Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8142 del 18/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 8142 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA
Data Udienza: 18/11/2014

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Forte Pasquale, nato il 2 gennaio 1986
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli del 19 marzo 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale
Francesco Salzano, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata, limitatamente alla pena;
udito il difensore, avv. Giuseppe De Gregorio.

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RITENUTO IN FATTO

1. – Con sentenza del 19 marzo 2013, la Corte d’appello di Napoli ha
confermato la sentenza del Gip del Tribunale di Napoli del 15 novembre 2012, resa a
seguito di giudizio abbreviato, con la quale l’imputato era stato condannato, per il
reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, per la detenzione, a fini di spaccio,
di sostanza stupefacente del tipo marijuana, riconosciute l’ipotesi di minore gravità di
cui al comma 5 dello stesso art. 73 e le circostanze attenuanti generiche, nonché la
diminuzione di un terzo per il rito, alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione ed euro
2000,00 di multa.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tra il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della
motivazione in relazione alla conferma la sentenza di primo grado in punto di pena.
Con un motivo aggiunto, la difesa lamenta, in particolare, l’applicazione di una pena in
concreto illegale, a seguito della nuova, più favorevole, formulazione dell’art. 73,
comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, introdotta dal decreto-legge n. 36 del 2014.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è fondato.
La detenzione di marijuana da parte dell’imputato è stata ricondotta dal Gip e
dalla Corte d’appello all’ipotesi di minore gravità di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R.
n. 309 del 1990. Tale fattispecie – che costituisce reato autonomo – è punita, in forza
della più favorevole disciplina attualmente vigente, introdotta dall’art. 1, comma 24ter, lettera a), del d.l. n. 36 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 79
del 2014, con le pene massime di quattro anni di reclusione ed euro 10.329,00 di
multa. Nel caso in esame, i giudici di merito, nella vigenza della precedente disciplina,
hanno considerato la fattispecie di cui al richiamato comma 5 quale circostanza
attenuante rispetto alla fattispecie generale di cui all’art. 73, commi l e 1-bis, del
d.P.R. n. 309 del 1990; hanno conseguentemente diminuito la pena base, determinata
in cinque anni di reclusione oltre alla multa, alla pena finale di anni due e mesi sei di
reclusione e euro 2000,00 di multa, in forza di tale circostanza, oltre che delle
attenuanti generiche e del rito.
La base del computo della pena irrogata è dunque illegale, perché superiore ai
nuovi massimi edittali.
4. – Ne deriva che la sentenza impugnata deve essere annullata, limitatamente
alla pena, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, perché proceda

ad una nuova determinazione della stessa alla luce della disciplina attualmente
vigente.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla pena, con rinvio ad altra
sezione della Corte d’appello di Bari.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2014.
Il Consigliere estensore

Il Presidente

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
UFFICIO COPiE UNIFICATO

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