Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8172 del 19/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8172 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GAMBUZZA EMANUELE N. IL 25/10/1955
avverso la sentenza n. 1888/2008 CORTE APPELLO di CATANIA, del
11/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 19/12/2013

R. G. 14213/2013

Con l’indicata sentenza la Corte di Appello di Catania confermato la sentenza resa
dal Tribunale di Siracusa con cui Emanuele Gambuzza è stato riconosciuto colpevole del
reato di evasione dal regime esecutivo penale della detenzione domiciliare ex artt. 47 ter
co. 8 O.P. e 385 co. 3 c.p. (non trovato nella sua abitazione nel corso di un ordinario
controllo notturno della p.g.). Condotta per la quale al Gambuzza è stata inflitta la pena di
sei mesi di reclusione.
Il difensore dell’imputato ha impugnato per cassazione la sentenza di appello,
deducendo erronea applicazione dell’art. 385 co. 3 c.p. in rel. art. 47 ter co. 8 O.P. e difetto
o insufficienza della motivazione, sì da non essere state chiariti gli effettivi elementi
probatori dimostrativi del commesso reato. La Corte territoriale ha ignorato le
dichiarazioni testimoniali della moglie dell’imputato che ha riferito come all’epoca
dell’accertamento, essendo ella gravemente inferma, non avrebbe potuto essere lasciata da
sola in ora notturna dal marito e comunque non ha tenuto conto del fatto che il tempo di
attesa della risposta al citofono della casa di campagna dell’imputato da parte dell’agente
di polizia operante sia del tutto inadeguato.
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza delle censure nonché per loro
genericità, alle stesse avendo dato adeguata risposta la Corte territoriale, l’oggettivo
contegno di elusione della misura esecutiva non risultando in alcun modo giustificato sul
piano soggettivo. In particolare la Corte etnea ha puntualmente osservato, con piena
logicità argomentativa, che difetta ogni prova della reale infermità della moglie del
ricorrente all’atto del controllo (sì da non consentirle di restare da sola in casa) e che
comunque -a tutto concedere- il prevenuto, se davvero fosse stato in casa, non riuscendo
(ore 02,00 circa) a rispondere in tempo al citofono, avrebbe almeno dovuto informare
l’ufficio di p.g. della sua concreta presenza in casa. Contegno da cui si è astenuto.
La genetica inammissibilità del ricorso per cassazione, impedendo l’instaurarsi di
un valido rapporto impugnatorio, preclude la possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione
del reato per prescrizione sopravvenuta alla sentenza di secondo grado (Cass. S.U.,
22.11.2000 n. 32, De Luca, rv. 217266; Cass. S.U., 22.3.2005 n. 23428, Bracale, rv. 231164;
Cass. Sez. 3, 8.10.2009 n. 42839, Imperato, rv. 244999). All’inammissibilità del ricorso segue
la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali e al versamento dell’equa
somma di euro 1.000,00 (mille) alla cassa delle ammende.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 19 dicembre 2013

Motivi della decisione

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