Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8147 del 19/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8147 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DAMIANI ANGELO N. IL 19/08/1947
avverso la sentenza n. 7929/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
16/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 19/12/2013

R. G. 13591 / 2013

Con l’indicata sentenza la Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione del
Tribunale di Roma sezione di Ostia, appellata con riguardo al solo trattamento sanzionatorio, con
cui Angelo Darniani è stato dichiarato colpevole del reato di evasione dal regime cautelare degli
arresti domiciliari, non essendo stato reperito nella sua dimora durante controllo di p.g. Condotta
per cui al Damiani è stata inflitta, con le attenuanti generiche, la pena di sei mesi di reclusione.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che ha
dedotto violazioni di legge e difetto di motivazione in punto di: 31.) invalida costituzione dell’organo
di accusa, determinante nullità insanabile del giudizio di merito, avendo svolto in primo grado le
funzioni di p.m. un vice procuratore onorario, senza previa verifica dell’effettività della prescritta
delega del titolare dell’ufficio; 2) mancata produzione in atti del legittimo titolo cautelare
impositivo della misura domiciliare, che si assume violata dal prevenuto; 3) mancata disamina
della reale coscienza e volontà dell’imputato di eludere la misura domestica, essendo lo stesso
persona affetta da varie patologie e da disturbi comportamentali; 4) mancata declaratoria di
prescrizione del reato da ritenersi intervenuta alla data di applicazione della misura inframurale
(2.5.2005) e non a quella dell’accertata violazione (8.6.2005, come da accusa contestata).
Il ricorso è inammissibile per indeducibilità e manifesta infondatezza delle censure.
In vero:
/) la mancata allegazione/esibizione delle delega del v.p.o. che svolga le funzioni di p.m. in
udienza non costituisce nullità, poiché l’art. 162 disp. att. c.p.p. non richiede la prima e, pur
disponendo la seconda, non prevede alcuna sanzione di nullità per l’inosservanza della
prescrizione, inosservanza in ogni caso non sussumibile nella categoria delle nullità generali,
atteso che gli atti processuali sono assistiti da presunzione di legittimità, di guisa che la delega
deve ritenersi sussistente fino a prova contraria (ex plurimis: Cass. Sez. 5, 13.5.2010 n. 32728,
Bubba, rv. 248415; sul punto è incongruo il richiamo del ricorso alla decisione delle SS.UU.
24.2.2011 n. 13716, Fatihi, attinente alla latitudine delle funzioni di p.m. del magistrato onorario);
2) nessuna incertezza è consentita sul titolo cautelare della misura domestica applicata al
ricorrente (la relativa ordinanza del giudice di merito essendo espressamente indicata in
imputazione e nessuna ulteriore verifica cartolare imponendosi al giudice dell’accertata evasione);
3) i rilievi sulla stato soggettivo del prevenuto al momento del fatto non sono sorretti da
alcuna seria deduzione o atto, né sono stati espressi ai giudici di merito di primo e secondo grado;
4) il reato di cui all’art. 385 co. 3 c.p., senz’altro istantaneo come si afferma in ricorso, si
consuma quando sia accertata l’elusione della misura e non fin dal momento dell’applicazione
della stessa, con la palese conseguenza che alla pronuncia dell’impugnata sentenza di appello
(16.10.2012) il reato ascritto al ricorrente era lungi dall’essere raggiunto da prescrizione (spirante,
senza tener conto di eventuali sospensioni ex lege, non prima dell’8.12.2012); per altro la genetica
inammissibilità dell’odierno ricorso, impedendo l’instaurarsi di un valido rapporto impugnatorio,
preclude la possibilità di rilevare l’estinzione del reato per prescrizione successiva alla sentenza di
appello (Cass. S.U., 22.11.2000 11. 32, De Luca, rv. 217266; Cass. S.U., 22.3.2005 n. 23428,
Bracale, rv. 231164; Cass. Sez. 3, 8.10.2009 n. 42839, Imperato, rv. 244999).
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese
processuali e al versamento dell’equa somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 19 dicembrp 2013

Motivi della decisione

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