Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8309 del 19/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8309 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: GARRIBBA TITO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CALVAGNA AGATINO FRANCESCO N. IL 30/05/1994
DANUBIO ORAZIO N. IL 23/06/1983
SPAMPINATO MARIO N. IL 27/04/1992
CALI’ SALVATORE N. IL 16/10/1981
avverso la sentenza n. 4301/2012 TRIBUNALE di CATANIA, del
26/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. TITO GARRIBBA;

Data Udienza: 19/12/2013

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1.

Gli imputati sopra generalizzati ricorrono contro la sentenza di

patteggiamento specificata in epigrafe, che su richiesta delle parti gli applicava le pene
rispettivamente concordate per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n.
309/1990, e denunciano:
– Calvagna e Spampinato, genericamente mancanza di motivazione;

assolto per mancanza di prove a carico;
– Danubio, mancanza di motivazione, censurando l’omessa concessione delle attenuanti generiche e la misura della pena.

§2.

I ricorsi di Calvagna e Spampinato sono manifestamente infonda-

ti, perché la sentenza impugnata – contrariamente all’assunto dei ricorrenti – contiene
una motivazione sommaria, ma conforme alla particolare natura di decisione emessa
al termine di un giudizio speciale, della valutazione condotta sulle risultanze processuali al fine di verificare l’eventuale sussistenza dei presupposti per la pronuncia di
sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod.proc.pen. I motivi di ricorso sono inoltre
privi del necessario requisito della specificità, perché non indicano quali sono le ragioni
che giustificherebbero in concreto una diversa decisione.
I ricorsi di Calì e Danubio sono diversi da quelli consentiti dalla legge, perché, nel procedimento di applicazione della pena ai sensi degli artt. 444 e segg. cod.
proc.pen., le parti, una volta che il giudice abbia ratificato l’aceordo dalle stesse voluto,
non possono prospettare con il ricorso per cassazione censure incompatibili con la richiesta di patteggiamento, come quelle concernenti la prova in ordine alla sussistenza
e alla qualificazione giuridica del fatto o come quelle relative all’applicazione e comparazione delle circostanze, all’entità e modalità di determinazione della pena (v. Cass.,
Sez. U., 27.10.1999, Fraccari, rv 214637; Sez. 3, 27.3.2001, Ciliberti, rv 219852).
Inoltre le parti sono prive di un concreto interesse a dedurre su tali punti la mancanza
o insufficienza della motivazione, dal momento che la decisione del giudice coincide
esattamente con la volontà cristallizzata nel patto.
I ricorsi devono dunque essere dichiarato inammissibili ai sensi degli artt.
581, comma 1, lett. c), 591, comma 1, lett c), e 606, comma 3, cod.proc.pen. Ne consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma,
ritenuta congrua, di euro millecinquecento per ciascuno alla cassa delle ammende.

– Calì, erronea applicazione della legge penale, assumendo che avrebbe dovuto essere

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento per ciascuno
alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 19 dicembre 2013.

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