Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 821 del 20/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 821 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DE MASI ORONZO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
CONCU ALESSIO, nato a Avezzano l’11/6/1987
FIORINI FABIO, nato Roma I’ 11/4/1969

avverso l’ordinanza del

16-21/9/2015 del Tribunale di Roma in sede di riesame ex art. 309

c. p. p.;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
sentita la relazione svolta dal consigliere Oronzo De Masi;
sentite le richieste del Pubblico Ministero,

in persona del Sostituto Procuratore generale

Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore avv. Antonio Barbieri
del ricorso.

che ha concluso chiedendo raccoglimento dei motivi

Data Udienza: 20/11/2015

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 16/9/2015, decidendo sulle riunite richieste di
riesame presentate nell’interesse di CONCU ALESSIO e di FIORINI FABIO, avverso l’ordinanza
di custodia cautelare emessa il 4/9/2015 dal G.I.P. del medesimo Tribunale, nei confronti di
entrambi, indagati per il reato di cui agli articoli 73 e 80 legge droga, confermava
l’ordinanza impugnata e condannava i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
I ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 606, lett. b ed e, c.p.p., violazione di legge e vizio

dei gravi indizi di colpevolezza nonché, in relazione agli artt. 292, c. 2, lett. c) e c-bis), c.p.p.,
alli esposizione delle specifiche esigenze cautelar’ e degli indizi di concorso nel reato contestato
ex artt. 73 e 80, c. 2, legge droga, contraddittorietà, carenza e manifesta illogicità della
motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e dagli atti in esso richiamati,
quali i verbali di perquisizione e di arresto, con riferimento alle concrete ragioni per le quali le
ravvisate esigenze cautelari non possono essere soddisfatte con altre misure.
Deduce • il CONCU che la sola presenza nell’autovettura, di proprietà del FIORINI e da lui
condotta, non può ritenersi elemento sufficiente per ravvisare un contributo causale alla
consumazione del fatto illecito contestato ad entrambi i coindagati, avendo il Tribunale del
Riesame valorizzato circostanze di per se stesse prive di valenza probatoria, tanto da risultare
incomprensibile il percorso logico seguito per l’affermazione della attiva compartecipazione del
medesimo nella consumazione del reato, compartecipazione sempre negata.
Lamenta inoltre il ricorrente che il Tribunale del Riesame, nel disporre la misura cautelare
custodiale, ha tenuto conto più che del quadro indiziario, della astratta possibilità per
l’indagato di avere contatti, peraltro indiscriminatamente indicati, con fornitori, clienti e
l’ambiente criminale, senza operare alcun contemperamento tra le esigenze di tutela della
collettività e quelle personali, mediante l’adozione una misura cautelare meno gravosa.
Deduce il FIORINI che il Tribunale del Riesame non ha vagliato tutte le possibili alternative
nella ricostruzione della vicenda ed ha finito per optare per quella, più sfavorevole per gli
indagati, del concorso di entrambi nella detenzione della sostanza stupefacente, tanto per
quella rivenuta nell’autovettura Toyota Yaris di sua proprietà, quanto per quella rinvenuta nel
box del condominio di Via di Selva Candida, attraverso un acritico recepimento delle
valutazioni tracciate dal GIP di un quadro indiziarlo privo dei requisiti di precisione, gravità e
concordanza richiesti dalla legge.
Il ridimensionamento della detenzione al solo quantitativo trovato nell’autovettura (330
grammi di principio attivo di marijuana) consentirebbe, ad avviso della difesa, di escludere la
ricorrenza dell’aggravante dell’ingente quantità, con riflessi anche sul piano cautelare e con
possibilità di disporre la misura degli arresti domiciliari, ex art. 275 bis c.p.p., considerato il
buon comportamento tenuto e lo stato di incensuratezza dell’indagato.

