Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8133 del 19/12/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 8133 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CASSIA CONCETTO N. IL 26/02/1970
avverso la sentenza n. 1867/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 17/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 19/12/2013

R. G. 13295/2013

Con l’indicata sentenza la Corte di Appello di L’Aquila ha confermato in punto di
responsabilità la sentenza resa dal Tribunale di Chieti sezione di Ortona con cui Concetto Cassia è
stato riconosciuto colpevole del reato di evasione dal regime esecutivo penale della detenzione
domiciliare ex artt. 47 ter co. 8 O.P. e 385 co. 3 c.p. (arbitrariamente allontanatosi in orario
notturno dalla sua abitazione, da cui era autorizzato ad assentarsi per lavoro soltanto in ora
diurna). La Corte territoriale, in parziale accoglimento di subordinato motivo di gravame, ha
mitigato la pena inflitta al prevenuto, riducendola ad un anno di reclusione.
Il Cassia ha impugnato per cassazione la sentenza di appello, deducendo erronea
applicazione dell’art. 385 co. 3 c.p. in rel. art. 47 ter co. 8 O.P. e difetto o insufficienza della
motivazione, sì che risultano violati i canoni probatori dettati dall’art. 192 c.p.p. L’accusa
scaturisce, infatti, unicamente dalla testimonianza di tale Bolletta, titolare di un locale al cui
rilevamento era interessato il Cassia, che ha riferito di aver subito diverse e pressanti richieste di
cessione dell’esercizio da parte del Cassia, recatosi presso il locale alcune volte in orario notturno,
l’ultima delle quali il 26.10.2008. In ogni caso, al di là delle asserzioni non riscontrate del Bolletta,
il Cassia, affidabile collaboratore di giustizia, non avrebbe comunque agito con l’intenzione di
sottrarsi alla esecuzione della misura espiativa domiciliare.
Il ricorso è inammissibile per indeducibilità e manifesta infondatezza dei motivi di censura
nonché per loro genericità, agli stessi avendo dato adeguata risposta, conforme alla giurisprudenza
di legittimità, la Corte territoriale. I giudici del gravame hanno rilevato, infatti, come il testimone
Bolletta, che ha riconosciuto senza incertezze il Cassia in fotografia, abbia reso dichiarazioni di
verificata attendibilità, considerate dalle due conformi decisioni di merito idonee a fondare la
colpevolezza dell’imputato. Né, alla luce dei dati vagliati dalla sentenza impugnata, il contegno
antigiuridico del ricorrente può ritenersi in alcun modo giustificato sul piano soggettivo.
In proposito è appena il caso di osservare che la misura detentiva domiciliare è misura
coercitiva equiparata a ogni effetto alla custodia in carcere, che -in ragione di un meno stringente
quadro di esigenze socialpreventive- il condannato è ammesso a sopportare in luogo diverso dal
carcere, cioè nella propria abitazione. Sicché i limiti, di natura spaziale, motoria e relazionale,
imposti con la custodia in carcere allo status libertatis del soggetto sono interamente riprodotti
nella cautela domestica. La struttura normativa della condotta sanzionata dalla norma
incriminatrice è realizzata da qualsiasi forma di sottrazione o elusione rispetto alla misura
domestica ed al suo stretto ambito spaziale di rigorosa interpretazione, senza necessità alcuna di
ulteriori evenienze fattuali. Il reato è perfezionato dal semplice volontario e consapevole
allontanamento dalla sede esecutiva domiciliare, pur se le motivazioni dell’agire non si traducano
nella decisione di sottrarsi in via definitiva alla misura domestica (Cass. Sez. 6, 22.2.1999 n. 3948,
Fiore, rv. 213887). Il reato di evasione è caratterizzato da dolo generico, essendo sufficiente che la
condotta di uscita (id est evasione) dell’imputato o condannato dallo stretto ambito del domicilio
sia sorretta da consapevolezza di fruire di una libertà di movimento che gli sarebbe preclusa (ove
versasse in regime carcerario) dalla corretta esecuzione della misura domiciliare.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese
processuali e al versamento di una somma alla cassa delle ammende, che si ritiene conforme a
giustizia determinare in euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 19 dicembrp 2013

Motivi della decisione

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA