Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8342 del 12/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 8342 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
DEGENNARO Gerardo n. Bitonto il 9 ottobre 1954
avverso l’ordinanza emessa il 9 aprile 2013 dal Tribunale di Bari

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Roberto Aniello, che
ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente all’ammontare del sequestro
relativo alla truffa e rigetto nel resto;
sentito il difensore, avv. Gaetano Castellaneta del foro di Bari anche in sostituzione
dell’avv. Raffaele Quarta del medesimo foro, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 12/11/2013

Considerato in fatto
1. In data 8 marzo 2012 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Bari rigettava la richiesta del pubblico ministero di sequestro preventivo di somme di
denaro nei confronti di Degennaro Gerardo per i reati di truffa aggravata CB (capo
2.3.2., fino all’importo di euro 19.797.995,00), per i reati di truffa aggravata e truffa
ex art.640 bis c.p. SP (capo 2.4.2., fino all’importo di 104.685.281,17 euro), per il

all’importo di euro 51.013,34; capo 2.2.14. corruzione commissioni di collaudo
Lerario, fino all’importo di euro 203.510,93, capo 2.3.3. corruzione DL-CB De
Cristofaro, fino all’importo di euro 975.103,48; capo 2.4.12. corruzione DL-SP
Contessa, fino all’importo di 352.353,00 euro).
Il giudice per le indagini preliminari riteneva di dover accogliere la richiesta di
sequestro preventivo nei confronti dei soli indagati per i quali erano stati ravvisati
gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati per i quali poteva essere disposto il
sequestro per equivalente. Nei confronti di Degennaro Gerardo -per il quale la gravità
indiziaria era stata ritenuta solo in relazione ai reati contestati ai capi 2.2.1., 2.2.2.,
2.2.16., 2.3.4., 2.3.5. per i quali era stata applicata la misura cautelare degli arresti
domiciliari- la richiesta di applicazione della misura cautelare reale veniva quindi
rigettata.
2.

Con ordinanza in data 9 aprile 2013 il Tribunale di Bari, in parziale

accoglimento dell’appello del pubblico ministero avverso il suddetto provvedimento di
rigetto, disponeva il sequestro preventivo per equivalente, fino all’ammontare
complessivo di euro 26.354.455,86, nei confronti di Degennaro Gerardo in solido con i
coindagati. In particolare il sequestro preventivo veniva disposto fino all’importo di

reato di corruzione (capo 2.2.12. corruzione commissione di collaudo Sabini, fino

euro 19.797.995,00 per i reati di truffa aggravata e falso ideologico ( capo 2.3.2 CB),
fino all’importo di 5.029.004,38 per i reati di truffa aggravata e truffa ex art.640 bis
c.p. (capo 2.4.2 SP), fino all’importo di euro 200.000,00 per la corruzione Lerario, fino
all’importo di euro 975.103,48 per la corruzione De Cristofaro, fino all’importo di euro
352.353,00 per la corruzione Contessa (per la corruzione Sabini, capo 2.2.12., il
Tribunale non ravvisava una condotta concorrente di Degennaro Gerardo).
Il Tribunale rilevava che, a seguito di appello del pubblico ministero, il Tribunale
di Bari con ordinanza emessa in pari data aveva riconosciuto la gravità indiziaria nei
confronti del Degennaro Gerardo per tutti i reati sopra indicati, tranne quello indicato

ct,

al capo 2.2.12 (corruzione Sabini), con ampia motivazione riportata pressocté
integralmente nell’ordinanza sull’appello cautelare reale.

3. Avverso la predetta ordinanza Degennaro Gerardo ha proposto, tramite il
difensore avv. Raffaele Quarta, ricorso per cassazione.

