Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8097 del 14/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 8097 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Uscenti Sebastiano n. il 19.4.1944
Ucchino Antonino n. il 9.11.1934
avverso la sentenza n. 1047/2009 pronunciata dalla Corte d’appello
di Messina il 1.6.2012;
visti gli atti, la sentenza e i ricorsi;
udita nell’udienza pubblica del 14.2.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. V. Geraci, che ha
concluso per il rigetto dei ricorsi;
uditi, per Uscenti Sebastiano, gli avv.ti S. Sorbello del foro di Giarre e
C. Mancini del foro di Roma, che hanno concluso per l’accoglimento
dei motivi di ricorso proposti.

Data Udienza: 14/02/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 20.11.2008, il tribunale di Taormina ha condannato Sebastiano Uscenti e Antonino Ucchino alla pena di due anni di reclusione ciascuno in relazione al reato di omicidio
colposo commesso, in violazione delle norme sulla disciplina della
circolazione stradale, ai danni di Giuseppe Parasporo, in Furci Siculo
l’8.8.2000.
In particolare, all’Uscenti era stata contestata la violazione delle norme riguardanti l’obbligo di arresto in corrispondenza del segnale di ‘stop’ (in conseguenza della quale si era determinata la collisione
del corpo della vittima con l’autocarro condotto dall’imputato) e
all’Ucchino la violazione delle norme sul divieto di sosta, per effetto
della quale il Parasporo, a bordo del proprio ciclomotore, in ragione
dello scorretto posizionamento dell’autocarro parcheggiato dall’Ucchino, era stato costretto al compimento di una manovra di allargamento della curva, ad esito della quale era caduto in terra finendo
travolto dall’autocarro dell’Uscenti.
Con sentenza in data 1.6.2012, la corte d’appello di Messina,
confermata la responsabilità degli imputati (e la condanna alle statuizione civili già pronunciata dal giudice di primo grado), ha disposto la
riduzione delle pene inflitte agli imputati, commisurandole a un anno
di reclusione ciascuno.
Avverso la sentenza d’appello, hanno proposto ricorso entrambi gli imputati.
Con un primo ricorso, Sebastiano Uscenti impugna la
sentenza d’appello sulla base di sei motivi di censura.
Con il primo motivo, l’imputato si duole della violazione della
legge processuale in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nel consentire la partecipazione alla decisione di un giudice incompatibile,
per aver esercitato, nel medesimo procedimento, le funzioni di giudice per le indagini preliminari.
2.1.1. –

Con il secondo motivo, l’Uscenti censura la sentenza
impugnata per vizio di motivazione, avendo la corte territoriale confermato la responsabilità dell’imputato sulla base di elementi di prova insufficienti a confermarne il riscontro, con particolare riguardo
alla violazione, da parte dell’imputato, della norma cautelare relativa
2.1.2. –

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2.1.3. – Con il terzo e il quarto motivo, l’imputato si duole del
vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata in
relazione alla quantificazione della pena irrogata a suo carico, nonché
in merito alla diniego delle circostanze attenuanti generiche in suo
favore.
2.1.4. – Con il quinto motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per vizio di motivazione in relazione alle statuizioni civili,
avendo la corte territoriale irritualmente integrato la sentenza di
primo grado, priva di alcuna esplicita statuizione sul punto, in assenza di alcuna impugnazione della parte civile.
2.1.5. – Con il sesto e ultimo motivo del primo ricorso e con il
secondo ricorso, l’imputato invoca l’accertamento dell’intervenuta
prescrizione del reato accertato a suo carico in epoca anteriore al deposito delle motivazioni della sentenza d’appello.
24, – Con il proprio ricorso, Antonino Ucchino censura la sen-

tenza d’appello per violazione di legge e vizio di motivazione, per avere i giudici del merito attestato la responsabilità dell’imputato in relazione al parcheggio del proprio autocarro in zona vietata, senza procedere all’ulteriore accertamento circa l’autore di detto parcheggio,
essendosi detti giudici unicamente limitati a rilevare la mera intestazione formale della proprietà di detto autocarro in capo all’imputato.
Considerato in diritto
3.1. — Entrambi i ricorsi proposti dall’Uscenti sono infondati.
Dev’essere preliminarmente disattesa la doglianza avanzata
dal ricorrente con riguardo all’asserita incompatibilità (sia pure soggettivamente parziale) del collegio d’appello, in ragione della partecipazione alla decisione del giudice che aveva in precedenza rivestito le
funzioni di giudice per le indagini preliminari nel corso del medesimo
procedimento.

al mancato rispetto della segnalazione di ‘stop’, non essendo stata
raggiunta alcuna prova certa circa l’effettiva esistenza della linea orizzontale di ‘stop’ lungo la sede stradale percorsa dell’imputato.

