Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8341 del 12/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 8341 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
DEGENNARO Daniele Giulio n. Bari il 17 febbraio 1961
avverso l’ordinanza emessa il 9 aprile 2013 dal Tribunale di Bari

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Roberto Aniello, che
ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente all’ammontare del sequestro relativo
alla truffa e rigetto nel resto del ricorso;
sentiti i difensori, avv. Giancarlo Chiariello del foro di Bari e avv. Enzo Musco del foro
di Roma del foro di Roma , che hanno chiesto l’annullamento senza rinvio;
osserva:

Data Udienza: 12/11/2013

2Considerato in fatto
1. In data 8 marzo 2012 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Bari rigettava la richiesta del pubblico ministero di sequestro preventivo di somme di
denaro nei confronti di Degennaro Daniele Giulio per il reato di truffa aggravata CB
(capo 2.3.2, fino all’importo di euro 19.797.995,00)„ per il reato di corruzione (capo
2.2.12 corruzione commissioni di collaudo Sabini, fino all’importo di euro 51.013,34;

203.510,93; capo 2.3.3 corruzione DL-CB De Cristofaro, fino all’importo di euro
975.103,48; capo 2.4.12 corruzione DL-SP Contessa, fino all’importo di 352.353,00
euro).
Il giudice per le indagini preliminari riteneva di dover accogliere la richiesta di
sequestro preventivo nei confronti dei soli indagati per i quali erano stati ravvisati
gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati per i quali poteva essere disposto il
sequestro per equivalente. Nei confronti di Degennaro Daniele Giulio la gravità
indiziaria era stata ravvisata limitatamente ai reati contestati ai capi 2.2.1., 2.2.2.,
2.3.4., 2.4.1., 2.4.2., 2.4.3., 2.4.4., 2.4.5., 2.5.1., per i quali veniva disposta la misura
cautelare personale degli arresti domiciliari, e, conseguentemente, il sequestro
preventivo veniva disposto fino all’importo complessivo di 5.029.004,38 euro solo per i
reati di truffa aggravata e truffa ex art.640 bis c.p. SP (capo 2.4.2., fino all’importo di
5.001.725,85 euro) e di corruzione (capo 2.3.4., corruzione Russo VIA-CB, fino
all’importo di 27.278,53 euro).
2.

Con ordinanza in data 9 aprile 2013 il Tribunale di Bari, in parziale

accoglimento dell’appello del pubblico ministero avverso il suddetto provvedimento di
rigetto, disponeva il sequestro preventivo per equivalente, fino all’ammontare
complessivo di euro 21.325.451,48, nei confronti di Degennaro Daniele Giulio in solido
con i coindagati. In particolare il sequestro preventivo veniva disposto fino all’importo
di euro 19.797.995,00 per i reati di truffa aggravata (capo 2.3.2. CB), fino all’importo
di euro 200.000,00 per la corruzione Lerario (capo 2.2.14.), fino all’importo di euro
975.103,48 per la corruzione De Cristofaro (capo 2.3.3.), fino all’importo di euro
352.353,00 per la corruzione Contessa (2.4.12.).
Il Tribunale rilevava che, a seguito di appello del pubblico ministero, il Tribunale
di Bari con ordinanza emessa in pari data aveva riconosciuto la gravità indiziaria nei
confronti del Degennaro Daniele Giulio anche per tutti i reati oggetto di impugnazione
da parte del pubblico ministero, tranne quello indicato al capo 2.2.12 (corruzione

c,„

capo 2.2.14 corruzione commissioni di collaudo Lerario, fino all’importo di euro

Sabini), con ampia motivazione riportata pressocit integralmente nell’ordinanza
sull’appello cautelare reale. Quanto alla corruzione Russo (capo 2.3.4.) il Tribunale
osservava che nell’ordinanza appellata il giudice per le indagini preliminari aveva già
disposto nei confronti di Degennaro Daniele Giulio il sequestro preventivo di euro
27.258,53 e che pertanto l’appello, riguardante solo le condotte che il giudice per le
indagini preliminari non aveva ritenuto integrare gli estremi del reato contestato, era

3. Avverso la predetta ordinanza Degennaro Daniele Giulio ha proposto, tramite
il difensore avv. Giancarlo Chiariello, ricorso per cassazione.