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della motivazione, in relazione agli artt. 273 e 192, cc. 2 e 3, c.p.p., in ordine alla valutazione

CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
Le censure si incentrano nell’eccepita mancanza o manifesta illogicità di motivazione della
ordinanza impugnata in riferimento alla sussistenza del quadro indiziario a carico dei ricorrenti,
quali compartecipi della detenzione della sostanza stupefacente (marijuana) rinvenuta nel
portabagagli dell’autovettura, a bordo della quale si trovavano il CONCU ed il FIORINI, al
momento dell’arresto, e dì quella (cocaina) riposta nel box del Condominio di Via di Selva

Il Tribunale di Roma, nell’ordinanza impugnata, ha preso dettagliatamente in esame la
problematica relativa alla posizione del CONCU, il quale ha dichiarato di non sapere nulla della
droga, ed ha evidenziato che il predetto non ha fornito alcuna spiegazione convincente sulla
sua presenza in quel luogo, a bordo dell’autovettura condotta dal coindagato FIORINI, sin
dall’uscita della stessa autovettura dalla rampa di accesso dei garage, ed infine, sulla
conoscenza del box n. 26, nella dichiarata disponibilità di quest’ultimo, che però anche il
CONCU, come riportato nel verbale di arresto, ebbe ad indicare ai Carabinieri all’atto del
controllo.
A fronte di queste coerenti conclusioni, l’indagato si è sostanzialmente limitato ad offrire una
serie di letture alternative delle risultanze delle indagini, lamentando genericamente un
asserito difetto di valutazione critica da parte del Tribunale, in ordine al quadro indiziario,
doglianze che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità, neppure in virtù delle
modifiche all’art. 606 c.p.p., lettera e), apportate dalla L. n. 46/2006.
Ed infatti la possibilità di desumere la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione, oltre che dal testo del provvedimento impugnato anche “da altri atti del
processo”, non può “salvare” le censure proposte dal ricorrente, atteso che il sindacato di
questa Corte resta pur sempre di legittimità, con la conseguenza che non può esserle
demandato un riesame critico delle risultanze istruttorie:
In tema di misure cautelari personali,

infatti, allorché sia denunciato, con ricorso per

cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine
alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di
verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso
ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno
indotto ad affermare la gravità del quadro indiziarlo a carico dell’indagato, controllando la
congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai
canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze
probatorie.
E così, anche il riferimento agli altri atti del processo può essere utilizzato unicamente per
contestare la correttezza dell’iter logico-argomentativo utilizzato dal giudice di merito, non già

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Candida, dove nessuno dei due è risultato risiedere.

per confutare in punto di fatto la valutazione dal medesimo offerta del materiale istruttorio
(verbali di perquisizione e di arresto compresi) allegato a fondamento della ipotesi accusatoria.
Vale a dire che la omessa motivazione può essere dedotta là dove il giudice di merito abbia
ingiustificatamente negato l’ingresso nella giustificazione della sua decisione ad un elemento di
prova di segno contrario pacificamente risultante dagli atti processuali e dotato di efficacia
“scardinante” dell’impianto motivazionale, non già quando ne abbia dato, coerentemente ed
esaustivamente, una valutazione difforme rispetto alla prospettazione del ricorrente.

Allo stesso modo la illogicità manifesta e la contraddittorietà sussistono quando “gli altri atti

logico, l’intero

apparato motivazionale, e non quando siano stati coerentemente

adeguatamente valutati

ed

nel provvedimento di merito in modo diverso rispetto alla tesi

propugnata in ricorso.
Alla luce di tali principi, l’ipotesi della mera connivenza del CONCU è stata esclusa dal Tribunale
del Riesame proprio perché in contrasto con le modalità della condotta degli indagati che, per
come sopra ricostruite, hanno consentito, in modo logico e convincente, di ricondurre la
detenzione dello stupefacente ad entrambi, conclusioni corroborate dal nervosismo manifestato
dai coindagati all’atto del controllo dei Carabinieri e dallo stesso comportamento tenuto dal
CONCU che, per quanto si legge nel verbale di arresto, nell’immediatezza non ebbe a
protestare la propria estraneità rispetto alla detenzione della droga rinvenuta.

Quanto alla posizione del FIORINI, le doglianze contenute nel ricorso da questi proposto sono
analogamente infondate in quanto le deduzioni circa la mancanza di precisione, gravità e
concordanza degli indizi a suo carico contrastano irrimediabilmente con le risultanze probatorie

e con le stesse dichiarazioni dell’indagato, il quale ha ammesso la detenzione di una parte della
sostanza stupefacente (la marijuana ritrovata nella Toyota Yaris), sia pure per conto terzi circostanza che non ne escluderebbe la penale responsabilità per la contestata detenzione – e

non solo è risultato essere il proprietario dell’autovettura utilizzata per trasportare la sostanza
stupefacente (marijuana) rinvenuta nel portabagagli, ma anche il detentore delle chiavi del
box n. 26 nel quale è stata rinvenuta l’altra droga (la cocaina) in sequestro, della quale
“inverosimilmente” ha detto di non sapere l’esistenza.

