Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8101 del 14/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 8101 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Sanfilippo Domenico n. il 5.9.1969
avverso la sentenza n. 2377/2012 pronunciata dalla Corte d’appello di
Ancona il 29.4.2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 14.2.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. V. Geraci, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 14/02/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 29.2.2012, il tribunale di Ancona, sezione distaccata di Jesi, ha condannato Domenico Sanfilippo
alla pena di dieci mesi di arresto ed euro 6.000,00 di ammenda in
relazione al reato di guida in condizioni di alterazione psicofisica correlata all’uso di sostanze stupefacenti, nonché alla pena di otto mesi
di arresto ed euro 4.000,00 di ammenda in relazione al reato di rifiuto di sottoporsi ad accertamenti strumentali volti a stabilire il tasso
alcolemico, ai sensi dell’art. 186, co. 7, c.d.s.; reati contestualmente
commessi in Mergo, Frazione Angeli, il 13.12.2008.
Con sentenza in data 29.4.2013, la corte d’appello di Ancona,
confermata la responsabilità dell’imputato, ha disposto la riduzione
della pena complessiva a un anno di arresto ed euro 5.000 di ammenda, ritenendo entrambi i reati commessi dall’imputato avvinti dal
vincolo della continuazione.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione l’ imputato dolendosi della violazione di legge e del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la corte
territoriale, avendo quest’ultima asseritamente errato nel non estendere l’applicazione dell’istituto della continuazione anche alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, viceversa confermata nella stessa misura (pari a tre anni) determinata dal giudice di primo grado; e ciò, anche in forza di
una motivazione palesemente illogica (costituita dalla rilevata mancata articolazione di alcuna specifica censura avverso la commisurazione di detta sanzione accessoria), stante il carattere onnicomprensivo della doglianza avanzata con riguardo al complessivo trattamento sanzionatorio dell’imputato.
Considerato in diritto
2. – Il ricorso è inammissibile, essendo la censura avanzata dal
ricorrente manifestamente infondata.
Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di
legittimità (che questo collegio condivide e fa proprio per la corretta
interpretazione delle norme di legge richiamate), deve ritenersi esclusa l’applicabilità dell’istituto della continuazione, di cui all’art. 81
c.p., in relazione alle violazioni comportanti sanzioni amministrative
(Cass., Sez. 4, 11. 25933/2009, Rv. 244230; Cass., Sez. 4, Sentenza n.
15283/2009, Rv. 243877; Cass., Sez. 3, n. 42993/2010, Rv. 248667).
Al riguardo, mette conto di evidenziare come l’art. 8 1. n.
689/1981, mentre testualmente prevede la possibilità di irrogare
un’unica sanzione per più violazioni consumate con un’unica condot-

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ta (cosiddetto concorso formale), non consente l’applicazione dell’istituto della continuazione così come disciplinato dall’art. 81 c.p..
In altri termini, l’art. 8 cit., nel prevedere l’applicabilità dell’istituto del cosiddetto cumulo giuridico tra sanzioni nella sola ipotesi
di concorso formale (omogeneo o eterogeneo) tra le violazioni contestate (per le sole ipotesi di violazioni plurime, ma commesse con
un’unica azione od omissione) non è legittimamente invocabile con
riferimento alla (diversa) ipotesi di concorso materiale (di concorso,
cioè, tra violazioni commesse con più azioni od omissioni) senza che
possa, ancora, ritenersi applicabile a tale ultima ipotesi, in via analogica, la normativa dettata dall’art. 81 cpv. c.p. in tema di continuazione tra reati; e ciò, sia perché il citato art. 8 prevede espressamente
tale possibilità soltanto per le violazioni in materia di previdenza e
assistenza, sia perché la differenza morfologica tra reato e illecito
amministrativo non consente che, attraverso un procedimento
d’integrazione analogica, le norme previste in materia penale vengano tout court estese alla materia degli illeciti amministrativi (Cass.
civ., Sez. I, n. 6519/2005)
Nel caso di specie, è palese come le violazioni contestate corrispondano a distinte condotte (guida in condizioni di alterazione psicofisica correlata all’uso di sostanze stupefacenti e rifiuto di sottoporsi ad accertamenti strumentali volti a stabilire il tasso alcolemico),
onde ad ognuna di esse deve necessariamente corrispondere un autonomo periodo di sospensione della patente di guida che il giudice
del merito ha ritenuto di individuare nella misura imposta.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e
quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. n.
186/2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una
somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1.000,00.

Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.2.2014.

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