3.1. Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt.322-ter e 640-quater

(parcheggio piazza Cesare Battisti) e la violazione del principio di diretta correlazione
tra la condotta criminosa e il vantaggio economico. Nel ricorso si rileva che il
sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente presuppone che
l’imputato abbia gil conseguito il profitto illecito; erroneamente il Tribunale aveva
ritenuto che sarebbero da considerare indebitamente percepite tutte le somme
derivanti dagli introiti connessi con la gestione del parcheggio di piazza Cesare Battisti
da parte della società veicolo nell’ambito del project financing, quale vantaggio tratto
dall’illecito e a questo strettamente connesso. Il ricorrente richiama le sentenze della
Sezioni Unite n.26654 del 2008 (ric. Fisia italimpianti), quanto all’individuazione del
profitto nel vantaggio economico direttamente e immediatamente correlato alla
condotta criminosa, e n.38691 del 2009 in cui si esclude la possibilità di una dilatazione
indefinita del concetto di profitto ad ogni e qualsiasi vantaggio patrimoniale. Il
ricorrente si riporta, infine, ai motivi presentati dall’avv. Giancarlo Chiariello
nell’interesse del coindagato Degennaro Daniele Giulio.

3.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt.321, 125 co.3
c.p.p., 322-ter c.p.. Il ricorrente si duole che non si sia tenuto conto delle
argomentazioni difensive -essendosi il giudice di merito limitato alla prospettazione
accusatoria nel valutare il fumus commissi delicti, che deve comunque essere coerente
con gli elementi fattuali integranti l’ipotesi criminosa- noncl -é del riferimento
nell’ordinanza impugnata alla parallela ordinanza in tema di misure cautelari personali
(in cui è esclusa la corruzione Sabini) per la quale non era stato ancora notificato
avviso di deposito.
Passando all’esame dei singoli reati (quanto alla corruzione Sabini, capo 2.2.12,
nei confronti del ricorrente era stata esclusa con separata ordinanza la gravità
indiziaria, ma non risulta essersi formato il giudicato cautelare) nel ricorso si deduce
quanto segue:

L

in relazione alla quantificazione del profitto del reato di truffa contestato al capo 2.3.2.

- in relazione al reato contestato al capo 2.3. 2. (truffa e falso CB) la motivazione
sarebbe solo apparente, avendo il Tribunale ignorato le deduzioni difensive contenute
nella memoria in atti e ignorato le argomentazioni contenute nell’ordinanza oggetto di
appello; vi sarebbe carenza assoluta di motivazione in ordine agli elementi costitutivi
della truffa; lo stesso Tribunale, quanto al riconoscimento dei maggiori costi, aveva
fatto riferimento ad un errore progettuale della concessionaria incompatibile con il

– in relazione al reato contestato al capo 2.3.3. (corruzione De Cristofaro)
sarebbe indimostrato il nesso causale tra le dazioni al De Cristofaro, direttore dei
lavori per il parcheggio di piazza Cesare Battisti, e gli atti contrari ai doveri d’ufficio; la
consapevole creazione di una contabilità in nero non sarebbero indicativa per il
ricorrente della conoscenza che le dazioni al pubblico ufficiale costituissero
remunerazioni per atti contrari ai doveri di ufficio; sul conto corrente attraverso il
quale venivano effettuate erogazioni al De Cristofaro operavano diversi soggetti, con
rimesse provenienti da varie provviste;
– in relazione al reato contestato al capo 2.4.2 (truffa in danno del Comune di
Bari per Direzionale S. Paolo) si rileva che la principale condotta contestata agli
indagati è consistita nell’aver rendicontato in corso di esecuzione le opere realizzate in
modo da includere quali voci di costo importi estranei ad esse, cicè i costi non
effettivamente sostenuti, l’utile dei Degennaro e l’I.V.A. sui costi apparentemente
sostenuti, senza considerare che nel project finance “la principale garanzia per il

rimborso dei finanziamenti è rappresentata dai flussi di cassa del progetto che si
devono manifestare con adeguati livelli di certezza e da un’efficace gestione dei rischi
legati all’iniziativa, che permette di limitare la possibilità che i flussi di cassa previsti
vengano mend’; inopinatamente la costituzione della società veicolo, Area Bersaglio, da
parte dei Degennaro, aggiudicatari della gara, era stata interpretata come strumento
di un raggiro attraverso il quale sarebbe stata perpetrata la truffa contestata al capo
2.4.2..