3.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art.606 lett.b), c) ed e)
c.p.p. in relazione agli artt.546 lett.e), c.p.p., 322-bis, 321, 322-ter, 640 cpv., 640-

quater c.p. in relazione al sequestro preventivo di flussi finanziari, meramente
prospettici e potenziali, connessi alla gestione da parte della DEC s.p.a. del parcheggio
di piazza Cesare Battisti. Nel ricorso si richiama la sentenza delle Sezioni Unite
n.26654 del 2008 (ric. Fisia Italimpianti) sull’individuazione del profitto confiscabile,
nozione cui sarebbero estranei sia i risparmi di spesa, sia i crediti o le aspettative di
somme non effettivamente riscosse. Il Tribunale avrebbe quindi”attualizzato un valore

economico solo astrattd’ sulla base di un inammissibile ed arbitrario giudizio
prospettico sul possibile gettito finanziario derivante dalla gestione del parcheggio,
ponendosi in contrasto con la giurisprudenza di legittimità che esclude l’imputazione a
profitto di utilità non ancora effettivamente conseguite e trascurando di considerare che
profitto confiscabile è il profitto ingiusto, collegato all’illecito commesso, e non l’utile
legittimo. Nel ricorso si evidenzia che gli utili colpiti dal sequestro sono ricollegabili alla
gestione del parcheggio, ossia alla concreta esecuzione di un servizio legittimo e
funzionale al soddisfacimento di un interesse collettivo, e costituiscono il corrispettivo
versato dagli utenti a fronte di una prestazione e destinato a reintegrare la DEC s.p.a.
dei costi sostenuti per la realizzazione dell’opera; si tratta di proventi versati
direttamente dagli utenti privati delle aree di parcheggio, che non hanno alcun aspetto
di illiceità e nessun legame con il reato di truffa ipotizzato.
Quanto al

fumus commissi delicti la motivazione dell’ordinanza impugnata

sarebbe manifestamente illogica e contraddittoria nella parte in cui non considera che:
1) l’opera è stata concretamente realizzata, che in essa non plò incorporarsi il profitto
dell’asserita e indimostrata truffa e che il rapporto concessorio e la relativa gestione da
parte della DEC s.p.a. non possono integrare una condotta illecita o truffaldina; 2) la

Jr•-

sul punto inammissibile per carenza di interesse.

4
quasi totalità dell’impegno finanziario è stata assorbita dal

project financing e il

riequilibrio economico tra DEC s.p.a. e pubblica amministrazione era affidato infatti ai
flussi finanziari futuri; 3) i costi sopravvenuti e imprevedibili sono stati tutti sostenuti
dalla DEC s.p.a. e sono obiettivamente esistenti, mancherebbero pertanto artifizi o
raggiri; 4) le opere in variante erano dovute a fattori imprevedibili (sondaggi nel
terreno); 5) arbitrario era individuare il profitto della truffa nella circostanza che la

aggiudicataria dell’appalto.

3.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art.606 lett.b), c) ed e)
c.p.p. in relazione agli artt.546 lett.e), 125 c.p.p., 322-ter c.p., 292, 310, 192, 530
cpv., 533 c.p.; quanto al fumus il ricorrente si duole che non si sia tenuto conto dei
rilievi contenuti nella memoria difensiva 21 gennaio 2013 con nove allegati citata
fuggevolmente nell’ordinanza impugnata, pur dovendo secondo la giurisprudenza di
legittimità la valutazione del

fumus

essere effettuata anche in relazione alle

argomentazioni difensive e non solo secondo la prospettazione accusatoria; nel ricorso
si richiama la giurisprudenza in tema di struttura e articolazione della sentenza di
appello nel caso di reformatio in peius della pronuncia assolutoria di primo grado; si
contesta inoltre il riferimento alla parallela ordinanza in tema di misure cautelari
personali e alle intercettazioni telefoniche citate in detta ordinanza, per la quale non
era stato ancora notificato avviso di deposito.
In relazione ai singoli reati si deduce si osserva quanto segue:
– in relazione al reato contestato al capo 2.3. 2. (truffa e falso CB) la motivazione
sarebbe solo apparente, essendo stata richiamata la motivazione di altra ordinanza
emessa dallo stesso Tribunale adito ex art.310 c.p.p. circa il metodo operativo del
gruppo Degennaro e il contenuto di conversazioni intercettate, pur non essendo stato
ancora notificato il relativo avviso di deposito; vi sarebbe carenza assoluta di
motivazione sia in ordine alla sussistenza del reato di truffa, sia in relazione
all’ascrivibilità della condotta al singolo indagato; lo stesso Tribunale, quanto al
riconoscimento dei maggiori costi, aveva fatto riferimento ad un errore progettuale
della concessionaria incompatibile con il dolo del reato di truffa;
– in relazione al reato contestato al capo 2.3.3. (corruzione De Cristofaro)
sarebbe indimostrato il nesso causale tra le dazioni al De Cristofaro, direttore dei
lavori per il parcheggio di piazza Cesare Battisti, e gli atti contrari ai doveri d’ufficio; la

