Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8115 del 25/01/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 8115 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BARRESE ROSALBA N. IL 02/10/1928
avverso la sentenza n. 9/2014 TRIBUNALE di POTENZA, del
02/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 25/01/2016

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in riforma di quella di primo grado, BARRESE
GINA era assolta dai reati di danneggiamento e lesioni volontarie in danno della
sorella Rosalba, perché il fatto non sussiste;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la parte civile
BARRESE ROSALBA, con atto sottoscritto dal difensore avv. Franco Trivigno, con
il quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla

intrinsecamente poco attendibili in quanto inficiate da astio, pur in presenza di
alcune circostanze che invece avrebbero dovuto indurre il giudice di merito
pronunciare una sentenza di condanna;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, poiché si risolve in censure in punto
di fatto, che contrappongono un alternativo apprezzamento alla valutazione
operata dei giudici di merito, finendo con il richiedere alla Corte di legittimità di
prendere posizione tra le diverse letture dei fatti; sotto questo profilo va ribadito
che la Corte di cassazione non ha il compito di trarre valutazioni autonome dalle
prove o dalle fonti di prova, e pertanto non si può addentrare nell’esame del
contenuto documentale delle stesse, neppure se riprodotte nel provvedimento
impugnato e, tanto meno, se contenute in un atto di parte, poiché in sede di
legittimità è l’argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle
fonti indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato che è sottoposta al
controllo del giudice di legittimità, al quale spetta di verificarne la rispondenza
alle regole della logica, oltre che del diritto, e all’esigenza della completezza
espositiva (Sez. 6, n. 28703 del 20/04/2012, Bonavota, Rv. 253227);
– che va ribadito il consolidato principio secondo cui non può formare oggetto di
ricorso per Cassazione la valutazione di contrasti testimoniali, la scelta tra
divergenti versioni ed interpretazioni dei fatti e l’indagine sull’attendibilità dei
testimoni, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione adottata
dal giudice di merito, che, nella fattispecie, appare coerente e logica (Sez. 2, n.
20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362); infatti il giudizio sulla rilevanza ed
attendibilità delle fonti di prova è devoluto insindacabilmente ai giudici di merito
e la scelta che essi compiono, per giungere al proprio libero convincimento, con
riguardo alla prevalenza accordata a taluni elementi probatori, piuttosto che ad
altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità degli assunti difensivi, quando non
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valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, giudicate lacunose ed

sia fatta con affermazioni apodittiche o illogiche, si sottrae al controllo di
legittimità della Corte Suprema;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;

P. Q. M.

spese processuali e della somma di mille euro in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2016
Il consigliere estensore

Il presi ente

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle

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