in relazione al reato contestato al capo 2.4.12 (corruzione Contessa)

l’ascrivibilità dell’ipotesi di reato al ricorrente sarebbe stata desunta unicamente dalla
consapevolezza delle vicende dell’appalto del Direzionale S. Paolo e dai rapporti avuti
con il Contessa, direttore dei lavori, già prima dell’esecuzione dei lavori; si fa, inoltre,
riferimento nell’ordinanza impugnata a conversazioni citate nella parallela ordinanza ex
art.310 c.p.p. di cui non era stato ancora notificato l’avviso di deposito.

k-

dolo del reato di truffa;

5

– in relazione, infine, al reato contestato al capo 2.2.14 (corruzione Lerario), il
ricorrente si duole che sia stato ravvisata nei suoi confronti l’astratta configurabilità
del reato sulla base della qualità di amministratore di fatto della DEC s.p.a. e di
“gestore” degli aspetti finanziari del gruppo del cantiere di piazza Giulio Cesare
desunte da e mail e conversazioni con il Lerario successive all’inaugurazione del

parcheggio di piazza Giulio Cesare e quindi risalenti ad un periodo in cui l’attività di
collaudatore dell’ing. Lerario si era ormai esaurita; peraltro nessun indizio su atti

Ritenuto in diritto
4. Il ricorso è fondato unicamente quanto alla determinazione del quantum del
sequestro.

4.1. Quanto al secondo motivo, che in ordine logico precede il primo, la Corte
ne ritiene l’infondatezza.
Va premesso che l’eventuale omessa valutazione di memorie difensive può
pertanto influire solo sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione
della decisione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le
ragioni difensive (Cass. sez.VI 28 febbraio 2012 n.18453, Cataldo), ben potendo
peraltro gli argomenti esposti in una memoria di parte essere disattesi anche per
implicito dal giudice, pur in presenza di una omessa espressa disamina, per essere le
argomentazioni difensive incompatibili con la struttura della motivazione del
provvedimento (Cass. sez.I 6 luglio 2007 n.34531, Gangemi; sez.V 16 dicembre 2008
n.11752, Quaranta).
Va inoltre rilevato che, secondo quanto affermato più volte da questa Corte,
anche a Sezioni Unite (Cass. Sez.Un. 29 maggio 2008 n.25932, Ivanov; 28 gennaio
2004 n.5876, p.c.Ferrazzi in proc. Bevilacqua; 28 maggio 2003 n.25080, Pellegrino), il
ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma degli artt.322 bis e 324
c.p.p. in materia di sequestro preventivo e di sequestro probatorio (in quest’ultimo
caso per effetto del rinvio operato dall’art.257 c.p.p. all’art.324 c.p.p.) può essere
proposto esclusivamente per il vizio di violazione di legge, comprendente sia
l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale sostanziale e processuale
(art.606 co.1 lett.b e c c.p.p.) sia il difetto di motivazione che si traduca, a sua volta,
in una violazione della legge processuale (art.125 co.3 c.p.p.) perché l’apparato
argomentativo manchi completamente o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza,

contrari ai doveri di ufficio e su dazioni di utilità sarebbe emerso.