(,,

DEC s.p.a., se avesse correttamente contabilizzato i costi, non sarebbe stata

5

consapevole creazione di una contabilità in nero non sarebbe indicativa per il ricorrente
della consapevolezza che le dazioni al pubblico ufficiale costituissero remunerazioni
per atti contrari ai doveri di ufficio; sul conto corrente attraverso il quale venivano
effettuate erogazioni al De Cristofaro operavano diversi soggetti, con rimesse
provenienti da varie provviste;
– in relazione al reato contestato al capo 2.4.2 (truffa in danno del Comune di

indagati è consistita nell’aver rendicontato in corso di esecuzione le opere realizzate in
modo da includere quali voci di costo importi estranei ad esse, cicè i costi non
effettivamente sostenuti, l’utile dei Degennaro e l’I.V.A. sui costi apparentemente
sostenuti, senza considerare che nel project finance “la principale garanzia per il

rimborso dei finanziamenti è rappresentata dai flussi di cassa del progetto che si
devono manifestare con adeguati livelli di certezza e da un’efficace gestione dei rischi
legati all’iniziativa, che permette di limitare la possibilità che i flussi di cassa previsti
vengano mendf; inopinatamente la costituzione della società veicolo, Area Bersaglio, da
parte dei Degennaro, aggiudicatari della gara, era stata interpretata come strumento
di un raggiro attraverso il quale sarebbe stata perpetrata la truffa contestata al capo
2.4.2..

in relazione al reato contestato al capo 2.4.12 (corruzione Contessa)

rascrivibilità delripotesi di reato al ricorrente sarebbe stata desunta unicamente dalla
consapevolezza delle vicende dell’appalto del Direzionale S. Paolo e dai rapporti avuti
con il Contessa, direttore dei lavori, gè prima dell’esecuzione dei lavori; si fa, inoltre,
riferimento nell’ordinanza impugnata a conversazioni citate nella parallela ordinanza ex
art.310 c.p.p. di cui non era stato ancora notificato l’avviso di deposito.
– in relazione, infine, al reato contestato al capo 2.2.14 (corruzione Lerario), il
ricorrente sostiene che nessun indizio sarebbe emerso su atti contrari ai doveri di
ufficio e su dazioni di utili, tali non potendosi ritenere gli incarichi professionali in
favore del Lerario che si inserivano in una prassi consuetudinaria basata sul rapporto
fiduciario con il professionista e non ricollegabile ad atti contrari ai doveri di ufficio,
peraltro nel caso di specie nemmeno individuati.
3.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art.606 lett.b), c) ed e)
c.p.p. in relazione agli artt.319, 319 bis, 321 318 c.p. e 1.190/2012, rilevando
rambiguiti della contestazione, che non distingue tra corruzione propria e impropria,

Bari per Direzionale S. Paolo) si rileva che la principale condotta contestata agli

C

mentre nemmeno la sommaria descrizione del fatto consentiva di individuare quali
fossero le condotte in concreto ascritte.

3.4. In sede di discussione il difensore avv. Enzo Musco ha sostenuto che il
sequestro è stato disposto in violazione dell’art.322-ter c.p., così come modificato a
seguito dell’introduzione nel nostro ordinamento nel testo della predetta norma delle
due parole”o profittd’per effetto dell’art.1 comma 75 legge 6 aprile 2012 n.190 entrata

Ritenuto in diritto
4. Il ricorso è fondato unicamente quanto alla determinazione del quantum del
sequestro.

4.1. Quanto al secondo motivo, che in ordine logico precede il terzo e il primo,
la Corte ne ritiene l’infondatezza.
Va premesso che la menzione della memoria difensiva depositata dalla difesa
nel testo dell’ordinanza impugnata non consente di affermare che la stessa memoria
non sia stata esaminata e valutata nel suo contenuto dal giudice di merito, ben
potendo peraltro gli argomenti esposti in una memoria di parte essere disattesi anche
per implicito dal giudice, pur in presenza di una omessa espressa disamina, per essere
le argomentazioni difensive incompatibili con la struttura della motivazione del
provvedimento (Cass. sez.I 6 luglio 2007 n.34531, Gangemi; sez.V 16 dicembre 2008
n.11752, Quaranta). L’eventuale omessa valutazione di memorie difensive piòpertanto
influire solo sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione della
decisione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni
difensive (Cass. sez.VI 28 febbraio 2012 n.18453, Cataldo).
Va inoltre rilevato che, secondo quanto affermato pú volte da questa Corte,
anche a Sezioni Unite (Cass. Sez.Un. 29 maggio 2008 n.25932, Ivanov; 28 gennaio
2004 n.5876, p.c.Ferrazzi in proc. Bevilacqua; 28 maggio 2003 n.25080, Pellegrino), il
ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma degli artt.322 bis e 324
c.p.p. in materia di sequestro preventivo e di sequestro probatorio (in quest’ultimo
caso per effetto del rinvio operato dall’art.257 c.p.p. all’art.324 c.p.p.) puì essere
proposto esclusivamente per il vizio di violazione di legge, comprendente sia
l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale sostanziale e processuale
(art.606 co.1 lett.b e c c.p.p.) sia il difetto di motivazione che si traduca, a sua volta,
in una violazione della legge processuale (art.125 co.3 c.p.p.) perdé l’apparato

in vigore il 28 novembre 2012, ed ha depositato una memoria riassuntiva.

