Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8167 del 20/01/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 8167 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: MANZON ENRICO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Ruocco Mario nato a Agerola il 23/01/1934
avverso la sentenza del 29/09/2014 della Corte d’appello di Napoli
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Manzon;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marilia
De Nardo, che ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del
ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Catello Di Capua, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 29 settembre 2014 la Corte d’appello di Napoli
riformava la sentenza in data 14 maggio 2010 con la quale il Tribunale di Torre
Annunziata-Gragnano aveva condannato Ruocco Mario alla pena di anni uno
mesi uno di reclusione per i reati di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 44, lett. c),
93, 95, dPR n. 380/2001, 181 comma 1 bis, d.lgs. n. 41/2004, 734, cod. pen. La
Corte territoriale dichiarava la prescrizione dei reati di cui ai capi a), b), d) e
quindi rideterminava la pena in ordine al reato residuo in anni 1 di reclusione. Il
giudice di appello ribadiva le ragioni della affermazione di penale responsabilità
del prevenuto addotte dal giudice di prime cure, ma rilevava appunto che alcuni
dei reati ascritti erano prescritti, non adendo alla diversa richiesta dell’appellante

Data Udienza: 20/01/2016

di dichiarazione di estinzione per intervenuta sanatoria amministrativa;
confermava peraltro la sussistenza dei presupposti di condanna del prevenuto
per il reato di cui all’art. 181 comma 1 bis, d.lgs. n. 42/2004, non essendo lo
stesso prescritto e non essendovi ragioni per la concessione delle attenuanti
generiche.
2. Avverso tale sentenza, tramite il difensore fiduciario, ha proposto ricorso
per cassazione l’imputato con deduzione di due motivi.
2.1 Con un primo motivo si duole dell’erronea applicazione degli artt. 146,

aperto sui quattro lati), pertinenziale e di manutenzione straordinaria, quindi
non soggetta ad autorizzazione paesaggistica.
2.2 Con un secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 133, 175, cod.
pen. per la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e del
beneficio della non menzione, denunciando la sostanziale assenza di motivazione
al riguardo.
3. Con memoria depositata nelle more del processo di cassazione il
ricorrente ha dedotto due nuovi motivi.
3.1 Con un primo motivo aggiunto lamenta violazione di legge processuale
in quanto la Corte territoriale non ha accolto la sua richiesta di rinvio, fondata
sulla sussistenza di concomitanti e documentati impegni professionali, proposta
all’udienza del 28 settembre 2009.
3.2 Con un secondo motivo aggiunto si duole di vizio motivazionale sempre
relativamente al primo motivo aggiunto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile, posto che i motivi dedotti sono manifestamente
infondati.
2. Con il primo motivo il ricorrente afferma che nel caso di specie non
dovevasi richiedere alcuna autorizzazione paesaggistica, poiché si trattava di un’
opera precaria (gazebo) e che perciò non possa ritenersi integrata la condotta
delittuosa ascrittagli ed affermata da entrambi i giudici di merito, con
conseguente error in iudicando.
La Corte territoriale, con congrua motivazione, ha rigettato in fatto consimile
argomento, negando la affermata “precarietà” dell’opera, piuttosto rilevando che
si tratta di un manufatto servente l’attività commerciale del Ruocco.
Il Collegio tuttavia, in diritto e quindi nell’ambito più proprio del giudizio di
legittimità, ritiene di conformarsi all’arresto di cui a precedente pronuncia di
questa Corte secondo il quale «Integra il reato previsto dall’art. 181, comma
primo bis, D.Lgs. n. 42 del 2004, la realizzazione su aree vincolate di interventi
precari o facilmente amovibili in difetto di autorizzazione paesaggistica, anche in

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149 e 181 comma 1 bis, d.lgs. n. 42/2004, trattandosi di opera precaria (gazebo

caso di occupazione temporanea del suolo per un periodo inferiore a 120 giorni,
trattandosi di attività da svolgere previo necessario assenso dell’Autorità
amministrativa competente, sebbene all’esito di procedura semplificata. (In
motivazione, la Corte ha escluso che l’allegato I al d.P.R. n. 139 del 2010, il
quale individua gli interventi di lieve entità al fine di semplificare il procedimento
per conseguire l’autorizzazione paesaggistica, possa estendere l’ambito degli
interventi paesaggisticamente “liberi” ai casi non previsti dall’art. 149 del D.Lgs.
n. 42 del 2004, includendovi anche le nuove costruzioni di durata temporanea)»

Quindi, anche se si trattasse di “opera precaria” -come invece non è stando
alla motivazione sul punto espressa dalla Corte d’appello di Napoli- non essendo
stata richiesta l’autorizzazione paesaggistica, pacificamente necessaria per la
collocazione dell’opera medesima, comunque deve affermarsi la sussumibilità
della condotta nella norma incriminatrice di cui alla rubrica di accusa contestata
al Ruocco.
3. Del pari risulta manifestamente infondato anche il secondo motivo di
ricorso, inerente il trattamento sanzionatorio.
La motivazione sul punto spesa dalla Corte territoriale risulta infatti
adeguata ed immune da vizi logici. In ogni caso deve affermarsi comunque
assolto il correlativo onere argomentativo in considerazione del fatto che è stato
in concreto applicato il minimo edittale della pena. E’ infatti consolidato principio
affermato nella giurisprudenza di legittimità che «In tema di determinazione
della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media
edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del
giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel
quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.» (tra le molte, v.
Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283).
4. L’inammissibilità dei motivi del ricorso originario si estende ipso jure ex
art. 585, comma 4, cod. proc. pen. ai nuovi motivi aggiunti dal ricorrente con la
memoria depositata ante udienza. Peraltro tali motivi sarebbero comunque
inammissibili ex se, posto che non hanno a riferimento capi o punti della
sentenza impugnata fatti oggetto del ricorso originario, bensì un fatto
meramente procedurale del tutto diverso (in questo senso, tra le tante, v. da
ultimo Sez. 5, n. 4184 del 20/11/2014, Giannetti, Rv. 262180).
5. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per
ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione

della

causa

inammissibilità»,

di

alla

declaratoria

dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,

3

(Sez. 3, n. 29080 del 19/03/2015, Pm. in proc. Palau, Rv. 264183).

l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 20/01/2016

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