Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8100 del 14/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 8100 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

Data Udienza: 14/02/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Moro Clementina Josefina n. il 13.10.1965
nei confronti di:
Visciano Pierpaolo n. il 19.7.1991
avverso la sentenza n. 77/2012 pronunciata dal Giudice di pace di
Giulianova il 29.11.2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 14.2.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. V. Geraci, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.

,/

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 29.11.2012, il giudice di pace di
Giulianova ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Pierpaolo Visciano in relazione al reato di lesioni colpose commesso, nel
corso di un allenamento sportivo, ai danni dell’allievo minorenne Antonio Coccia, in Mosciano Sant’Angelo il 13.6.2011, per essere il reato
estinto, ai sensi dell’art. 35 del d. lgs. n. 274/2000, avendo l’imputato
riparato il danno cagionato ed eliminato le conseguenze dannose e
pericolose del reato.
Avverso la sentenza del giudice di pace, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione la parte civile Clementina Josefina Moro (quale esercente la responsabilità genitoriale
sul minore Antonio Coccia), censurando la sentenza impugnata per:
i) violazione di legge, in relazione al mancato rilievo della tardività
dell’offerta riparatoria dell’imputato; 2) violazione di legge e vizio di
motivazione, in relazione alla ritenuta sussistenza della causa di
estinzione del reato richiamata in sentenza, in assenza di alcuna verifica della congruità dell’offerta economica e della concreta idoneità
delle attività riparatorie compiute dall’imputato a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione, secondo il tenore dell’art. 35 del d. lgs. n. 274/2000; 3) vizio di motivazione in relazione all’errato presupposto, ritenuto dal giudice, circa l’effettivo
ritiro prima della pronuncia della sentenza, da parte della persona
offesa, della somma offerta dall’imputato.
2. –

3. — Con nota pervenuta presso questa Corte in data 4.2.2014,
il giudice di pace di Giulianova ha trasmesso l’atto di remissione di
querela di Clementina Josefina Moro e la corrispondente accettazione del querelato Pierpaolo Visciano in data 20.1.2014.
4. — Con successivo atto pervenuto in data 5.2.2014, Clementina Josefina Moro ha formalmente dichiarato di rinunciare al ricorso
per cassazione originariamente proposto.
Considerato in diritto
5. – Il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile a seguito
dell’intervenuta rinuncia all’impugnazione da parte della ricorrente.

2

Al riguardo, varrà rammentare come la rinuncia all’impugnazione costituisca una dichiarazione d’indole abdicativa, irrevocabile e
recettizia, che si esprime in un atto processuale a carattere formale,
cui la legge ricollega l’effetto dell’inammissibilità dell’impugnazione
stessa (Cass., Sez. 6, n. 1376/1993, Rv. 195256; Cass., Sez. i, n.
4620/1996, Rv. 205357; Cass., Sez. 3, n. 9461/2000, Rv. 217544;
Cass., Sez. 2, n. 12845/2003, Rv. 224747; Cass., Sez. 1, n. 37727/2011,
Rv. 250787).
Tale rinuncia dev’essere fatta nelle forme e nei termini stabiliti
dall’art. 589 c.p.p., che richiama gli artt. 581, 582 e 583 c.p.p., al fine
di garantire la sicura provenienza dell’atto dal soggetto legittimato.
Nel caso di specie, sussistono tutti i requisiti fissati dalla legge,
in quanto la dichiarazione di rinuncia al ricorso per cassazione è stata
fatta personalmente dalla ricorrente (la cui sottoscrizione è stata ritualmente autenticata dal proprio difensore), con specifica indicazione del procedimento penale di riferimento e tempestivamente pervenuto alla cancelleria di questa Corte in data 5.2.2014.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma, equitativamente liquidata, di
euro trecento, in favore della cassa delle ammende.

Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 300,00 (trecento) in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.2.2014.

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