9argomentativo manchi completamente o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e di ragionevolezza che consentano di rendere comprensibile l’iter logico
posto a fondamento del provvedimento impugnato (motivazione meramente
apparente). E’ pertanto preclusa alla Corte una valutazione che possa risolversi in
un’anticipata decisione della questione di merito e quindi in una verifica in concreto
della fondatezza della tesi accusatoria. Il sindacato sulle condizioni di legittimità della

congruità degli elementi rappresentati in cui, senza prescindere dalle concrete
risultanze processuali e dalle contestazioni difensive (Cass. sez.IV 14 marzo 2012
n.15448, Vecchione; sez.VI 21 giugno 2012 n.35786, Buttini; sez.V 26 gennaio 2010
n.18078, De Stefani; sez.II 2 ottobre 2008 n.2808, Bedino; sez.V 15 luglio 2008
n.37695, Cecchi Gori; sez.IV 29 gennaio 2007 n.10979, Veronese; sez.I 19 dicembre
2003 n.1885, Cantoni; sez.II 21 ottobre 2003 n.47402, Di Gioia; sez.III 11 giugno
2002 n.36538, Pianelli; sez.VI 3 marzo 1998 n.731, Campo; Sez. Un.20 novembre
1996 n.23, Bassi), possono rilevare eventuali difformità tra fattispecie legale e
fattispecie reale solo se ravvisabili ictu °cui/.
Nell’ordinanza impugnata il giudice di merito ha riportato, in relazione ai singoli
reati, la motivazione dell’ordinanza con la quale in pari data il collegio del Tribunale di
Bari, composto dai medesimi magistrati, aveva accolto parzialmente l’appello del
pubblico ministero ritenendo la gravità indiziaria nei confronti di Degennaro Daniele
Giulio in ordine ad altri reati per i quali era stato chiesto il sequestro preventivo.
Anche se detta ordinanza alla data di presentazione del ricorso non era stata ancora a
conoscenza delle parti, non essendo stato inviato all’indagato e ai suoi difensori il
relativo avviso di deposito, la Corte rileva che il testo di detto provvedimento, nella
parte riprodotta nell’ordinanza impugnata, fa parte integrante della motivazione del

misura cautelare reale si realizza infatti attraverso una delibazione sommaria della

provvedimento impugnato e il suo contenuto non puì che rispecchiare il convincimento
del collegio che sulla misura cautelare personale, nella medesima composizione e nella
stessa data, si era pronunciato. La motivazione nel caso in esame non è stata
predisposta per relationem, attraverso un mero richiamo ad altro provvedimento che,
in tal caso, avrebbe dovuto essere “conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile,
quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione,
di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo
dell’organo della valutazione o dell’impugnazioné’ (Cass. Sez.Un.21 giugno 2000 n.17,
Primavera), ma attraverso la trascrizione dell’atto di riferimento nel provvedimento
da motivare in relazione ai singoli reati per i quali era applicabile il sequestro per

L

equivalente e, in sede di appello cautelare, era stata ritenuta la gravità indiziaria (in
relazione ai quali poteva quindi, a maggior ragione, ritenersi sussistente il

commissi delicti).

fumus

Indipendentemente dalla conoscibilità del contenuto dell’atto di

riferimento dalla parte interessata attraverso la procedura delle notifiche, la
trascrizione nel provvedimento da motivare ha quindi consentito al ricorrente di
valutare le ragioni della decisione inerente alla misura cautelare reale.

