Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8093 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 8093 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PELLEGRINO GIUSEPPE N. IL 07/10/1991
avverso la sentenza n. 712/2012 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 23/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Al F (46 i3 o on reo v toc4
che ha concluso per 4\e 422,” «A, “A`
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Data Udienza: 29/01/2014

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 3/11/2011 il G.u.p. del Tribunale di Reggio Calabria
all’esito di giudizio abbreviato dichiarava Pellegrino Giuseppe colpevole del reato
– commesso il 18/07/2011 – di detenzione a fine di spaccio di sostanza
stupefacente del tipo marijuana (peso complessivo g. 1043,00, principio attivo
del 12,99%, n. 5166 dosi medie singole ricavabili) e, riconosciuta la recidiva
specifica infraquinquennale, lo condannava alla pena di anni cinque di reclusione

Interposto gravame, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, con la sentenza
in epigrafe, disattese le censure proposte in punto di affermazione della
responsabilità penale, recidiva e diniego della concessione delle circostanze
attenuanti generiche, riduceva tuttavia la pena inflitta,

«in relazione all’entità

della condotta», rideterminandola in anni 4, mesi 2 e giorni 20 di reclusione e €
18.000 di multa.

2. Avverso tale decisione propone ricorso l’imputato, per mezzo del proprio
difensore, sulla base di tre motivi.

2.1. Con il primo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione alla ritenuta destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente
rinvenuta in suo possesso.
Rileva che, diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata, né il
dato quantitativo, né l’occultamento da parte dell’imputato della sostanza
stupefacente al momento dell’arresto, potevano considerarsi circostanze
indicative della detenzione anche a fini di spaccio, potendo invece essere
compatibili con la giustificazione, dedotta anche nei motivi d’appello, della
costituzione di scorte connesse allo stato di tossicodipendenza.

2.2. Con il secondo motivo si duole dell’aumento di pena applicato per la
recidiva reiterata specifica infraquinquennale, riconosciuta in ragione di
precedente condanna penale, rilevando che tale circostanza, di per sé, non
obbligava il giudice del merito a ritenere sussistente l’aggravante, attesa la
presenza di altri elementi valorizzabili in senso contrario, quali la giovane età,
l’anteatta vita lavorativa, il comportamento processuale e la lieve entità del
precedente penale.

2.3. Con il terzo motivo si duole infine del mancato riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche assumendo che al riguardo la corte territoriale
2

ed € 20.000,00 di multa.

non ha tenuto conto degli elementi suindicati e di tutti gli altri previsti dall’art.
133 cod. pen. che, secondo il ricorrente, avrebbero dovuto condurre
all’applicazione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla
contestata aggravante.

Considerato in diritto

3. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

valutazione prognostica della destinazione della sostanza stupefacente, ogni qual
volta la condotta non appaia correlabile al consumo in termini di immediatezza,
deve essere effettuata dal giudice tenendo conto di tutte le circostanze
soggettive ed oggettive del fatto (e quindi, in particolare, della quantità, qualità e
composizione della sostanza, anche in relazione alle condizioni di reddito del suo
titolare), con apprezzamento di merito sindacabile in sede di legittimità solo in
rapporto ai vizi di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. e, dunque, sotto il
profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (cfr. e
pluribus, Sez U., n. 4 del 28/05/1997, P.M. c. Iacolare, Rv. 208217; Sez. IV, n.
2298 del 03/02/1998, Calamanti, Rv. 210397; Sez. 4, n. 36755 del 04/06/2004,
Vidonis, Rv. 229686).
Nel caso di specie i giudici dell’impugnazione hanno compiutamente
esaminato gli elementi probatori acquisiti ed hanno, in piena sintonia con tali
acquisizioni, ritenuto di affermare la responsabilità dell’imputato con motivazione
del tutto congrua e coerente sul piano logico.
In particolare, quei giudici:
– hanno richiamato il consistente quantitativo di sostanza stupefacente
rinvenuto nella disponibilità dell’imputato, coerentemente ritenuto eccessivo ed
ingiustificato se riferito ad un uso personale (trattavasi, infatti, come evidenziato
in sentenza, di circa g. 1043,00 di stupefacente avente un principio attivo del
12,99% pari a mg. 129.169,1 per ca. 5.166,8, dosi medie giornaliere ricavabili);
– a fronte di un siffatto dato quantitativo, già di per sé significativo, la corte
territoriale ha altresì rilevato che l’imputato non ha provato la disponibilità del
denaro necessario all’acquisto, limitandosi genericamente (e solo con i motivi
d’appello) a giustificare la detenzione con l’esigenza di una scorta, né del resto
ha saputo fornire alcuna specifica indicazione in ordine al luogo dell’acquisto e
alle modalità dello stesso.
Trattasi di un percorso argomentativo esauriente e intrinsecamente coerente
sul piano logico, pienamente rispondente ai canoni valutativi pacificamente
accolti dalla giurisprudenza di legittimità e tale da sfuggire dunque alle generiche
3

