Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 812 del 22/06/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 812 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
1. Gobbo Carlo, nato a Cittadella il 05/03/1961,
2. Toffanello Paolo, nato a Cittadella il 06/02/1970,

avverso l’ordinanza del 30/01/2017 del Tribunale di Padova;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Gabriele Mazzotta, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso di Gobbo Carlo;
letta la memoria difensiva depositata il 14/06/2017 dal difensore e procuratore
speciale di Paolo Toffanello;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 sigg.ri. Carlo Gobbo e Paolo Toffanello ricorrono per l’annullamento
dell’ordinanza del 30/01/2017 del Tribunale di Padova che ha dichiarato
inammissibile la richiesta di riesame del decreto del 27/12/2016 del G.i.p. di

Data Udienza: 22/06/2017

quello stesso Tribunale che, sulla ritenuta sussistenza indiziaria del reato di cui
all’art. 4, d.lgs. n. 74 del 2000, aveva ordinato il sequestro preventivo,
finalizzato alla confisca per equivalente, di beni corrispondenti per valore al
profitto del reato, quantificato nella misura di C 2.441.219,08.
1.1.Carlo Gobbo articola un solo motivo con il quale, lamentando la
sproporzione tra il valore dei beni sequestrati (C 2.710.112,65) e quello
corrispondente al profitto confiscabile, eccepisce l’inosservanza e/o l’erronea
applicazione degli artt. 1, comma 143, legge n. 244 del 2007 e 322-ter, cod.

1.2.Paolo Toffanello, deducendo che il sequestro ha attinto anche beni in
disponibilità esclusiva e di proprietà della società «Health Immobili S.r.l.» di
cui è legale rappresentante, rivendica la legittimazione di quest’ultima a chiedere
il riesame del sequestro preventivo anche quando non indichi i beni che ne sono
oggetto (primo motivo), eccepisce, inoltre, l’estraneità della società al reato
ipotizzato e la sproporzione tra il valore dei beni sequestrati e il profitto del reato
(secondo motivo).

2.11 ricorso di Carlo Gobbo è inammissibile perché manifestamente
infondato; è fondato (ed assorbente) il primo motivo di quello proposto dal
Toffanello (ulteriormente illustrato nella citata memoria difensiva).

3.11 Tribunale ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame proposta
dalla società legalmente rappresentata dal Toffanello perché il decreto di
sequestro preventivo non aveva indicato i beni sui quali apporre il vincolo,
onerando il pubblico ministero di individuarli in sede esecutiva.
3.1.Secondo il consolidato orientamento di questa Suprema Corte, noto
anche ai Giudici del riesame che ad esso fanno espresso riferimento, in tema di
sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, il giudice che
emette il provvedimento ablativo è tenuto soltanto ad indicare l’importo
complessivo da sequestrare, mentre l’individuazione specifica dei beni da
apprendere e la verifica della corrispondenza del loro valore al “quantum”
indicato nel sequestro è riservata alla fase esecutiva demandata al P.M. (Sez. 3,
n. 37848 del 07/05/2014, Chidichimo, Rv. 260148; Sez. 3, n. 7675 del
10/01/2012, Maione, Rv. 252095; Sez. 3, n. 10567 del 12/07/2012, Falchero,
Rv. 254918; Sez. 3, n. 12580 del 25/02/2010, Baruffa, Rv. 246444).
3.2.11 Collegio non intende discostarsi da tale principio, ma poiché il caso in
esame dimostra che il suo governo può prestarsi ad equivoci si rendono
necessarie alcune precisazioni: a) l’insegnamento giurisprudenziale in questione
è maturato in casi in cui ricorrente non era il terzo proprietario del bene, bensì la
persona sottoposta alle indagini che contestava la legittimità di un

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pen., nonché la natura apparente della motivazione sul punto.

provvedimento sol perché privo di indicazioni in ordine a beni successivamente
individuati in sede di esecuzione del sequestro; b) tale insegnamento si spiega
con il fatto che ai fini della confisca «per equivalente» di cui all’art. 322-ter,
cod. pen., il bene non rileva nella sua specificità ma solo come unità di misura
del valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato; c) nondimeno, la
«disponibilità» da parte del reo del bene da confiscare «per equivalente»
costituisce anch’essa condizione che legittima la sua immediata apprensione ai
sensi del combinato disposto di cui agli artt. 322-ter, comma 1, cod. pen., e 321,