valutazione di insussistenza del presupposto del

fumus commissi delicti ai fini

dell’emissione del sequestro preventivo si pil) legittimamente tener conto del
provvedimento di annullamento dell’ordinanza dispositiva della misura cautelare
personale, nel quale sia stata rilevata l’inidoneità delle condotte contestate all’indagato
ad integrare il reato ipotizzato, dal momento che l’esclusione, con siffatta
motivazione, della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza fa venire meno la stessa
astratta configurabilità della fattispecie criminosa, che è invece requisito essenziale per
l’applicabilità della misura cautelare reale (Cass. sez.VI 25 ottobre 2011 n.39249, P.M.
in proc. Ciotola; sez.II 17 aprile 2007 n.19657, p.M. in proc. Grieco). Deve ritenersi
pertanto che nella situazione inversa, come quella in esame, con la ritenuta
sussistenza della gravità indiziaria ai fini della misura cautelare personale
implicitamente sia stato riconosciuto anche il fumus commissi delicti. Nell’ambito del
procedimento incidentale concernente le misure cautelari reali non puS infatti
prescindersi dall’esito del parallelo procedimento incidentale relativo alle misure
cautelari personali, che, nel caso di specie, si è concluso in sede di appello cautelare
specie, si è concluso in sede di appello cautelare con l’affermazione della gravità
indiziaria anche in ordine ai reati contestati ai capi 2.3.2.,2.2.14, 2.3.3.,2.4.12. Infatti
gli indizi di colpevolezza e la gravità degli stessi, pur non essendo previsti tra i
presupposti di applicabilità del sequestro preventivo, ove ritenuti sussistenti,
presuppongono la valutazione delle condotte dell’indagato in maniera conforme a
quella indispensabile per l’integrazione della fattispecie criminosa e quindi dell’astratta
configurabilità del reato che è requisito imprescindibile dell’applicabilità della misura
cautelare reale.
Le doglianze del ricorrente si traducono in gran parte censure di merito che non
possono trovare spazio in questa sede e che, peraltro, sono state adeguatamente
affrontate nell’ordinanza impugnata mediante la trascrizione delle argomentazioni
addotte in separata ordinanza a sostegno della gravità indiziaria.

Lv

Quanto al contenuto del provvedimento impugnato la Corte rileva che per la

5
In ordine ai reati di truffa e falso CB (capo 2.3.2), il Tribunale ha posto in risalto
quali elementi componenti il quadro di gravi fi indiziario il contenuto delle numerose
conversazioni intercettate, la significativa documentazione acquisita e la relazione del
consulente del pubblico ministero circa le numerosissime voci di costo approvate nella
perizia di variante redatta dall’ing. De Cristofaro, direttore dei lavori, che non
nascevano da fattori sopravvenuti e non imputabili all’impresa e che infondatamente
giustificavano il riconoscimento di nuovi costi in favore della concessionaria Gestipark

alternativa delle risultanze investigative che non puS avere rilevanza in sede di
legittimità, mentre i rilievi difensivi circa la mancata menzione del contenuto delle
conversazioni intercettate, alla luce delle altre emergenze investigative citate, non
sono idonei a minare la ritenuta affermazione della sussistenza del fumus commissi

delicti.
Quanto alla corruzione De Cristofaro (capo 2.3.3.) nella motivazione
dell’ordinanza impugnata si richiamano le valutazioni fatte in tema di misura cautelare
personale circa il collegamento tra le elargizioni (pagamenti “in nerd’ e acquisto a
condizioni di favore di due appartamenti da parte delle figlie) ricevute dal De
Cristofaro, il quale gèversava in una situazione di incompatibilitàstante la posizione di
dipendente”in nerdidella DEC s.p.a., con lo svolgimento a partire dal 2004 dell’incarico
di direttore dei lavori dell’appalto per la realizzazione del parcheggio di piazza Cesare
Battisti, tenuto conto dei vantaggi economici assicurati dalle relazioni a sua firma cui
si faceva esplicito riferimento nelle conversazioni intercettate.
In relazione al capo 2.4.2 (truffa ai danni del Comune di Bari per Direzionale S.
Paolo), il ricorrente propone una ricostruzione personale della vicenda contrattuale in
cui sostanzialmente si disconosce da un lato l’attendibilità delle conclusioni del
consulente del pubblico ministero quanto al riconoscimento di un preteso incremento
dei costi da 33.000.000,00 di euro circa a 49.000.000,00 di euro circa, comprensivi di
IVA e dall’altro lato si deduce sostanzialmente un’erronea interpretazione della vicenda
contrattuale, affermandosi che le varianti erano state tutte determinate da fatti
sopravvenuti durante l’esecuzione dei lavori per l’entrata in vigore della nuova
normativa antisismica e dai problemi emersi durante lo scavo. Si tratta all’evidenza di
di valutazioni di merito non proponibili in questa sede, coinvolgendo peraltro aspetti di
natura anche tecnica risolvibili solo in sede di accertamenti peritali. Peraltro l’appello
del pubblico ministero ex art.310 c.p.p. risulta essere stato dichiarato inammissibile

tf,

Cesare Battisti s.r.l.. Sul punto il ricorrente si limita a prospettare una lettura

dal Tribunale di Bari con ordinanza emessa nella stessa data di quella oggetto di
impugnazione in questa sede (il Tribunale ha rilevato che il giudice per le indagini
preliminari aveva riconosciuto la sussistenza della gravità indiziaria nei confronti
dell’odierno ricorrente al quale era stata applicata la misura degli arresti domiciliari e
che l’appello del pubblico ministero, limitato all’affermazione di un grave quadro
indiziario anche in ordine alla condotta tenuta dall’indagato nella fase di