completezza e di ragionevolezza che consentano di rendere comprensibile l’iter logico
posto a fondamento del provvedimento impugnato (motivazione meramente
apparente). E’ pertanto preclusa alla Corte una valutazione che possa risolversi in
un’anticipata decisione della questione dì merito e quindi in una verifica in concreto
della fondatezza della tesi accusatoria. Il sindacato sulle condizioni di legittimità della
misura cautelare reale si realizza infatti attraverso una delibazione sommaria della
congruità degli elementi rappresentati in cui, senza prescindere dalle concrete

n.15448, Vecchione; sez.VI 21 giugno 2012 n.35786, Buttini; sez.V 26 gennaio 2010
n.18078, De Stefani; sez.II 2 ottobre 2008 n.2808, Bedino; sez.V 15 luglio 2008
n.37695, Cecchi Gori; sez.IV 29 gennaio 2007 n.10979, Veronese; sez.I 19 dicembre
2003 n.1885, Cantoni; sez.II 21 ottobre 2003 n.47402, Di Gioia; sez.III 11 giugno
2002 n.36538, Pianelli; sez.VI 3 marzo 1998 n.731, Campo; Sez. Un.20 novembre
1996 n.23, Bassi), possono rilevare eventuali difformità tra fattispecie legale e
fattispecie reale solo se ravvisabili ictu °cui/.
Nell’ordinanza impugnata il giudice di merito ha riportato, in relazione ai singoli
reati, la motivazione dell’ordinanza con la quale in pari data il collegio del Tribunale di
Bari, composto dai medesimi magistrati, aveva accolto parzialmente l’appello del
pubblico ministero ritenendo la gravità indiziaria nei confronti di Degennaro Gerardo in
ordine ai reati per i quali era stato chiesto il sequestro preventivo, ad eccezione di
quello indicato al capo 2.2.12 (corruzione Sabini). Anche se detta ordinanza alla data
di presentazione del ricorso non era stata ancora portata a conoscenza delle parti, non
essendo stato inviato all’indagato e ai suoi difensori il relativo avviso di deposito, la
Corte rileva che il testo di detto provvedimento, nella parte riprodotta nell’ordinanza
impugnata, fa parte integrante della motivazione del provvedimento impugnato e il
suo contenuto non può che rispecchiare il convincimento del collegio che sulla misura
cautelare personale, nella medesima composizione e nella stessa data, si era
pronunciato. La motivazione nel caso in esame non è stata predisposta

per

relationem, attraverso un mero richiamo ad altro provvedimento che, in tal caso,
avrebbe dovuto essere “conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno
al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed,
eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della
valutazione o dell’impugnazione” (Cass. Sez.Un.21 giugno 2000 n.17, Primavera), ma
attraverso la trascrizione dell’atto di riferimento nel provvedimento da motivare in
relazione ai singoli reati per i quali era applicabile il sequestro per equivalente ed era

risultanze processuali e dalle contestazioni difensive (Cass. sez.IV 14 marzo 2012

9stata ritenuta la gravità indiziaria (e poteva quindi, a maggior ragione, ritenersi
sussistente il

fumus commissi delicti).

Deve quindi ritenersi che, indipendentemente

dalla conoscibilità del contenuto dell’atto di riferimento dalla parte interessata
attraverso la procedura delle notifiche, la trascrizione nel provvedimento da motivare
abbia consentito al ricorrente di valutare le ragioni della decisione inerente alla misura
cautelare reale.

