Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8277 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 8277 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SARAIS ANTONIO N. IL 01/11/1980
avverso la sentenza n. 159/2013 CORTE APPELLO di TRENTO, del
05/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 06/11/2015

u

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Enrico DELEHAYE, ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 19 novembre 2013 la Corte d’appello di Trento ha confermato la
sentenza del tribunale della stessa città, con la quale Antonio SARAIS era stato condannato
per il delitto di cui agli artt. 476, 482 cod. pen., per aver falsificato il bollettino di conto
corrente intestato a «comune di Padova comando polizia municipio – Uff. Contravv. Serv.

giugno 2008 da Cristiano Giovanni, apponendovi un falso bollo di esecuzione in particolare
indicando il “codice frazionario” 085/132, non appartenente ad alcun ufficio postale
nazionale».
La Corte territoriale ha riconosciuto il danno di particolare tenuità e le circostanze attenuanti
generiche, condannando l’imputato alla pena di mesi 2, giorni venti di reclusione, con doppi
benefici di legge.
Durante lo svolgimento del giudizio di secondo grado, il difensore dell’imputato presentava
istanza di sospensione del processo con messa alla prova. La Corte rigettava tale istanza
ritenendo di aderire alla giurisprudenza della Cassazione di cui alla sentenza n. 35717 del
31/07/2014, Ceccaroni, Rv. 259935.
2. Con atto sottoscritto dal suo difensore ha proposto ricorso l’imputato, deducendo con un
unico motivo violazione di legge in relazione al diniego di sospensione del processo per
messa alla prova.
Il ricorrente si duole della decisione della Corte territoriale, sostenendo che l’istituto della
messa alla prova è di diritto sostanziale, perché è qualificato come una causa di estinzione
del reato, sicché ad esso si deve applicare il principio di retroattività della legge penale più
favorevole al reo, di cui al comma 4 dell’art. 2 cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Vanno qui ribaditi i principi già reiteratamente affermati in più pronunzie di questa Corte: nel
giudizio di impugnazione davanti alla Corte d’appello o alla Corte di cassazione l’imputato non
può chiedere la sospensione del procedimento con la messa alla prova di cui all’art. 168-bis
cod. pen., né può altrimenti sollecitare l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al
giudice di merito, perché il beneficio dell’estinzione del reato, connesso all’esito positivo della
prova, presuppone lo svolgimento di un “iter” processuale alternativo alla celebrazione del
giudizio (Sez. 4, n. 43009 del 30/09/2015, Zoni, Rv. 265331; Sez. 5, n. 35721 del
09/06/2015, Gasparini e altri, Rv. 264259; Sez. 3, n. 22104 del 14/04/2015, Zheng, Rv.
263666; Sez. 2, n. 18265 del 16/01/2015, Capardoni e altri, Rv. 263792; Sez. F, n. 35717 del
31/07/2014, Ceccaroni, Rv. 259935).
Si è precisato che la mancata applicazione della disciplina della sospensione del procedimento
2

Tesoreria 35100 Padova” per l’importo di euro 151.58, apparentemente eseguito il 14

con messa alla prova nei giudizi di impugnazione pendenti alla data della sua entrata in vigore,
stante l’assenza di disposizioni transitorie, non determina alcuna lesione del principio di
retroattività della “lex mitior”.
In via generale, poi, si è affermato che deve ritenersi tardiva – in assenza di una specifica
disciplina transitoria – l’istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi
della legge 28 aprile 2014 n. 67, proposta successivamente alla dichiarazione di apertura del
dibattimento, pur se tale dichiarazione sia anteriore all’entrata in vigore della predetta legge
(Sez. 3, n. 27071 del 24/04/2015, Frasca, Rv. 263815).

del procedimento con messa alla prova possa essere proposta “fino a che non siano formulate
le conclusioni a norma degli artt. 421 o 422, o fino alla dichiarazione di apertura del
dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo e nel procedimento di citazione diretta a
giudizio”, dovendo conseguentemente essere ritenuta tardiva la richiesta formulata oltre detti
specifici momenti processuali.
In proposito occorre evidenziare che, con

recente sentenza n. 240/2015, la Corte

Costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 464bis, comma 2, cod.proc.pen., sollevate dal Tribunale ordinario di Torino, in composizione
monocratica, in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 117, primo comma, della Costituzione,
quest’ultimo in relazione all’art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Nella sentenza si sottolinea che l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla
prova “ha effetti sostanziali, perché dà luogo all’estinzione del reato, ma è connotato da
un’intrinseca dimensione processuale, in quanto consiste in un nuovo procedimento speciale,
alternativo al giudizio”.
Con specifico riferimento alla denunziata violazione dell’art. 3 Cost., la Corte Costituzionale ha
escluso che possa ritenersi illegittima la mancanza di una norma transitoria che consenta
l’applicazione del nuovo istituto della messa alla prova a fronte di una richiesta formulata, nei
processi in corso, anche dopo l’apertura del dibattimento. Invero, la scelta del legislatore è
coerente con la natura processuale dell’istituto, che si pone come secca alternativa al giudizio;
da ciò consegue che

“consentire, sia pure in via transitoria, la richiesta nel corso del

dibattimento, anche dopo che il giudizio si è protratto nel tempo, eventualmente con la
partecipazione della parte civile (che avrebbe maturato una legittima aspettativa alla
decisione), significherebbe alterare in modo rilevante il procedimento, e il non averlo fatto non
giustifica alcuna censura riferibile all’art. 3 Cost.”.
La Corte Costituzionale ha poi escluso anche la violazione dell’art. 117 Cost. e dell’art. 7 della
CEDU, precisando che il principio di retroattività della lex mitior riguarda il “rapporto tra un
fatto e una norma sopravvenuta, di cui viene in questione l’applicabilità”; se ne deduce che il
principio di retroattività della lex mitior non viene affatto messo in discussione, atteso che la

3

Infatti, il nuovo art. 464 bis, comma 2, cod.proc.pen., prevede che la richiesta di sospensione

retroattività del novum normativo non viene per nulla esclusa, essendo le nuove norme
sicuramente applicabili anche ai reati commessi prima della loro entrata in vigore.
A supporto di quanto affermato, la Corte Costituzionale ha quindi evidenziato che, secondo la
giurisprudenza europea (sentenza Scoppola contro Italia del 17 settembre 2009 e sentenza
Morabito contro Italia del 27 aprile 2010), il principio della retroattività della norma penale più
favorevole attiene solo alla fattispecie incriminatrice e alla pena, essendo “estranee all’ambito
di operatività di tale principio … le ipotesi in cui non si verifica un mutamento, favorevole al
reo, nella valutazione sociale del fatto, che porti a ritenerlo penalmente lecito o comun q ue di

Tale intervento chiarificatore della Corte Costituzionale pone, quindi, fine al dibattito creatosi in
materia, supportando l’interpretazione giurisprudenziale -sopra richiamata- che ha negato
l’applicabilità della sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi della legge n.
67/2014 nei giudizi nei quali alla data di entrata in vigore della riforma erano stati superati i
termini previsti dall’art. 464 bis, comma 2, cod.proc.pen.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2015
Il co • Here estensore

Il Presidente

minore gravità”.

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