Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8279 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8279 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da :
MARSEGLIA RAFFAELE, nato a Putignano, il 23.07.1989 ;
avverso la sentenza del 17.10.2014 della Corte di Appello di Lecce
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udito il Pubblico Ministero in persona del SoStituto Procuratore
generale Dott. Enrico Delehaye che ha concluso per la
inammissibilità del ricorso ;
udito per l’imputato l’Avv. Gianfreda Cataldo, che ha concluso
riportandosi al ricorso ;
RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce ha
parzialmente riformato la condanna di Marseglia Raffaele e Morrone
Mirko per i reati di cui agli artt. 110, 610 e 61 n. 2, cp ( Capo
A ) e di cui agli artt. 81, cpv, 110, 582 e 612 cp, condanna
irrogata dal Tribunale di Brindisi in data 17.10.2014, assolvendo
entrambe gli ‘imputati dal reato di cui al predetto capo A, e
rideterminando pertanto la pena complessiva.

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Data Udienza: 06/11/2015

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2. Con il primo motivo di doglianza la parte ricorrente deduce, ai
sensi dell’articolo 606, comma primo, lettera b, cpp, la
violazione dell’articolo 192 del codice di rito. Più nel
dettaglio, si lamenta la contraddittorietà della motivazione nella
misura in cui aveva ritenuto attendibili le dichiarazioni rese
dalla persona offesa per fondare l’accertamento della penale
responsabilità degli imputati in ordine al reato di cui al capo b
della rubrica e nello stesso tempo aveva ritenuto le medesime
dichiarazioni insufficienti per l’accertamento della commissione
del reato di violenza privata.
2.1 Con il secondo motivo di ricorso la parte ricorrente si duole,
ai sensi dell’articolo 606, primo comma, lettera b, cpp, della
violazione degli articoli 132,133 e 99 cp, per la mancanza di una
motivazione sufficiente in ordine all’applicazione della recidiva
reiterata e in ordine alla corretta quantificazione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato nei limiti qui di seguito precisati.
3.1 n primo motivo è in realtà infondato.
3.2 Occorre ricordare che le regole dettate dall’art. 192, comma
terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della
persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da
sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità
dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione,
della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità
intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere
più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte
le dichiarazioni di qualsiasi testimone ( Cass. Sez. U, n. 41461
del 19/07/2012 – dep. 24/10/2012, Bell’Arte ed altri ). Detto
altrimenti, le dichiarazioni della persona offesa, costituita
parte civile, possono da sole, senza la necessità di riscontri
estrinseci, essere poste a fondamento dell’affermazione di
responsabilità penale dell’imputato, previa verifica, corredata da
idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e
dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve,
in tal caso, essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella
cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (
Cass. Sez. 5, n. 1666 del 08/07/2014 – dep. 14/01/2015, Pirajno e
altro ).
3.2 Ciò posto, va evidenziato che la censura di contraddittorietà
della motivazione avanzata dalla parte ricorrente non è in alcun
modo condivisibile, atteso che ( e senza voler entrare nel merito
della valutazione della prova dichiarativa, come tale
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1.1. Avverso la detta sentenza ricorre il solo imputato Marseglia
Raffaele, per mezzo del suo difensore, deducendo due motivi di
impugnativa.

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4. La seconda censura è invero fondata con le precisazioni che
seguono.
4.1 In ordine alle doglianze sulla quantificazione della pena,
occorre ricordare che – in tema di determinazione della pena – la
valutazione del giudice di legittimità, in ordine all’efficacia ed
alla completezza degli argomenti svolti in sede di merito, non può
andare scissa dal risultato decisorio sotto il duplice profilo
della pena in concreto irrogata e del giudizio globalmente
espresso, come manifestazione del convincimento del giudice di
merito. La relativa motivazione può essere sintetica, quando le
necessarie argomentazioni siano già state adeguatamente svolte
nell’esame di altri punti ( Cass., Sez. 5, n. 9074 del 04/07/1983
– dep. 31/10/1983, SSIANI ). Peraltro, va aggiunto, per quanto qui
interessa, che le statuizioni relative al giudizio di comparazione
tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in
riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono
censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero
arbitrio o ragionamento illogico ( Cass. sent. n. 26908/2004 ).
4.2 Ciò posto, va evidenziato come la Corte territoriale abbia
motivato correttamente in ordine alla quantificazione della pena,
e ciò facendo ricorso alla descrizione particolarmente offensiva
della condotta. Per il resto, la parte ricorrente sollecita una
inammissibile valutazione di merito in ordine alla quantificazione
della pena.
4.3 In merito, invece, all’applicazione della recidiva, osserva la
Corte che, per un verso, le precedenti condanne erano divenute
irrevocabili in data 21.12.2010 ed in data 4.01.2011 e che la data
di commissione del delitto oggetto del presente giudizio è del
4.11.2010, sicché risulta illegittimo l’aggravamento della pena
disposto, ai sensi dell’art. 99, quarto comma, cp. Ne discende che
occorre annullare la sentenza impugnata limitatamente alla
applicazione della contestata aggravante procedendo alla
rideterminazione della pena nel modo seguente : pena base tre mesi
di reclusione ; aumentata per la continuazione a mesi quattro ;
diminuita di 1/3 per la scelta del rito a 2 mesi e 20 giorni di
reclusione.
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inammissibile in sede di legittimità ) la Corte distrettuale ha
correttamente evidenziato che, per la condotta di cui all’art. 610
cp, le versioni parzialmente discordanti fornite dalla persona
offesa non consentivano una valutazione univoca delle prove
raccolte al fine di accertare l’azione di coazione posta in essere
dagli imputati per far fermare l’autovettura condotta dalla
persona offesa e che invece, per il reato di lesioni, il
convergere di ulteriori elementi probatori, quali la
certificazione medica e le dichiarazioni dei testi Legrottaglie e
Semeraro confermavano la ricostruzione dei fatti operata dalla
persona offesa.

4.4 Sul punto,
giova ricordare che la giurisprudenza di questa
Corte ha affermato che la violazione del principio di legalità
della pena è rilevabile d’ufficio anche nel giudizio di cassazione
a condizione, però, che il ricorso non sia inammissibile e l’esame
della questione rappresentata non comporti accertamenti in fatto o
valutazioni di merito incompatibili con il giudizio di legittimità
2,
n.
44667
(
Cass.
sez.
sentenza
del
08.07.2013
conformi: n. 24926 del 2004 rv. 229812, n. 36293 del 2004 rv.
230636). Pertanto, la illegalità della pena, dipendente da una
statuizione “ab origine” contraria all’assetto normativo vigente
al momento consumativo del reato, può essere rilevabile d’ufficio
nel giudizio di cassazione, come avvenuto invero nel caso di
specie ( Cass. Sez. 5, n. 46122 del 13/06/2014 – dep. 07/11/2014,
Oguekemma, Rv. 262108 ).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla
contestata recidiva, che elimina riterminando la pena in mesi due
e giorni 20 di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 6.11.2015

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