Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8345 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8345 Anno 2016
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da

MUTASCIO Vivien, nata a Pesaro il 06/03/1984
MANCINI PARENTONI Maria Luisa, nata a Senigallia il 15/08/1950

avverso la sentenza del Tribunale di Pesaro del 05/03/2014:
udita la relazione del consigliere Paolo Antonio Bruno;
sentito il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Giuseppe Corasaniti, che ha
concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi;
sentito, altresì, l’avv. Annunziata Cerboni Bajardi, che si è riportata ai ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

/. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Pesaro confermava la
sentenza del 3 luglio 2013 con la quale il Giudice di pace di Pesaro aveva dichiarato
Vivien Mutascio e Maria Luisa Mancini Parentoni colpevoli dei reati di ingiuria e
minacce nei confronti di Vilma Radocchia e Giulia Di Rocco e, per l’effetto, le aveva
condannate alla pena di € 600,00 di multa ciascuna nonché al risarcimento dei
danni in favore delle persone offese, costituitesi parte civile.

Data Udienza: 19/11/2015

2. Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore delle imputate, avv. Annunziata
Cerboni Bajardi, ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura
di seguito indicate.
Con il primo motivo d’impugnazione si lamenta mancanza di motivazione,
con riferimento all’art. 192 cod. proc. pen., per avere omesso il giudicante di
motivare sulla ritenuta attendibilità delle dichiarazioni delle persone offese,
nonostante la loro attendibilità fosse stata contestata dalle odierne ricorrenti

condomini per i rumori molesti provenienti dall’appartamento occupato dalle signore
Radocchia-Di Rocco, rispettivamente madre e figlia, che erano state pure raggiunte
da espressa diffida dell’amministratore; e l’allegazione del fatto che le stesse
persone offese fossero state condannate dal Tribunale di Pesaro per identici reati in
danno della Mancini, per gli episodi sino al 22.10.2009.
Con il secondo motivo si denuncia illogicità della motivazione che dalle
esposte premesse, in ordine alla riconosciuta “situazione degradata” tra le parti,
dovuta al deterioramento dei rapporti di vicinato, non aveva tratto le dovute
conclusioni, giungendo, illogicamente, ad affermare la colpevolezza delle imputate.
Erano state, inoltre, travisate le dichiarazioni del teste Giombini, allegate, in copia,
al ricorso.
Con il terzo motivo si dubita della reale portata offensiva e minatoria delle
espressioni asseritamente proferite dalle imputate, come riportate in rubrica
(quanto all’episodio del 18.8.2009: “…siete dei pezzi di merda, indemoniati”; “…Voi
fate schifo”; “….Dovete morire tutti….io chiamo i Carabinieri e vi mando in galera”
(nei confronti della Radocchia); e, quanto all’episodio del 22.8.2009: “sei una
puttana….”; “….io ti metto le mani addosso e ti spacco la faccia” (nei confronti della
stessa Radocchia)”; “sei una mongoloide ed handicappata “(nei confronti della Di
Rocco).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La prima ragione di censura è destituita di fondamento. Ed invero,
dall’insieme motivazionale della pronuncia in esame emerge per implicito – ma non
per questo meno chiaramente – il giudizio di piena attendibilità delle dichiarazioni
di accusa delle persone offese, sulle quali si fonda la statuizione di colpevolezza,
anche in ragione della conferma venuta dalla raccolta testimonianza di soggetto
terzo.
Correttamente, il giudice a quo ha ritenuto che il giudizio di affidabilità delle
anzidette dichiarazioni (di per sé sufficiente a giustificare la pronuncia di condanna,
secondo l’insegnamento di questa Corte di legittimità, nella sua più autorevole

2

mediante la produzione documentale versata in atti, attestante le doglianze dei

espressione a Sezioni Unite: Sez. Un. n. 41461 del 19/07/2012, Rv. 253214), non
fosse scalfito dalla documentazione prodotta dalla difesa delle ricorrenti, attestante
circostanze irrilevanti (quali asseriti rapporti conflittuali o di “intolleranza” da parte
di altri condomini) o, nella specie, ininfluenti, in ordine a pregressa animosità tra le
parti.
Infondato è anche il secondo motivo, posto che la riconosciuta situazione
conflittuale inter partes, se poteva valere a spiegare l’accaduto, non ne scriminava,
ovviamente, la valenza delittuosa.

della testimonianza Giombini, che, invece, è stata correttamente assunta a
momento di conferma, specie nella parte in cui il teste ha riferito di aver sentito
urlare nel pianerettolo, confermando così il fatto storico dell’alterco tra le donne,
anche se non è stato in grado di riferire le precise parole proferite nell’occasione,
perché sopraggiunto solo in un secondo momento, quando il litigio era già in atto.
Ingiustamente, poi, le ricorrenti si dolgono della riconosciuta valenza
offensiva alle espressioni in questione, che (integralmente riprodotte in rubrica)
presentavano, invece, obiettivo contenuto gravemente lesivo e denigratorio.

2. Per quanto precede, i ricorsi devono essere rigettati, con le consequenziali
statuizioni dettate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascuna ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 19/11/2015

Non ha pregio neppure la doglianza relativa ad un preteso travisamento

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