Sul punto, osserva il collegio, in termini dirimenti, come la
questione relativa all’incompatibilità del giudice, là dove rilevata nel
corso del giudizio, necessariamente trova la propria risoluzione, in
via esclusiva, attraverso la promozione del procedimento di ricusazione (artt. 37 ss. c.p.p.), definito il quale (o una volta che ad esso si
sia rinunciato), deve ritenersi non più consentito alla parte il relativo
rilievo in sede d’impugnazione (cfr., Cass., Sez. 6, n. 42707/2011, Rv.
250987 Cass., Sez. 6, n. 11483/1997, Rv. 209473).
Nel merito — esclusa l’intervenuta prescrizione del reato commesso in data 8.8.2000 (in relazione al quale il termine di prescrizione intermedia deve ritenersi pari a dieci, per la disciplina antevigente, o dodici anni, per il regime in vigore, e, in ogni caso, pari a quindici anni in relazione al termine di prescrizione massimo) -, osserva il
collegio come la corte territoriale abbia ricostruito i presupposti della
responsabilità penale dell’imputato sulla base di una motivazione
completa ed esauriente, immune da vizi d’indole logica o giuridica,
come tale pienamente idonea a sottrarsi alle censure in questa sede
sollevate dal ricorrente.
Al riguardo, la corte d’appello ha inequivocabilmente attestato
come, sulla base degli elementi di prova costituiti dagli accertamenti
dei carabinieri intervenuti nell’immediatezza del fatto, dei relativi rilievi, della consulenza tecnica redatta nel corso del procedimento e
delle dichiarazioni rese dal testimone oculare dell’evento, sia con certezza emerso come l’Uscenti, in occasione del sinistro, abbia omesso
di arrestarsi al segnale verticale di ‘stop’ presente sulla propria carreggiata, limitandosi a frenare solo dopo aver avvistato il ciclomotore
della vittima nel disperato tentativo di evitarlo, arrestandosi ben sei
metri e quaranta centimetri dopo il punto di collocazione del segnale
di arresto.
La stessa corte territoriale ha sottolineato come, sulla base degli accertamenti tecnici eseguiti, l’evento lesivo non si sarebbe con
certezza verificato laddove l’imputato avesse scrupolosamente rispettato il segnale di ‘stop’ allo stesso imposto.
Le odierne censure del ricorrente, nella misura in cui ripropongono una diversa ricostruzione dei fatti, devono ritenersi non
ammissibili in questa sede di legittimità, trattandosi della proposizione di una mera rilettura degli elementi di prova complessivamente

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ricostruiti e adeguatamente interpretati, sul piano logico-giuridico,
dai giudici del merito.
Devono essere altresì disattese le doglianze sollevate dall’imputato con riguardo alla quantificazione della pena e al diniego delle
circostanze attenuanti generiche, avendo la corte territoriale – con
motivazione logicamente corretta e congruamente argomentata adeguato la sanzione irrogata in termini di minore gravità, rispetto
alla valutazione espressa dal giudice di primo grado, tenuto conto del
concorso di colpa della vittima e della concreta gravità delle condotte
accertate, e sottolineando, sotto il profilo dell’immeritevolezza delle
circostanze attenuanti generiche, il ruolo dei precedenti penali
dell’imputato, in tal senso correlando il complessivo trattamento sanzionatorio inflitto all’imputato sulla base di un corretto ed esplicito
riferimento ai parametri imposti dall’art. 133 c.p..
Del tutto privo di fondamento deve infine ritenersi la censura
del ricorrente relativa alle statuizioni civili della sentenza d’appello,
avendo la corte territoriale espressamente dato atto dell’interposta
impugnazione proposta in sede d’appello dalle parti civili, diretta, tra
i restanti motivi, a ottenere la liquidazione di una somma a titolo
provvisionale, oltre al sequestro conservativo dei beni degli imputati.
3.2. – Dev’essere integralmente disatteso il ricorso proposto da
Antonino Ucchino, avendo la corte territoriale ascritto, a carico dello
stesso, il concorso nella responsabilità relativa alla produzione dell’evento lesivo oggetto dell’odierno processo, sottolineando, non solo la
circostanza relativa alla titolarità in capo all’imputato del camion posteggiato in sosta vietata, ma altresì il dato decisivo costituito dalla
mancanza di qualsivoglia indizio idoneo a lasciar ritenere che il mezzo fosse stato dall’imputato eventualmente affidato ad altri, che lo
avevano poi parcheggiato in quel sito: elementi, tutti, complessivamente idonei a integrare la piena congruità delle argomentazioni giustificative della ritenuta responsabilità dell’imputato, in termini di
piena coerenza logica e giuridica.
4. — Il complesso delle argomentazioni che precedono,
nell’attestare l’integrale infondatezza di tutti motivi di doglianza
avanzati dagli odierni ricorrenti, impone la pronuncia del rigetto dei

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ricorsi con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione rigetta i ricorsi e condanna i
ricorrenti ciascuno al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.2.2014.

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