controllo del giudice; è vero, infatti, che il Giudice non ha l’onere di indicare i
beni da sequestrare, ma è suo dovere farlo se gli elementi a disposizione glielo
consentono (Sez. 3, n. 7675 del 2012, cit.); ove ciò non accada, il terzo che
rivendichi soltanto la titolarità o la disponibilità esclusiva del bene pone
comunque in discussione la legittimità stessa del sequestro proprio perché
operato nei suoi confronti, sicché non può essere privato del diritto di far valere
dinanzi al giudice del riesame le proprie ragioni sol perché il bene non è stato
indicato nel decreto di sequestro ma è stato individuato in sede esecutiva in
quanto ritenuto dal Pubblico Ministero o dalla polizia giudiziaria in
«disponibilità» del reo; d) un diverso argomentare porterebbe
all’inaccettabile conseguenza di considerare, di fatto, una condizione di
legittimità del sequestro alla stregua di una sua modalità esecutiva, con
l’ulteriore conseguenza che/ in tal caso,ilterzo potrebbe proporre solo incidente di
esecuzione e tuttavia assurdamente giovarsi della più ampia possibilità di
impugnare l’eventuale provvedimento negativo per tutti i motivi indicati dall’art.
606, cod. proc. pen.; ove, invece, il Giudice indichi nel provvedimento genetico i
beni da sequestrare, il terzo potrebbe sì proporre richiesta di riesame del decreto
e tuttavia impugnare l’eventuale provvedimento di rigetto solo per violazione di
legge (art. 325, cod. proc. pen.).
3.3.Non v’è dunque, alcun, sillogismo tra il principio espresso da questa
Suprema Corte (riportato al punto 3.1 che precede) e le conseguenze che ne
trae il Tribunale.
3.4.Deve pertanto essere ribadito il principio di diritto secondo il quale
l’individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della
corrispondenza del loro valore al “quantum” indicato nel sequestro preventivo
finalizzato alla confisca per equivalente non costituiscono requisito di legittimità
del decreto stesso, tuttavia deve essere precisato che, ove l’individuazione dei
beni da sequestrare avvenga in sede esecutiva, il terzo che si limiti a
rivendicarne l’esclusiva titolarità o disponibilità è legittimato a proporre richiesta
di riesame ai sensi dell’art. 322, cod. proc. proc. pen. (esplicitamente, in questo

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comma 2, cod. proc. pen., la cui sussistenza deve poter essere oggetto del

senso, Sez. 3, n. 24958 del 10/12/2014, dep. 2015, Stillitani, n.nn.; e Sez. 3, n.
38512 del 22/06/2016, Friso, Rv. 268086).
3.5.L’ordinanza impugnata deve perciò essere annullata, limitatamente alla
posizione della società legalmente rappresentata dal Toffanello, con rinvio al
Tribunale di Padova che provvederà ad esaminare la richiesta di riesame. La
fondatezza del primo motivo, rende ovviamente superfluo l’esame del secondo.

4.11 ricorso di Carlo Gobbo è invece inammissibile.

secondo il quale in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per
equivalente, il tribunale del riesame, tranne i casi di manifesta sproporzione tra il
valore dei beni e l’ammontare del sequestro corrispondente al profitto del reato,
non è titolare del potere di compiere mirati accertamenti per verificare il rispetto
del principio di proporzionalità, con la conseguenza che il destinatario del
provvedimento di coercizione reale può presentare apposita istanza di riduzione
della garanzia al P.M. e, in caso di provvedimento negativo del g.i.p., può
impugnare l’eventuale decisione sfavorevole con l’appello cautelare (Sez. 2, n.
36464 del 21/07/2015, Armeli, Rv. 265057; Sez. 3, n. 37848 del 07/05/2014,
Chidichimo, Rv. 260149).
4.2.Nel caso di specie, l’eccedenza di valore stimata dal ricorrente è pari a C
268.893,60, corrispondente all’11°/0 del profitto confiscabile, una percentuale
tale da non rendere manifesta la dedotta sproporzione. L’errore nel quale egli
cade, infatti, è quello di confrontare il valore di quattro beni immobili
(quantificato dal perito di parte in C 2.600.000,00) con quello ritenuto dalla PG
(C 1.405.500.00). L’errore consiste nel fatto che tale eccedenza (pari ad C
1.200.000,00), ove realmente sussistente, concorrerebbe a integrare la
differenza tra quello di tutti i beni sequestrati (C 1.515.612,60, secondo la stima
della PG) e il profitto del reato (C 2.441.219,65).
4.3.La non evidente sproporzione tra il dedotto valore dei beni e il profitto,
assorbe ogni ulteriore questione, relativa in particolare ai criteri di stima utilizzati
dalla PG in sede di sequestro degli immobili (costo storico o di acquisto, piuttosto
che di mercato al momento del sequestro stesso).
4.4.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso di Carlo Gobbo consegue,
ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a
colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle
spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della
Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti,
nella misura di C 2.000,00.

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4.1.11 Tribunale ha fatto buon governo del consolidato principio di diritto

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di Health Immobili S.r.l. e rinvia
per nuovo esame al Tribunale di Padova.
Dichiara inammissibile il ricorso di Gobbo Carlo e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 22/06/2017.

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