Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8157 del 19/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8157 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorsa proposto da:
CAMPIOTO FABRIZIO N. IL 02/05/1979
avverso la sentenza n. 1981/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
15/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 19/12/2013

R. G. 13870 / 2013

Con la sentenza suindicata la Corte di Appello di Lecce ha confermato in punto di
responsabilità la sentenza resa in giudizio abbreviato dal Tribunale di Trani sezione di
Ruvo di Puglia, che ha dichiarato Fabrizio Campioto colpevole del reato di evasione dal
regime cautelare degli arresti domiciliari, essendosi arbitrariamente allontanato dalla sua
abitazione presso cui era sottoposto a custodia cautelare domestica (sorpreso dalla p.g. in
una strada contigua alla sua dimora). Condotta illecita per la quale il Campioto, a
beneficio del quale la Corte la Corte di Appello ha escluso l’incidenza sanzionatoria della
contestata recidiva, è stato condannato (con le già concesse attenuanti generiche) alla
pena di due mesi e venti giorni di reclusione.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, deducendo erronea applicazione dell’art. 133 c.p. e difetto di motivazione,
sostenendo testualmente che “il giudice ha sostenuto l’infondatezza dell’appello, non
soffermandosi dettagliatamente sulle censure mosse in tema di responsabilità e che errato e/o
ingiusto è altresì il calcolo della pena”. A tali enunciati non segue alcuna esposizione delle
ragioni che fonderebbero il giudizio di inadeguata valutazione delle censure espresse con
l’atto di appello avverso la decisione di primo grado. Censure che, invece, la decisione
impugnata ha preso in adeguata considerazione, valutando con lineare e corretta analisi
inferenziale la loro infondatezza, emergente per tabulas dalla risultanze connesse
all’avvenuto arresto dell’imputato in flagranza di reato. Nessun errore di calcolo, non
meglio indicato, appare ravvisabile nella determinazione della pena, che pure la Corte
territoriale ha congruamente ridotto rispetto alla sentenza di primo grado.
Per tanto il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei
motivi di censura. All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alla
rifusione delle spese processuali e al versamento dell’equa somma di euro 1.000,00 in
favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 19 dicembre 2013
Il consiglie

e tensore

sidente
■.A.1•4

Fatto e diritto

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