valutazione di insussistenza del presupposto del

fumus commissi delicti ai fini

dell’emissione del sequestro preventivo si può legittimamente tener conto del
provvedimento di annullamento dell’ordinanza dispositiva della misura cautelare
personale, nel quale sia stata rilevata l’inidoneità delle condotte contestate
all’indagato ad integrare il reato ipotizzato, dal momento che l’esclusione, con siffatta
motivazione, della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza fa venire meno la stessa
astratta configurabilità della fattispecie criminosa, che è invece requisito essenziale
per l’applicabilità della misura cautelare reale (Cass. sez.VI 25 ottobre 2011 n.39249,
P.M. in proc. Ciotola; sez.II 17 aprile 2007 n.19657, p.M. in proc. Grieco). Deve
ritenersi pertanto che nella situazione inversa, come quella in esame, con la ritenuta
sussistenza della gravità indiziaria ai fini della misura cautelare personale
implicitamente sia stato riconosciuto anche il fumus commissi delicti. Nell’ambito del
procedimento incidentale concernente le misure cautelari reali non può infatti
prescindersi dall’esito del parallelo procedimento incidentale relativo alle misure
cautelari personali, che, nel caso di specie, si è concluso in sede di appello cautelare
con l’affermazione della gravità indiziaria anche in ordine ai reati contestati ai capi
2.3.2., 2.4.2., 2.2.14., 2.3.3., 2.4.12). Infatti gli indizi di colpevolezza e la gravità
degli stessi, pur non essendo previsti tra i presupposti di applicabilità del sequestro

Quanto al contenuto del provvedimento impugnato la Corte rileva che per la

preventivo, ove ritenuti sussistenti, presuppongono la valutazione delle condotte
dell’indagato in maniera conforme a quella indispensabile per l’integrazione della
fattispecie criminosa e quindi dell’astratta configurabilità del reato che è requisito
imprescindibile dell’applicabilità della misura cautelare reale.
Le doglianze del ricorrente si traducono in censure di merito che non possono
trovare spazio in questa sede e che, peraltro, sono state adeguatamente affrontate
nell’ordinanza impugnata mediante la trascrizione delle argomentazioni addotte in
separata ordinanza a sostegno della gravità indiziaria.
In ordine ai reati di truffa e falso CB (capo 2.3.2), il Tribunale ha posto in risalto

A”,

42

quali elementi indiziari componenti il quadro di gravità indiziario il contenuto delle
numerose conversazioni intercettate, la significativa documentazione acquisita e la
relazione del consulente del pubblico ministero circa le numerosissime voci di costo
approvate nella perizia di variante redatta dall’ing. De Cristofaro, direttore dei lavori,
che non nascevano da fattori sopravvenuti e non imputabili all’impresa e che
infondatamente giustificavano il riconoscimento di nuovi costi in favore della

prospettare una lettura alternativa delle risultanze investigative che non può avere
rilevanza in sede di legittimità.
Quanto alla corruzione De Cristofaro (capo 2.3.3.) nella motivazione
dell’ordinanza impugnata si richiamano le valutazioni fatte in tema di misura cautelare
personale circa il collegamento tra le elargizioni (pagamenti “in nero” e acquisto a
condizioni di favore di due appartamenti da parte delle figlie) ricevute dal De
Cristofaro, il quale già versava in una situazione di incompatibilità essendo dipendente
“in nero” della DEC s.p.a., con lo svolgimento a partire dal 2004 dell’incarico di
direttore dei lavori dell’appalto per la realizzazione del parcheggio di piazza Cesare
Battisti, tenuto conto dei vantaggi economici assicurati dalle relazioni a sua firma cui
si faceva esplicito riferimento nelle conversazioni intercettate.
In relazione al capo 2.4.2 (truffa ai danni del Comune di Bari per Direzionale S.
Paolo), il ricorrente propone una ricostruzione personale della vicenda contrattuale in
cui sostanzialmente si disconosce da un lato l’attendibilità delle conclusioni del
consulente del pubblico ministero quanto al riconoscimento di un preteso incremento
dei costi da 33.000.000,00 di euro circa a 49.000.000,00 di euro circa, comprensivi di
IVA e dall’altro lato si deduce sostanzialmente un’erronea interpretazione della
vicenda contrattuale, affermandosi che le varianti erano state tutte determinate da
fatti sopravvenuti durante l’esecuzione dei lavori per l’entrata in vigore della nuova
normativa antisismica e dai problemi emersi durante lo scavo. Si tratta all’evidenza di
di valutazioni di merito non proponibili in questa sede, coinvolgendo peraltro aspetti di
natura anche tecnica risolvibili solo in sede di accertamenti peritali.
In relazione al capo 2.4.12 (corruzione Contessa), vale quanto detto in ordine
alla corruzione de Cristofaro circa la stretta correlazione, anche temporale, individuata
nell’ordinanza impugnata tra i reati attribuiti al Contessa quale direttore dei lavori del
Direzionale San Paolo e l’anomala consegna ritardata dell’immobile acquistato dalla
società del gruppo Degennaro con un consistente sconto. Detta correlazione giustifica