formale).
In relazione al capo 2.4.12 (corruzione Contessa), vale quanto detto in ordine
alla corruzione de Cristofaro circa la stretta correlazione, anche temporale, individuata
nell’ordinanza impugnata tra i reati attribuiti al Contessa quale direttore dei lavori del
Direzionale San Paolo e l’anomala consegna ritardata dell’immobile acquistato dalla
società del gruppo Degennaro con un consistente sconto. Detta correlazione giustifica
ampiamente la ritenuta gravità indiziaria (e. per quel che interessa in questa sede,
l’affermazione del fumus commissi delicti) in capo al ricorrente, anche per i rapporti
avuti con il Contessa personalmente, in ordine al reato di corruzione.
In ordine alla corruzione Lerario (capo 2.2.14), le doglianze sono estremamente
generiche e non tengono conto degli elementi indiziari rappresentati in relazione alla
misura cautelare personale e richiamati nell’ordinanza impugnata. In particolare
nell’ordinanza impugnata si evidenziano i frequenti rapporti

(mai!, conversazioni

intercettate) tra Gerardo e Daniele Degennaro da una parte e l’ing. Lerario,
componente della commissione di collaudo nell’ambito dell’appalto relativo al
parcheggio di piazza Giulio Cesare, dall’altra nonché i rapporti dello stesso Lerario con
il ricorrente in relazione all’incarico professionale relativo all’appalto di Terlizzi svolto
in concomitanza con la funzione di collaudatore dell’opera realizzata in Bari.

4.2. Anche il terzo motivo è infondato.
La descrizione delle condotte contestate al capo 2.3.3. e al capo 2.4.12. e la
motivazione dell’ordinanza impugnata contengono espliciti riferimenti alla corruzione
per atti contrari ai doveri di ufficio riferibili a De Cristofaro Filippo (capo 2.3.3.) e a
Contessa Raffaele (capo 2.4.12.), il primo direttore dei lavori relativi alle opere da
realizzarsi in piazza Cesare Battisti e il secondo direttore dei lavori in relazione alla
gestione dell’appalto del Direzionale San Paolo e dal 26 giugno 2009 in relazione
all’appalto del parcheggio di piazza Cesare Battisti. Entrambi, nella ricostruzione
i

preaggiudicazione dell’appalto in esame, corrispondeva ad un interesse solo teorico e

4-(

accusatoria ritenuta fondata sul piano indiziario, avevano beneficiato di varie utilità
offerte e date dalla DEC s.p.a. di cui il ricorrente Degennaro Vito Michele era all’epoca
dei fatti amministratore unico e rappresentante legale. Il riferimento al completo
asservimento da parte del Cristofaro e del Contessa del proprio ufficio di direttore dei
lavori alle esigenze del gruppo Degennaro è peraltro collegato nell’imputazione
all’omissione di atti del proprio ufficio e, comunque, al compimento di atti contrari al

Il ricorrente pone una serie di questioni che non attengono ai profili della
violazione di legge o, comunque, attengono specificamente al merito e il cui esame
non è consentito in questa sede.
Quanto alle deduzioni difensive svolte in sede di discussione, va rilevato che con
la legge 6 novembre 2012 n.190 (disposizioni per la prevenzione e la repressione della
corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione) la disciplina della confisca
prevista dall’art.322-ter c.p. è stata modificata nel primo comma ultima parte c.p.,
con la previsione -in caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti
ex art.444 c.p.p. per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320 del codice
penale- della confisca per equivalente di beni di cui il reo ha la disponibilità per un
valore corrispondente (non più solo al “prezzo”, ma) anche al “profitto” del reato. E’
rimasta tuttavia immutata per il corruttore, condannato o patteggiante per il delitto di
cui all’art.321 c.p., la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto, salvo che
appartengano a persona estranea al reato (art.322-ter secondo comma, prima parte,
c.p.), e la confisca per equivalente prevista dall’ultima parte del secondo comma
dell’art.322 c.p. in relazione al solo delitto di corruzione attiva (art.321 c.p.). Deve
pertanto ritenersi che in relazione alla posizione del ricorrente,a1 quale
inequivocabilmente è ascritta la condotta di corruttore attivo, la legge n.190 del 2012
non abbia apportato alcuna modifica.

4.3 II primo motivo è fondato.
Questa Corte ha già affermato, anche in tema di truffa aggravata per il
conseguimento di erogazioni pubbliche, che il sequestro preventivo, funzionale alla
confisca per equivalente, non può avere ad oggetto beni per un valore eccedente il
profitto del reato, sicché si impone la valutazione relativa all’equivalenza tra il valore
dei beni e l’entità del profitto (Cass. Sez.VI 23 novembre 2010 n.45504, Marini;
sez.III 4 aprile 2012 n.3260, P.M. in proc. Currò; sez.VI 10 gennaio 2013 n.19051,

proprio ufficio.

