Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 8091 del 15/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 8091 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Carriero Beniamino n. il 18.3.1948
avverso la sentenza n. 1910/2006 pronunciata dalla Corte d’appello
di Ancona il 3.5.2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 15.11.2013 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. G. Romano, che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 15/11/2013

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 7.10.2005, il tribunale di Ascoli
Piceno, sezione distaccata di San Benedetto del Tronto, ha condannato Beniamino Carriero alla pena di un anno e venti giorni di reclusione ed euro 3.050,00 di multa, in relazione ai reati di detenzione a fini
di spaccio e spaccio di sostanza stupefacente, nonché di porto ingiustificato di armi, commessi in San Benedetto del Tronto il 20.11.1998.
Con sentenza in data 3.5.2012, la corte d’appello di Ancona, rilevata l’intervenuta prescrizione del reato di porto ingiustificato di
armi e confermata nel resto la pronuncia del primo giudice, ha rideterminato il trattamento sanzionatorio inflitto al Carriero, stabilendolo nella misura di un anno di reclusione ed euro 3.000,00 di multa.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, censurando la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la
corte territoriale confermato la responsabilità penale del Carriero sulla base di elementi di prova asseritamente del tutto insufficienti ad
attestarne il riscontro, attesa l’assenza di alcuna prova idonea a dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la finalità della cessione
a terzi della sostanza stupefacente rinvenuta in possesso dell’imputato.
Considerato in diritto
Il
ricorso
è
infondato.
2. Con riguardo al riconoscimento della responsabilità penale
dell’imputato, la corte territoriale ha evidenziato, con motivazione
esaustiva e dotata di piena coerenza logica e linearità argomentativa,
come, sulla base delle attestazioni rese dagli agenti operanti, il CarHero fosse stato sorpreso, in occasione della vicenda oggetto dell’odierno processo, in possesso (sulla propria persona e all’interno della
propria autovettura) di tre involucri contenti cocaina del peso di circa
3,300 grammi, dei quali lo stesso Caniero aveva tentato di disfarsi
prima che gli operanti potessero effettuare la propria ispezione, nonché della considerevole somma di cinque milioni di lire (cfr.fl. 3 della
sentenza d’appello).
La stessa corte territoriale ha altresì rilevato come i medesimi
operanti avessero quindi proceduto alla perquisizione dell’abitazione
dei due soggetti (conosciuti nell’ambiente delle tossicodipendenze)

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notati poco prima all’interno dello stesso luogo dove si trovava il CarHero, còlto in atteggiamento sospetto, rinvenendo quantitativi di hashish e cocaina.
Del tutto coerentemente, pertanto, sulla scorta di tali evidenze
probatorie, i giudici del merito hanno ritenuto pressoché certa la circostanza che il Carrier° avesse, poco prima dell’intervento degli operanti, proceduto alla cessione dello stupefacente in suo possesso ai
due soggetti indicati, atteso il pregnante significato probatorio costituito dalla circostanza del contestuale possesso, da parte dell’imputato, di sostanza stupefacente suddivisa in involucri predisposti per lo
smercio e di una considerevole somma di denaro della cui provenienza lo stesso non è stato in grado di fornire alcuna indicazione e, pertanto, del tutto verosimilmente, frutto della cessione appena conclusa
con gli stessi soggetti a loro volta còlti in possesso di sostanza stupefacente presso la propria abitazione (cfr. fl. 4 della sentenza d’appello).
Le argomentazioni che precedono, nel confermare il riscontro,
nella motivazione dettata dai giudici del merito, di linee argomentative del tutto coerenti e logicamente congrue, inducono al riconoscimento dell’integrale infondatezza del ricorso, con il conseguente rigetto dello stesso e la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15.11.2013.

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