concessionaria Gestipark Cesare Battisti s.r.I.. Sul punto il ricorrente si limita a

s
ampiamente la ritenuta gravità indiziaria in capo al ricorrente, anche per i rapporti
avuti con il Contessa personalmente, in ordine al reato di corruzione.
In ordine alla corruzione Lerario (capo 2.2.14), le doglianze sono estremamente
generiche e non tengono conto degli elementi indiziari rappresentati in relazione alla
misura cautelare personale e richiamati nell’ordinanza impugnata. In particolare
nell’ordinanza impugnata si evidenziano i frequenti rapporti

(mai!,

conversazioni

componente della commissione di collaudo nell’ambito dell’appalto relativo al
parcheggio di piazza Giulio Cesare, dall’altra nonché dei rapporti dello stesso Lerario
con il ricorrente in relazione all’incarico professionale relativo all’appalto di Terlizzi
svolto in concomitanza con la funzione di collaudatore dell’opera realizzata in Bari.

4.2. Il primo motivo è fondato.
Questa Corte ha già affermato, anche in tema di truffa aggravata per il
conseguimento di erogazioni pubbliche, che il sequestro preventivo, funzionale alla
confisca per equivalente, non può avere ad oggetto beni per un valore eccedente il
profitto del reato, sicché si impone la valutazione relativa all’equivalenza tra il valore
dei beni e l’entità del profitto (Cass. Sez.VI 23 novembre 2010 n.45504, Marini;
sez.III 4 aprile 2012 n.3260, P.M. in proc. Currò; sez.VI 10 gennaio 2013 n.19051,
Curatela fall. Soc. tecno hospital s.r.I.; sez.VI 8 aprile 2013 n.24277, Rolli). Il
legislatore ha esplicitamente previsto che il sequestro per equivalente colpisca
soltanto beni per un valore “corrispondente” al profitto conseguito dall’indagato,
volendo, con tale espressione, escludere un sequestro indiscriminato dei beni
dell’indagato di valore eccedente il profitto del reato, stabilendo così un rapporto di
“congruità” tra il profitto conseguito ed il valore dei beni sottoposti a vincolo e

intercettate) tra Gerardo e Daniele Degennaro da una parte e l’ing. Lerario,

suscettibili di confisca (Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008 Fisia Italimpianti Spa, nella
cui motivazione si chiarisce che l’espropriazione non può comunque eccedere nel
quantum l’ammontare complessivo del profitto accertato).
La Corte rileva che nell’ordinanza impugnata, in relazione al

quantum del

sequestro, in particolare di quello relativo al reato di truffa aggravata contestato al
capo 2.3.2. che comunque incide sull’importo complessivo determinato dal giudice di
merito, il “profitto” del predetto reato è stato determinato, conformemente alla
richiesta del pubblico ministero, nel “reale ed effettivo vantaggio economico che,
tramite società di diretto controllo, viene tratto direttamente dalla gestione economica