Curatela fall. Soc. tecno hospital s.r.I.; sez.VI 8 aprile 2013 n.24277, Rolli). Il
legislatore ha esplicitamente previsto che il sequestro per equivalente colpisca
soltanto beni per un valore “corrispondente” al profitto conseguito dall’indagato,
volendo, con tale espressione, escludere un sequestro indiscriminato dei beni
dell’indagato di valore eccedente il profitto del reato, stabilendo così un rapporto di
“congruità” tra il profitto conseguito ed il valore dei beni sottoposti a vincolo e
suscettibili di confisca (Sez. Un. n.26654 del 27marzo 2008, ric. Fisia Italimpianti Spa,

quantum l’ammontare complessivo del profitto accertato).
La Corte rileva che nell’ordinanza impugnata, in relazione al

quantum del

sequestro, in particolare di quello relativo al reato di truffa aggravata contestato al
capo 2.3.2. che comunque incide sull’importo complessivo determinato dal giudice di
merito, il “profitto” del predetto reato è stato determinato, conformemente alla
richiesta del pubblico ministero, nel “reale ed effettivo vantaggio economico che,
tramite società di diretto controllo, viene tratto direttamente dalla gestione economica
del parcheggio in Bari, piazza Cesare Battisti, per un periodo di anni 33 e 1 mese” che
ammonterebbe alla somma di 19.797.995,00 euro, comprendendo tra le somme
indebitamente percepite tutte le somme derivanti dagli introiti connessi con la
gestione del parcheggio, quale vantaggio tratto dall’illecito ed a questo strettamente
connesso. Alla determinazione del quantum il giudice di merito è pervenuto sulla base
di “specifici dati di redditività prospettica di una utilità già attualmente acquisita e cioè
dalla gestione trentennale del parcheggio di piazza Cesare Battisti” -dati estratti da un
documento del 27 giugno 2002, ritenuti certi da DEC s.p.a., dalla Bari Park s.r.l. e
asseverati da Banca Intesa BCI (cd. “piano asseverato”)- operando sulla redditività
annuale la duplice rettifica in diminuzione relativa alla deduzione dei costi e delle
imposte dalla redditività complessiva dichiarata e alla previsione di fatti
oggettivamente idonei a ridurre la redditività prevista (ritardo nei lavori, incedere dei
fenomeni inflattivi, maggiorazione dei costi di produzione e di gestione).
Il giudice di merito per giungere a tale determinazione ha richiamato la
sentenza n.26654 del 2008 delle Sezioni Unite di questa Corte (ric. Fisia Italimpianti)
che ha individuato il profitto del reato oggetto della confisca di cui all’art. 19 del
D.Lgs. n. 231 del 2001 nel vantaggio economico di diretta e immediata derivazione
causale dal reato presupposto, puntualizzando tuttavia che, nel caso in cui questo
venga consumato nell’ambito di un rapporto sinallagmatico, non può essere

vt,’

nella cui motivazione si chiarisce che l’espropriazione non può comunque eccedere nel

l

;

considerato tale anche l’utilità eventualmente conseguita dal danneggiato in ragione
dell’esecuzione da parte dell’ente delle prestazioni che il contratto gli impone.
Sul punto la Corte rileva che le Sezioni Unite sono intervenute successivamente
con la sentenza n.38691 del 2009 (ric.Caruso) precisando che all’espressione
“vantaggio economico”

non va attribuito il significato di “utile netto” o di “reddito”,

bensì quello di “beneficio aggiunto di tipo patrimoniale” (Cass. Sez. Unite 9 luglio

fall., in proc. Romagnoli), non potendo il termine

“profitto” essere inteso come

espressione di una grandezza residuale o come reddito di esercizio, determinato
attraverso il confronto tra componenti positive e negative del reddito (Sez. Unite 2
luglio 2008, n. 26654, Fisia Italimpianti). Le Sezioni Unite hanno affermato che la
delineata nozione di “profitto” del reato può peraltro subire un ridimensionamento
quando il reato, come nel caso in esame, non si inserisca nell’ambito di un’attività
totalmente illecita. Infatti allorché la condotta penalmente rilevante venga attuata
nell’ambito di un’attività contrattuale e non coincida con la stipulazione del contratto
in sé, ma vada ad incidere unicamente sulla fase di esecuzione del programma
negoziale, è possibile enucleare aspetti leciti del relativo rapporto, con la conseguenza
che il corrispondente profitto tratto dall’agente ben può essere non ricollegabile
direttamente alla condotta sanzionata penalmente. Il corrispettivo di una prestazione
regolarmente eseguita dall’obbligato ed accettata dalla controparte, che ne trae
comunque una concreta utilitas, non può costituire, pertanto, una componente del
profitto da reato, perché trova titolo legittimo nella fisiologica dinamica contrattuale
(vedi cit. Sez. Unite n. 26654/2008 e, in tema di corruzione, sez. VI 29 aprile 2009 n.
17897, P.M. in proc. Ferretti). Altro principio consolidato nella giurisprudenza di
legittimità è che il profitto del reato presuppone l’accertamento della sua diretta
derivazione causale dalla condotta dell’agente, nel senso che occorre una correlazione
diretta del profitto con il reato ed una stretta affinità con l’oggetto di questo,
“escludendosi qualsiasi estensione indiscriminata o dilatazione indefinita ad ogni e
qualsiasi vantaggio patrimoniale, che possa comunque scaturire, pur in difetto di un
nesso diretto di causalità, dall’illecito” (Cass. Sez. Unite, 19 gennaio 2004 n. 920,
Montella).
Pur apprezzando lo sforzo del giudice di merito di tener conto, nella stima del
profitto, di elementi diretti ad individuare il reale ed effettivo vantaggio economico
tratto dalla gestione del parcheggio di piazza Cesare Battisti tramite società di diretto