Secondo consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità la

censure del ricorrente che, a ben vedere, lungi dal segnalare inesistenti lacune o
contraddizioni nella valutazione delle emergenze processuali, si risolvono
nell’enunciazione di un mero dissenso rispetto alla stessa ovvero nella richiesta
di una sua rivisitazione, non consentita in questa sede.

4. È infondato anche il secondo motivo di ricorso.
La Corte d’appello motiva ampiamente il riconoscimento della recidiva
evidenziando che «risulta dagli atti l’intervenuta condanna del Pellegrino alla

all’art. 73 DPR 309/90 commesso il 21.4.2008 (sentenza del 16.10.2008
irrevocabile l’8.2.2011)» ed affermando quindi la piena idoneità dello stesso a

giustificare il riconoscimento dell’aggravante «atteso che, con tali condotte
reiterate nel tempo, il Pellegrino ha mostrato una scarsa se non inesistente
resipiscenza, risultando espressione di effettiva “insensibilità etica e
pericolosità”».

Tale motivazione si rivela pienamente congrua ed esente da censure sul
piano logico, quale del resto non può considerarsi quella sul punto svolta dal
ricorrente che, anche in tal caso, si limita ad una generica manifestazione di
dissenso ovvero alla prospettazione di una mera alternativa valutazione peraltro
formulata in termini del tutto generici sulla base di elementi – quali «giovane età,
precedente vita lavorativa, comportamento processuale e lieve entità del
precedente penale» – in realtà di per sé poco significativi ovvero privi di alcun

riscontro processuale e apoditticamente affermati.
L’errore in cui incorre la corte territoriale nel qualificare tale recidiva, oltre
che – correttamente – come specifica e infraquinquennale, anche come
“reiterata” (trattandosi in realtà di un solo precedente e non essendo stata

peraltro in tali termini nemmeno contestata in imputazione, né ritenuta dal primo
giudice) si rivela ininfluente e presumibilmente imputabile a mero lapsus calami.

5. È infine infondata anche la terza censura dedotta in punto di diniego
delle attenuanti generiche.
Giova al riguardo anzitutto rammentare che, in tema di valutazione dei vari
elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al
giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i
limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Corte
non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Sez. 6, n. 36382 del
04/07/2003, Dell’Anna, Rv. 227142) o con formule sintetiche (tipo «si ritiene
congrua» v. Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Urrata, Rv. 211583), ma afferma
anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze
4

pena di anni due e mesi 10 di reclusione ed C 14.000 di multa per il reato di cui

aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod.
pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o
ragionamento illogico (Sez. 3, n. 26908 del 22/04/2004, Ronzoni, Rv. 229298).
Inoltre, la concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di
fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità,
tanto che «ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti
generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati
dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il

personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di
esso può essere sufficiente in tal senso»

(Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011,

Sermone, Rv. 249163).
In relazione alle esposte coordinate di riferimento è da escludersi che, nel
caso in esame, il diniego delle attenuanti generiche sia frutto di arbitrio o di
illogico ragionamento o che comunque si esponga a censura di vizio di
motivazione, avendo il giudice a quo sia pure sinteticamente ma specificamente
motivato sul punto facendo in particolare riferimento al precedente penale
specifico (già peraltro poco prima, come detto, ragionevolmente valutato come
indice, unitamente alla reiterazione del reato, di

“insensibilità etica e

pericolosità”).
Anche sul punto del resto il ricorso si limita ad una ancora più lapidaria e
generica affermazione contraria.

6. Il ricorso va pertanto rigettato, con la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 29/01/2014

riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla

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