1,v\,

Ao

del parcheggio in Bari, piazza Cesare Battisti, per un periodo di anni 33 e 1 mese” che
ammonterebbe alla somma di 19.797.995,00 euro, comprendendo tra le somme
indebitamente percepite tutte le somme derivanti dagli introiti connessi con la
gestione del parcheggio, quale vantaggio tratto dall’illecito ed a questo strettamente
connesso. Alla determinazione del quantum il giudice di merito è pervenuto sulla base
di “specifici dati di redditività prospettica di una utilità già attualmente acquisita e cioè
dalla gestione trentennale del parcheggio di piazza Cesare Battisti” -dati estratti da un

asseverati da Banca Intesa BCI (cd. “piano asseverato”)- operando sulla redditività
annuale la duplice rettifica in diminuzione relativa alla deduzione dei costi edelle
imposte dalla redditività complessiva dichiarata e alla previsione di fatti
oggettivamente idonei a ridurre la redditività prevista (ritardo nei lavori, incedere dei
fenomeni inflattivi, maggiorazione dei costi di produzione e di gestione).
Il giudice di merito per giungere a tale determinazione ha richiamato la
sentenza n.26654 del 2008 delle Sezioni Unite di questa Corte (ric. Fisia Italimpianti)
che ha individuato il profitto del reato oggetto della confisca di cui all’art. 19 del
D.Lgs. n. 231 del 2001 nel vantaggio economico di diretta e immediata derivazione
causale dal reato presupposto, puntualizzando tuttavia che, nel caso in cui questo
venga consumato nell’ambito di un rapporto sinallagmatico, non può essere
considerato tale anche l’utilità eventualmente conseguita dal danneggiato in ragione
dell’esecuzione da parte dell’ente delle prestazioni che il contratto gli impone.
Sul punto la Corte rileva che le Sezioni Unite sono intervenute successivamente
con la sentenza n.38691 del 2009 (ric.Caruso) precisando che all’espressione
“vantaggio economico”

non va attribuito il significato di “utile netto” o di “reddito”,

bensì quello di “beneficio aggiunto di tipo patrimoniale” (Cass. Sez. Unite 9 luglio

documento del 27 giugno 2002, ritenuti certi da DEC s.p.a., dalla Bari Park s.r.l. e

2004, n. 29951, Curatela fall., in proc. Focarelli; 9 luglio 2004, n. 29952, Curatela
fall., in proc. Romagnoli), non potendo il termine

“profitto” essere inteso come

espressione di una grandezza residuale o come reddito di esercizio, determinato
attraverso il confronto tra componenti positive e negative del reddito (Sez. Unite 2
luglio 2008, n. 26654, Fisia Italimpianti). Le Sezioni Unite hanno affermato che la
delineata nozione di “profitto” del reato può peraltro subire un ridimensionamento
quando il reato, come nel caso in esame, non si inserisca nell’ambito di un’attività
totalmente illecita. Infatti allorché la condotta penalmente rilevante venga attuata
nell’ambito di un’attività contrattuale e non coincida con la stipulazione del contratto

it”

in sé, ma vada ad incidere unicamente sulla fase di esecuzione del programma
negoziale, è possibile enucleare aspetti leciti del relativo rapporto, con la conseguenza
che il corrispondente profitto tratto dall’agente ben può essere non ricollegabile
direttamente alla condotta sanzionata penalmente. Il corrispettivo di una prestazione
regolarmente eseguita dall’obbligato ed accettata dalla controparte, che ne trae
comunque una concreta utilitas, non può costituire, pertanto, una componente del