Nel caso di specie,

l’adeguatezza, nel senso innanzi specificato, della motivazione

dell’ordinanza del Tribunale di Napoli, non è stata minimamente censurata dal ricorrente, che
si è limitato esclusivamente ad apportare le sue critiche sulla valutazione data dai giudici di
merito al materiale indiziario sottoposto al loro esame, neppure proponendone una diversa e
più convincente lettura.
In definitiva, il tessuto motivazionale dell’ordinanza censurata non presenta affatto quella
carenza, contraddittorietà o macroscopica illogicità che, alla stregua dei principi affermati da
questa Corte, può indurre a ritenere sussistente i vizio di cui all’art. 606 c.p,p., lettera e),
denunciato in ricorso.

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del processo”, specificamente indicati nel gravame, inficino in modo radicale, dal punto di vista

Non meritano miglior sorte le cesure svolte dai ricorrenti circa la mancanza di motivazione
circa la ritenuta irrilevanza degli elementi forniti dalla difesa (art. 292, c.2 bis, c.p.p.) atteso
che, come si è visto, gli elementi indiziari raccolti sono stati tutti valutati prima dal GIP, e poi
dal Tribunale del Riesame, con argomentazioni logiche ed adeguate e, a fronte di esse, gli
indagati si sono limitati sostanzialmente a dedurre, in modo apodittico, tesi di segno contrario
e ad insistere in soggettive ricostruzioni alternative e non riscontrabili dei fatti.
E nella nozione di “elementi a favore” che devono essere valutati dal giudice a pena di nullità
dell’ordinanza, rientrano soltanto elementi di natura oggettiva e concludente, rimanendo

assunti chiaramente defatigatori, così come non vi rientrano le interpretazioni alternative degli
elementi indiziari, che restano assorbite nel complessivo apprezzamento operato dal giudice
della libertà (Sez. 6, n. 12442 del 09/03/2011, Rv. 249641), nè rientra nei poteri di questa
Corte quello di compiere una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, atteso che la valutazione degli stessi resta riservata in via esclusiva al giudice di
merito (Sez.Sez. 6, n. 752 del 18/12/2006, Rv. 235733)..
I ricorrenti lamentano, infine, la mancata adozione di una misura meno gravosa della custodia
i n carcere.
Orbene, in tema di scelta e adeguatezza delle misure cautelari, ai fini della motivazione del
provvedimento di custodia in carcere non è necessaria un’analitica dimostrazione delle ragioni
che rendono inadeguata ogni altra misura, ma è sufficiente che il giudice indichi, con
argomenti logico-giuridici, tratti dalla natura e dalle modalità di commissione dei reati, nonché
dalla personalità dell’indagato, gli elementi specifici che, nella singola fattispecie, fanno
ragionevolmente ritenere la custodia in carcere come la misura più adeguata ad impedire la
prosecuzione dell’attività criminosa, rimanendo in tal modo superata e assorbita l’ulteriore
dimostrazione dell’inidoneità delle subordinate misure cautelari (Sez. 1, n. 45011 del
26/09/2003, Rv.227304).
Nel caso di specie, la prognosi di reiterazione criminosa risulta fondata sulla concretezza dei
fatti rilevati e non su criteri generici o automatici, avendo il Tribunale segnalato “il quantitativo
ingente della sostanza rinvenuta, la disponibilità di un luogo appositamente destinato
all’occultamento dello stupefacente, il rinvenimento in possesso dei due indagati di ben sei
utenze cellulari (all’evidente fine di sviare eventuali indagini e intercettazioni) che denotano
una particolare scaltrezza e capacità criminale”, elementi dai quali è lecito desumere
l’inserimento degli indagati “in più ampi circuiti criminali” e nel contempo che rendono concreta
ed attuale l’esigenza di impedire, mediante l’applicazione della misura custodiate in carcere,
ulteriori “contatti con fornitori e clienti”.
Per concludere, sotto tutti i profili rilevanti agli effetti dell’art. 274 c.p.p., lett, c) e art. 275
c.p.p., l’impugnata ordinanza trova fondamento in un logico apparato argomentativo e si
sottrae anche alla censura, contenuta nei ricorsi, volta a contestare le esigenze cautelari e
l’adeguatezza della custodia in carcere, motivatamente ribadita dal Tribunale del Riesame.
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escluse le mere posizioni difensive negatorie, le semplici prospettazioni di tesi alternative e gli

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2015.

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