Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8158 del 19/12/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8158 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO
ORDINANZA
_ sul ricorsa proposto da:
GOLLUSCIO GIOVANNI N. IL 14/01/1972
avverso la sentenza n. 2218/2009 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 20/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;
Data Udienza: 19/12/2013
R. G. 13931 / 2013
Con l’indicata sentenza la Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la
sentenza resa all’esito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Rossano, che ha dichiarato
Giovanni Golluscio colpevole del reato di evasione dal regime cautelare degli arresti
domiciliari (essendosi arbitrariamente allontanato dalla dimora sede esecutiva della
misura domestica), condannandolo alla pena di quattro mesi di reclusione.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell’imputato,
deducendo erronea applicazione dell’art. 385 co. 3 c.p. e illogicità e contraddittorietà della
motivazione, poiché difetterebbe affidabile prova dell’elemento soggettivo del reato,
l’imputato non avendo avuto alcuna intenzione di eludere la misura cautelare. La Corte
di Appello ha travisato l’emergenza, avvalorata da uno dei carabinieri operanti,
attestante che l’imputato era uscito dalla sua abitazione soltanto al fine di riprendere il
suo cane inopinatamente allontanatosi. In subordine si lamenta l’ingiustificato diniego
delle attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile per genericità e per indeducibilità dei motivi di censura
sul merito della regiudicanda, con i quali si opera una rivisitazione fattuale delle fonti di
prova, per altro aspecifica perché riproduttiva di doglianze valutate dalla Corte
territoriale e confutate già dal giudice di primo grado. Fonti di prova analizzate con
logico giudizio dalla sentenza della Corte di Appello e non rivalutabili nel giudizio di
legittimità mediante una lettura delle norme incriminatrici della evasione dalla custodia
domiciliare palesemente distonica rispetto ai caratteri di tale custodia (la sentenza
impugnata dimostra l’incongruenza dell’assunto difensivo dell’imputato proprio alla
luce delle dichiarazioni del carabiniere che ha accertato la sua condotta illecita). Palese è,
poi, l’incongruenza della doglianza in punto di pena, atteso che la sentenza di appello ha
idoneamente motivato la conferma del trattamento sanzionatorio definito in primo grado
e il diniego delle invocate circostanze attenuanti innominate.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 19 dicembre 2013
Il consiglierj e ténsore
Fatto e diritto