(vedi cit. Sez. Unite n. 26654/2008 e, in tema di corruzione, sez. VI 29 aprile 2009 n.
17897, P.M. in proc. Ferretti). Altro principio consolidato nella giurisprudenza di
legittimità è che il profitto del reato presuppone l’accertamento della sua diretta
derivazione causale dalla condotta dell’agente, nel senso che occorre una correlazione
diretta del profitto con il reato ed una stretta affinità con l’oggetto di questo,
“escludendosi qualsiasi estensione indiscriminata o dilatazione indefinita ad ogni e
qualsiasi vantaggio patrimoniale, che possa comunque scaturire, pur in difetto di un
nesso diretto di causalità, dall’illecito” (Cass. Sez. Unite, 19 gennaio 2004 n. 920,
Montella).
Pur apprezzando lo sforzo del giudice di merito di tener conto, nella stima del
profitto, di elementi diretti ad individuare il reale ed effettivo vantaggio economico
tratto dalla gestione del parcheggio di piazza Cesare Battisti tramite società di diretto
controllo nell’ambito della project financing, la Corte non può fare a meno di rilevare
che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, previsto dall’art.
322-ter c.p., presuppone che l’imputato abbia già conseguito il profitto illecito del
reato e che nell’ambito di un rapporto a prestazioni corrispettive deve essere
necessariamente scisso il profitto confiscabile, direttamente derivato dall’illecito
penale, dal profitto determinato dal corrispettivo di una effettiva e corretta erogazione
di prestazioni comunque svolte in favore della stessa pubblica amministrazione,
prestazioni che non possono considerarsi, di per se stesse e per immediato
automatismo traslativo, colorate di illiceità per derivazione dalla causa remota, non
potendosi includere, nella nozione di profitto, qualunque ricavo conseguito per effetto
della stipula di un contratto di appalto illecitamente ottenuto nell’ambito di una
relazione corruttiva (Sez. Un. n. 26654 del 27/03/2008; sez. VI 26 giugno 2008 n.
42300, P.M. in proc. Finanziaria Tosinvest s.p.a.; sez.VI 5 ottobre 2012 n.42530,
Diddi).
Nel caso di specie con l’ordinanza impugnata è stato disposto il sequestro di

profitto da reato, perché trova titolo legittimo nella fisiologica dinamica contrattuale

Az

.

somme di denaro nella disponibilità dell’indagato, il cui valore è stato ritenuto congruo
sulla base di un apprezzamento comunque di tipo meramente presuntivo circa i futuri
ed eventuali vantaggi economici ricavabili nell’ambito della gestione pluridecennale
del parcheggio, quindi senza procedere al necessario accertamento in concreto
dell’entità del profitto reale ed effettivo e tenendo conto di una redditività solo
prospettica ed eventuale che, pur con le rettifiche in diminuzione apportate, si fonda

Anche il “profitto in senso giuridico” -inteso come compendio di tutti i vantaggi,
patrimoniali e non, diretti o indiretti, derivanti dal reato- non può prescindere, a
parere della Corte, dalla considerazione che il profitto del reato, inteso come
vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato (cfr. citata
sentenza Sez.Unite n. 26654 del 2008), va determinato “tenendo conto dell’utilità
eventualmente conseguita in concreto”,

non sussistendo altrimenti alcun profitto

confiscabile (Cass. sez.VI 10 gennaio 2013 n.4297, P.M. e Orsi; sez.VI 5 ottobre 2012
n.42530, Diddi; sez.V 14 dicembre 2011 n.3238, Società Valore s.p.a.; sez.VI 26
marzo 2009 n.17897, P.M. in proc. Ferretti).
Seguendo tale impostazione, la Corte ritiene che erroneamente nella
determinazione del profitto del reato di truffa contestato al capo 2.3.2. sia stato
considerato come “profitto” del reato -con riferimento all’utile che nell’arco temporale
di oltre tre decenni (più di trentatre anni) sarebbe stato tratto, tramite società di
diretto controllo, dalla gestione economica del parcheggio in Bari, piazza Cesare
Battisti- anche il vantaggio economico consistente in “utilità prospettiche e non ancora
acquisite” e quindi solo prevedibili, ma oggettivamente incerte sia nell’an che nel
quantum.

5. Si impone quindi l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato al
Tribunale di Bari che, nel rispetto dei criteri valutativi sopra indicati, dovrà procedere
ad un nuovo esame sul punto; il ricorso va rigettato nel resto.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata limitatamente all’ammontare del sequestro, con rinvio
al Tribunale di Bari per nuovo esame sul punto. Rigetta nel resto.

su una mera previsione, peraltro a lungo termine.

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