è palesemente infondato, posto che,

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proposto appello, innanzi al Tribunale di Teramo, sulla base dei seguenti motivi.

in ragione dalla pacifica natura contravvenzionale del reato contestato era del tutto
ovvia l’implicita connotazione di ammenda della pena pecuniaria applicata.
Inammissibile è il terzo motivo che, dubita ancor’oggi, della sussistenza del
fatto-reato in contestazione. La questione non è, ovviamente, riproponibile in
questa sede, dopo il dictum della pronuncia rescindente che ha statuito, con la forza
del giudicato, che la contravvenzione in esame non è in contrasto con la direttiva
comunitaria, anche alla luce delle menzionate pronunce della Corte di Giustizia
dell’Unione Europea e del precedente di legittimità specificamente richiamato.

mancato riconoscimento della scriminante dello stato di necessità. Ed invero, a
parte la genericità della censura, il giudice a quo ha escluso decisamente che dagli
atti di causa emergessero ragioni di sorta che potessero giustificare l’illegale
presenza dell’imputato nel territorio italiano.
Manifestamente infondato è anche il quinto motivo, relativo alla mancata
concessione delle attenuanti generiche, considerato che dall’insieme motivazionale
risultano implicitamente – ma non per questo meno chiaramente – le ragioni per le
quali l’imputato non fosse meritevole del richiesto beneficio, sul rilievo che la pena,
già fissata nel minimo edittale, non fosse suscettibile di ulteriore riduzione.
L’inammissibilità della censura si riconnette anche alla genericità della stessa,
siccome priva della dovuta specificazione dei motivi per il quali l’invocatro beneficio
avrebbe dovuto essere concesso.

2. Alla declaratoria d’inammissibilità conseguono le statuizioni dettate in
dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Così deciso il 19/11/2015

Attiene ad insindacabile profilo di merito la quarta censura, che lamenta il

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