2004, n. 29951, Curatela fall., in proc. Focarelli; 9 luglio 2004, n. 29952, Curatela

controllo nell’ambito della project financing, la Corte non può fare a meno di rilevare
che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, previsto dall’art.
322-ter c.p., presuppone che l’imputato abbia già conseguito il profitto illecito del
reato e che nell’ambito di un rapporto a prestazioni corrispettive deve essere
necessariamente scisso il profitto confiscabile, direttamente derivato dall’illecito
penale, dal profitto determinato dal corrispettivo di una effettiva e corretta erogazione
di prestazioni comunque svolte in favore della stessa pubblica amministrazione,

automatismo traslativo, colorate di illiceità per derivazione dalla causa remota, non
potendosi includere, nella nozione di profitto, qualunque ricavo conseguito per effetto
della stipula di un contratto di appalto illecitamente ottenuto nell’ambito di una
relazione corruttiva (Sez. Un. n. 26654 del 27/03/2008; sez. VI 26 giugno 2008 n.
42300, RM. in proc. Finanziaria Tosinvest s.p.a.; sez.VI 5 ottobre 2012 n.42530,
Diddi).
Nel caso di specie con l’ordinanza impugnata è stato disposto il sequestro di
somme di denaro nella disponibilità dell’indagato, il cui valore è stato ritenuto congruo
sulla base di un apprezzamento comunque di tipo meramente presuntivo circa i futuri
ed eventuali vantaggi economici ricavabili nell’ambito della gestione pluridecennale
del parcheggio, quindi senza procedere al necessario accertamento in concreto
dell’entità del profitto reale ed effettivo e tenendo conto di una redditività solo
prospettica ed eventuale che, pur con le rettifiche in diminuzione apportate, si fonda
su una mera previsione, peraltro a lunghissimo termine.
Anche il “profitto in senso giuridico” -inteso come compendio di tutti i vantaggi,
patrimoniali e non, diretti o indiretti, derivanti dal reato- non può prescindere, a
parere della Corte, dalla considerazione che il profitto del reato, inteso come
vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato (cfr. citata
sentenza Sez.Unite n. 26654 del 2008), va determinato “tenendo conto dell’utilità

eventualmente conseguita in concreto”,

non sussistendo altrimenti alcun profitto

confiscabile (Cass. sez.VI 10 gennaio 2013 n.4297, P.M. e Orsi; sez.VI 5 ottobre 2012
n.42530, Diddi; sez.V 14 dicembre 2011 n.3238, Società Valore s.p.a.; sez.VI 26
marzo 2009 n.17897, P.M. in proc. Ferretti).
Seguendo tale impostazione, la Corte ritiene che erroneamente nella
determinazione del profitto del reato di truffa contestato al capo 2.3.2. sia stato
considerato come “profitto” del reato -con riferimento all’utile che nell’arco temporale

,A”

prestazioni che non possono considerarsi, di per se stesse e per immediato

’i5
di oltre tre decenni (più di trentatre anni) sarebbe stato tratto, tramite società di
diretto controllo, dalla gestione economica del parcheggio in Bari, piazza Cesare
Battisti- anche il vantaggio economico consistente in “utilità prospettiche e non ancora
acquisite” e quindi solo prevedibili, ma oggettivamente incerte sia nell’an che nel
quantum.
5. Si impone quindi l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato al

ad un nuovo esame sul punto; il ricorso va rigettato nel resto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente all’ammontare del sequestro, con rinvio
al Tribunale di Bari per nuovo esame sul punto. Rigetta nel resto.
Roma 12 novembre 2013

il cons. est.

Tribunale di Bari che, nel rispetto dei criteri valutativi sopra indicati, dovrà procedere

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA